
Le classifiche dei dieci migliori prodotti audiovisivi (film di finzione doc., serie) del 2021, scelte dalla redazione di Close-Up, rigorosamente riportati in ordine alfabetico per partecipante e con eventuali note d’accompagno. Se vi interessano le recensioni, leggetele qui sul nostro sito.
Laura Bacchiega
- The power of the dog
- Bergman Island
- Shiva Baby
- Nine days
- Judas and the black Messiah
- Minari
- Summer of soul (…or, when the revolution could not be televised)
- Surge
- The most beautiful boy in the world
- Belfast
Stefano Colagiovanni (solo 5)
- West side story di Steven Spielberg;
- Get Back di Peter Jackson;
- Evangelion: 3.0 + Thrice upon a time di Hideaki Anno.
- La ferrovia sotterranea di Barry Jenkins (serie tv)
- WandaVision di Jac Schaeffer (serie tv)
Giammario Di Risio (prima cinque film e poi cinque serie)
- Don’t look up: finalmente un film che racconta, nei suoi ampi sottotesti, come la pandemia da Covid-19 abbia cambiato inesorabilmente il genere umano. uest’ultimo si racconta disilluso, schizofrenico, bugiardo e vittima sacrificale di quella società di massa inesorabilmente implosa.
- È stata la mano di Dio: il racconto intimista di un Sorrentino questa volta non più manierista viceversa raccolto nei suoi ricordi e nel registro della memoria. I dialoghi diventano documento storico sullo sfondo di una Napoli poetica e affastellata.
- Untold. Rissa in NBA: film crime diretto da Chapman e Maclain Way (Wild Wild Country) che racconta un episodio mediante un montaggio serrato e lietamente in accordo con l’approfondimento sulle traiettorie esistenziali dei diversi protagonisti in quadro.
- No Time to Die: il brand dell’agente segreto più famoso del mondo va a riconfigurarsi e Daniel Craig, che non perde brillantezza, colora il suo personaggio mediante una vena malinconica che diventa commiato dai tanti fan che lo hanno amato.
- West Side Story: l’ultimo omaggio al cinema di Steven Spielberg ci riporta indietro negli anni Cinquanta, con l’upgrade del musical targato Robbins-Wise. La perfetta tecnica e lo stile della m.d.p. si fondono nel gioco coreografico e nell’archetipo tragico sempre attuale.
- Squid Game: una serie capace di appassionare un pubblico estremamente trasversale,dall’adolescente all’adulto. Il tema del gioco e il tema della crudeltà vengono raccontati con sapienza stilistica e la visione diventa essa stessa un gioco per scoprire le reali identità dei personaggi.
- Strappare lungo i bordi: la serie animata creata dall’artista romano Zerocalcare ci parla del disagio di un’intera generazione. Il racconto, veloce e brillante, è stratificato e raccorda riflessioni che vanno dalla disoccupazione alla crisi economica del 2008, dalla perdita di un registro valoriale alla difficoltà di comunicare.
- Scene da un matrimonio: i personaggi interpretati da Jessica Chastain e Oscar Isaac ci raccontano lo sgretolarsi dell’istituzione cardine del mondo occidentale novecentesco: il matrimonio. Riprendendo l’opera di Bergman, Hagai Levi ci conduce magistralmente nei meandri psicologici e pratici del rapporto di coppia.
- L’assistente di volo: Kaley Cuoco è bravissima nel portare in quadro l’originale hostess Cassie. I tempi della recitazione sono perfetti e la scrittura, che mette insieme thriller, drama e comedy, è un ottimo esempio di come la serialità televisiva abbia ormai fatto propria la fusione tra novel e romance.
- Sweet Tooth: siamo in un mondo che ha già vissuto l’apocalisse ma questa volta, grazie al piccolo Gus, possiamo farci trasportare dalla fantasia e dall’immaginazione. La base è il fumetto di Jeff Lemire e la storia mette insieme poesia e riflessione sul nostro contemporaneo senza mai appoggiarsi alla retorica.
Carlo Dutto (solo 7)
- Un altro Giro di Thomas Vinterberg – un inno all’amicizia (e alcool?), con tutti i risvolti che un genio come il regista di Festen può inventare…
- The French Dispatch di Wes Anderson – lo stile ormai (troppo?) inconfondibile del regista texano è sempre uno spettacolo per gli occhi e il criceto nel cervello
- Climbing Iran, doc di Francesca Borghetti – una storia al femminile che racconta l’amore per la montagna e un riscatto personale
- Luca di Enrico Casarosa – chi ha figli piccoli può capire, aggiungiamoci anche un pizzico di fierezza italiana e il gioco è fatto
- Strappare lungo i bordi – ritmo, sentimento, animazione perfetta. Il tutto senza alcun autocompiacimento, per un autore, Zerocalcare, senza la paura di mettersi sempre in gioco
- True Detective vista con ritardo gigantesco, ma splendida e sottovalutata la terza stagione
- Squid Game – che lo si voglia o meno, ti tiene incollato allo schermo
Matteo Galli (in ordine di importanza)
1. Herr Bachmann und seine Klasse
2. Marx può aspettare
3. Große Freiheit
4. Promising Young Woman
5. Petite Maman
6. Cruella
7. La persona peggiore del mondo
8. tick, tick… BOOM;
9. Deserto Particular
10. Another Round
Valentina Hochkamp
- – Drive my car (Hamaguchi Ryusuke)
- – E’ stata la mano di Dio (Paolo Sorrentino)
- – Madres paralelas (Pedro Almodóvar)
- – Scompartimento n.6 – In viaggio con il destino (Juho Kuosmanen)
- – The French Dispatch (Wes Anderson)
- – Petite Maman (Céline Sciamma)
- – Dune (Denis Villeneuve)
- – Estate ‘85 (François Ozon)
- – Strappare lungo i bordi (serie tv)
- – Cruel Summer (serie tv)
Alessandro Izzi (solo 9)
- Rifkin’s Festival di Woody Allen
- Pieces of a Woman di Kornel Mondruczo
- È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino
- Dune di Denis Villeneuve
- Don’t Look Up di Adam McKay
- Sex Education 3 (serie TV)
- The Devil All the Time – Le strade del male di Antonio Campos
- Old di M.Night Shyamalan
- French Dispatch di Wes Anderson
Sarah Mataloni (nove non dieci..)
