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Voto
Nella battaglia di fine d’anno dei blockbuster di fantasy, si affaccia, ultimo in Italia a marcare il terreno, la quarta parte della serie Matrix che in ogni caso ci sembra essere assai più interessante dei vari Diabolik (https://close-up.info/diabolik-di/) o Spider-Man (https://close-up.info/spider-man-no-way-home-di-jon-watts/) di cui abbiamo già parlato. Dunque, come si dice, last but not least.
La saga degli ex Fratelli Wachowski (ora risaputamene diventate due sorelle) ritorna, a seguire una lunga ibernazione e per la regia della sola Lana, dopo quasi vent’anni, dai due sequel usciti nel 2003 a distanza di pochi mesi l’uno d’altro: Matrix Reloaded e Matrix Revolution. Non era oggettivamente facile, quindi, riprendere in mano una così celebre serie che con il primo rivoluzionario Matrix nel 1999 aveva segnato una tappa fondamentale dello sviluppo della fantascienza cyberpunk (e non solo), all’alba del nuovo millennio.
C’è una frase molto pertinente che mi ha colpito da una recensione del sito Gizmodo.com (negli Usa il film è uscito in sala già dal 22 dicembre) in cui si afferma: “for the most part, The Matrix Resurrections is both the Matrix sequel fans have been waiting for, and also one they never knew they’d needed”.
In effetti è proprio così un giano bifronte questo ultimo capitolo di un franchise che voleva o doveva reinventare se stesso ma al medesimo tempo aveva bisogno di restare ancorato alle sue radici. Con un risultato, per noi, altalenante e contraddittorio, così come sono stati molto vari e difformi i giudizi, oltremodo divisivi della stampa americana e non, che ne hanno accompagnato l’uscita. Il che, tutto sommato, non è un male, anzi, dato che invita il pubblico a farsi una propria idea in un progetto che non si prospettava, come si diceva, per niente facile.
Già a partire dal cast si percepisce la natura ibrida di questa quarta puntata che, ambientata sessant’anni dopo Matrix Revolution, conferma nei propri ruoli Keanu Reeves, Carrie-Anne Moss, Jada Pinkett Smith, Lambert Wilson e Daniel Bernhardt. Trai nuovi arrivati troviamo, invece, un discreto Yahya Abdul-Mateen II (con l’arduo compito di sostituire il grande Laurence Fishburne come Morpheus), Jessica Henwick (una importante e riuscita new entry, Bugs), Jonathan Groff (che è la nuova versione dell’Agente Smith) e soprattutto a intrepretare l’indispensabile villain di turno, un mefistofelico e mellifluo strizzacervelli, Neil Patrick Harris.
La trama è complicata e cervellotica oppure chiarissima se si vuole – ma non per una persona basica come il sottoscritto – e qui cerchiamo di riassumerla nella sua nuda essenza. Anche se non si vede nell’incipit del film che inizia in modo molto frenetico (oltre ad essere uguale o quasi all’inizio del primo Matrix), il protagonista, si chiama come di consueto, Thomas Anderson alias Neo/l’Eletto (Keanu Reeves). Invecchiato di vent’anni, non lavora più presso la Metacortex come programmatore di software ma è l’inventore di un videogioco di enorme successo di nome “Matrix” prodotto, guarda caso, alla Warner Bros – ohibò siamo dunque già in pieno meta-cinema. L’uomo piuttosto stressato e infelice deve realizzare una nuova puntata del gioco all’altezza delle precedenti (e questa, crediamo, sembrerebbe essere l’autocoscienza di Lana Wachowski) ma più che al lavoro è interessato ad una bella milf che incontra al bar sotto il suo ufficio con il marito e i figli, tal Tiffany (Carrie-Anne Moss), la quale gli ricorda una nostra vecchia conoscenza e cioè la gloriosa Trinity. Tormentato da sogni e visioni, il nostro è in cura da uno psicoanalista (Neil Patrick Harris) che sospettiamo subito esser qualcosa di più di quello che sembrerebbe essere e cioè un medico/amico. Eccetera, eccetera, eccetera, con appunto la doppia dimensione di Matrix e del mondo cosiddetto reale in cui, però, le macchine hanno fatto parzialmente pace con l’umanità.
