Torino Film Festival (Concorso): Clara sola di Nathalie Álvarez Mesén

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Vedere Clara sola (già premiato alla “Quinzaine des Realisateurs” di Cannes) ) è come perdersi tra le pagine di un romanzo latino-americano tra Castaneda, Isabel Allende, García Marquez: la religiosità è mescolata al realismo magico, raccontato con rappresentazione realistica. Un taglio molto preciso che può ricordare da Herzog ai documentari africani degli anni Cinquanta di Jean Rouch.

La protagonista, che dà il nome al film, è una quarantenne dalla pelle india, scura di capelli, dal fisico asciutto e imperfetto: porta un busto contenitivo, un dottore insiste che potrebbe essere operata, la madre di una certa età ribadisce che rifiuta la chirurgia, come se questa storpiatura conferisse alla figlia un potere magico e curativo. Infatti, con cadenza frequente, nella casa nella foresta giungono famiglie con persone gravemente malate a cui Clara appone le mani nodose in una sorta di piccola trance. La donna ama la natura, ama Yuca, una cavalla bianca con cui ha la relazione più stretta di tutte.

Bella la ritualità casalinga di presa cura della donna speciale: la madre anziana, i nipoti, tutti sanno come trattare Clara, come prenderla se fa la difficile, come imbonirla. Si vogliono bene. Mangiano insieme, vedono la telenovela sul divano sedute vicine. La donna è sensibile, troppo sensibile e dichiara di sentire una connessione divina. La routine viene spezzata dall’arrivo di un ragazzo di una ventina d’anni, Santiago, che ogni giorno prende Yuca e la affitta ai turisti. La quindicenne Maria blandisce il giovane con succo di frutta e domande insinuanti, Clara stabilisce con lui un contatto attraverso l’animale. Le pulsioni dell’adolescente si accendono in sincronia con quelle della zia (la madre dei nipoti è morta), che è un’adolescente perenne, vergine e inesperta, con la purezza psichica di una bambina. Con l’avvicinarsi del compleanno di quindici anni di Maria (la festa della quinçanera è una usanza molto seguita nei paesi dell’America Latina, che somiglia al ballo delle debuttanti americane) – la preparazione del vestito della festeggiata, la tintura del vestito di Clara che lo desidera a tutti i costi blu mentre è rosa, il mettere in vendita il cavallo per pagare le spese della sala in affitto – si innescano una serie di piccole bombe a ripetizione destinate a esplodere. Clara sussurra all’orecchio di Yuca di andarsene al fiume affinché non venga venduto: il cavallo sparisce.

Clara e Santiago vanno al fiume dove lei gli dice: “Il tuo animale umano è malato: io posso guarirlo”. Lui le chiede quale sia il suo nome segreto: sola. Con le mani in quelle del ragazzo Clara supera la paura e va sott’acqua dove, come per un incantesimo (ma è solo sogno), in apnea lei indossa il vestito blu di Maria e di fatto diviene lei la debuttante. Clara spia il ragazzo e sua nipote fare l’amore. La sua repressione raggiunge vette altissime. Clara è sensoriale, soffia sulle mani di Santiago, fa volare le sue mani dal finestrino ogni volta che vanno in macchina. Prima della festa il nipote le dice, di nascosto dagli altri della famiglia, che è stata ritrovata al fiume una cavalla morta, di colore bianco.

Alla festa Clara raggiunge una tensione erotica insopportabile che diventa parossismo e assalto frontale per Santiago che la respinge, prima con gentilezza, poi la butta per terra. La crisi cresce sempre di più, la nipote Maria e Santiago la stringono tra le braccia mentre la donna urla furibonda, come un animale nel panico da cattura. La terra trema forte, è il terremoto. La sera Maria la lava. La tinta del vestito si è stinta sulle spalle che sono diventate blu.

La mattina successiva Clara entra nella sala adibita agli incontri con i questuanti in cerca di guarigione attraverso di lei, piena di candele e santini e una statua della Vergine Maria. Clara mette la mano sulla fiamma, allo stesso modo in cui qualche giorno prima l’ha obbligata la madre (affinché non si toccasse più). Poi alza gli occhi e fissa quelli della Madonna. Abbassa lo sguardo, come avendo ricevuto l’assenso divino, rovescia la candela, appicca il fuoco. Lo sguardo della statua sembra di approvazione. Fugge mentre tutti credono che dentro ci sia anche lei. La natura selvaggia le va incontro, attraversa il ricco fogliame fino a raggiungere l’acqua. Con i piedi già nel fiume Clara fa dei movimenti innaturali e raddrizza la schiena malata. Tra le fronde intravede il cavallo bianco: si danno un commiato con lo sguardo.

Un film di una regista svedese ma di origini costaricane, sulla repressione femminile, sugli abbagli della religione praticata come stregoneria, sul richiamo potente della natura selvaggia. Intenso da vedere, da ascoltare, da percepire con i sensi all’erta.


Cast & Credits

Clara sola  Regia: Nathalie Álvarez Mesén: sceneggiatura: Nathalie Álvarez Mesén, Maria Camila Arias; fotografia: Sophie Winqvist Loggins; montaggio: Marie-Hélène Dozo; scenografia: Amparo Baeza; interpreti: Wendy Chinchilla Araya, Daniel Castañeda Rincón, Ana Julia Porras Espinoza, Flor María Vargas Chaves; produzione: Hobab, Resolve Media, Need Production, Pacifica Grey, Film Capital Stockholm Fund, Laïdak Films; origine: Svezia, Croazia, Belgio, Germania, 2021; durata: 108′.

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