Lasciamo allo spettatore il piacere di seguire le avventure di Matrix Resurrections, con i suoi duelli coreografati e gli inseguimenti fantasiosi, gli effetti speciali (da alcuni recensori molto criticati) e i colpi di scena (pochi in verità), compresi gli inevitabili “spiegoni” – insomma quanto serve ad un blockbuster di questo tipo.
In verità la scelta di Lana Wachowski e dei suoi sceneggiatori, se abbiamo capito bene il loro intento, è stata quella di lavorare dentro gli archetipi del genere tra ironia, strizzate d’occhio allo spettatore e meta-cinema quasi fosse un film “straniato” e originale rispetto ai capitoli precedenti – insomma l’idea, nei limiti imposti da imprese economiche del genere, di marcare un certo salto dal passato. Il che ha comportato anche che la storia d’amore trai due protagonisti è presa molto sul serio con un certo romanticismo retrò che a noi personalmente è piaciuto, e che raramente alberga in prodotti similari. Per esempio, anche i dialoghi non sono le semplici battute ad effetto, da fumetti, usuali nei tradizionali film d’azione. Ovviamente c’è chi si annoierà a morte, rimpiangerà i precedenti e magari andrà a rivederseli – anche se personalmente non so quanto valga la pena fare un ripasso della saga (a parte la prima puntata ovviamente) per apprezzare o meno Matrix Resurrections. Ciò spiega anche l’estrema diversità, come si accennava, con cui il film è stato accolto in patria e all’estero.
Ma di pellicole che suscitano pareri contrastanti e insanabili, ce n’è senz’altro bisogno. Noi personalmente ci siamo divertiti abbastanza.
P.S.: la moda Marvel dei finalini dopo o dentro i titoli di coda ormai è diventato uno standard, tanto da contaminare film anche molto diversi come ad esempio Don’t Looks Up (https://close-up.info/dont-look-up-di-adam-mckay/) appena sbarcato su Netflix. Anche nel nuovo Matrix bisogna attendere tutta la fine degli infiniti titoli finali per poi vedere una sequenza in una seduta aziendale della redazione dei video giochi dove si dice: «Affrontate la realtà, gente» Tutto è morto, cinema, narrativa, ecc. E la soluzione: «Video di gatti – quello di cui abbiamo bisogno è una serie di video che noi chiamiamo: “Il Catrix”». Sarà questo il prossimo capitolo della nostra saga?
P.P.S.: un’altra piccola curiosità: a firmare le musiche c’è il regista tedesco Tom Tykwer, quello per intenderci di Lola corre (altro film importante del 1999), con cui le sorelle Wachowski avevano realizzato insieme Cloud Atlas (2012, https://www.closeup-archivio.it/cloud-atlas) e la serie tv di Sf Sense8 (2015-18).
In sala dal 1° gennaio
Cast & Credits
Matrix Resurrections – Regia: Lana Wachowski; sceneggiatura: Lana Wachowski, Aleksandar Hemon, David Mitchell; fotografia: John Toll; montaggio: Joseph Jet Sally; musica: Johnny Klimek, Tom Tykwer; scenografia: Hugh Bateup, Peter Warpole; interpreti: Keanu Reeves (Thomas Anderson / Neo), Carrie-Anne Moss (Tiffany/Trinity), Yahya Abdul-Mateen II (Morpheus), Jessica Henwick (Bugs), Neil Patrick Harris (L’analista), Jonathan Groff (Agente Smith), Priyanka Chopra (Sati), Jada Pinkett Smith (Niobe), Lambert Wilson (Il merovingio), Daniel Bernhardt (Agente Johnson), Toby Onwumere (Sequoia), Max Riemelt (Sheperd), Christina Ricci (Gwyn de Vere), Ellen Hollman, Brian J. Smith, Andrew Caldwell, Ian Pirie; produzione: Lana Wachowski, Grant Hill, James McTeigue per NPV Entertainment, Silver Pictures, Village Roadshow Pictures, Warner Bros.; origine: Usa, 2021; durata: 148′; distribuzione: Warner Bros. Pictures.