- – Don’t look up di Adam McKay ha il podio perché ha il grandissimo pregio di fotografare con lucidità, intelligenza, ironia e con una punta di sarcasmo le distorsioni e i dilemmi del nostro presente.
- – Ariaferma di Leonardo Di Costanzo: film corale divertente, efficace, d’impatto e capace di approfondire i ruoli e i rapporti psicologici nati in una dimensione spazio temporale indefinita (un carcere in via di dismissione)
- – Il Metodo Kominsky (III° stagione) di Chuck Lorre: esilarante, spassoso, e profondo al tempo stesso. Capace di affrontare la morte con una punta di ironia. Si ride, si riflette, ci si commuove.
- – Qui rido io: il film corale di Mario Martone è una fotografia-divertente e a tratti commovente della connessione profonda tra arte e vita.
- – Shitsel ( 3 serie) gli episodi esplorano le dinamiche della famiglia Shtisel, a cui fa capo il patriarca Shulem. Divertente, interessante, malinconica, dialoghi pazzeschi. Non annoia mai.
- – Hive di Blerta Basholli: tratto da una vicenda realmente accaduta, il film di Blerta Basholli è un esempio di coraggio e determinazione, di orgoglio e di amore per la propria terra e per le proprie radici.
- – Strappare lungo i bordi di e con Zerocalcare: sei brevi episodi nei quali sono ben presenti le inquietudini, i tormenti e le complessità di una generazione intera. A tratti commovente.
- – Amira: tratto da una storia vera, il film di Mohamed Diab partendo da un dramma familiare circoscritto riesce ad inquadrare una realtà drammatica ben più ampia e macroscopica.
- – Red rocket di Sean Baker: puro divertimento e goduria.
Mazzino Montinari
- L’événement di Audrey Diwan
- Vera Dreams of the Sea di Kaltrina Krasniqi
- Vengeance Is Mine, All Others Pay Cash di Edwin
- Babi yar. Context di Sergei Loznitsa
- Re Granchio di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis
- Illusions perdues di Xavier Giannoli
- Un endroit silencieux di Elitza Gueorguieva
- Nous disons révolution di Nicolas Klotz e Elizabeth Perceval
- Une fleur à la bouche di Eric Baudelaire
E all’ultimo momento, fuori classifica perché non del 2021, l’intera serie L’attacco dei giganti. Da questa lista sono esclusi i titoli selezionati per le Giornate degli Autori e per il Torino Film Festival (sezione documentari)
Francesca Pistocchi
- Freaks out. Quattro Bastardi senza gloria, ma dotati di superpoteri, piroettano amabilmente sul palcoscenico distopico dell’Italia fascista. La guerra, la miseria, la schiavitù assumono una fisionomia circense e vomitano sul grande schermo innumerevoli freaks, fra cui un Franz Rogowski dalle grottesche capacità divinatorie. Come direbbe il celebre Dottor Frankenstin: Si può fare.
- The Card Counter. Paul Schrader e Martin Scorsese allestiscono un imponente Solitario americano scoprendo, ad una ad una, tutte le carte occultate al di là della nostra confortante quotidianità occidentale. Fra di esse emerge il cosiddetto Jolly del mazzo, qui nei panni di un ex carceriere di Abu Ghraib magistralmente interpretato da un imperturbabile Oscar Isaac.
- Shiva Baby. Un’imberbe Annie Hall del terzo millennio s’addentra nell’ordinaria giungla parental-borghese e ne esce, a suo modo, vincitrice. Con sarcasmo a tratti disperato, la giovane regista Emma Seligman intesse un curioso arazzo generazionale, ponendo al centro della tela il mefistofelico anatema “insegui i tuoi sogni, sii felice e trovati un vero lavoro”. Insomma: Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate.
- Don’t look up. Nella gloriosa era dell’Informazione, l’Ignoranza e l’Inettitudine regnano sovrane sul grande pascolo dell’umanità: cresciuto a pane e Disaster Movie, il gregge ha imparato a nascondere la testa sotto la sabbia, brucando in silenzio ed evitando d’uscire dal proprio recinto. Quando sul verdeggiante idillio minaccia d’abbattersi un meteorite, nessuna pecora pensa di farsene un problema, ma continua ignara a rodere il suo bel praticello. Così recita l’Apocalisse di Adam McKay: Dobbiamo coltivare il nostro orto. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.
- The French Dispatch. Wes Anderson traduce in termini cinematografici una bizzarra e sconclusionata Revue dal retrogusto agrodolce. Rispolverando la vecchia tavolozza color pastello, il nobile fondatore del Grand Budapest Hotel riporta in vita le proverbiali figurine: un disorientato Owen Wilson in bicicletta, un dotto e cinico Adrien Brody, un inedito Benicio del Toro in versione Azionismo Viennese, una grigia Frances McDormand armata di Olivetti, un Jeffrey Wright dal palato poliziesco. E ovviamente, al di sopra dello strambo collettivo, sorride trionfante l’eterno padre Bill Murray.
- Sir Gawain e il cavaliere verde. Non è un fantasy, non è un romanzo di formazione, non è un film d’avventura, la pellicola di David Lowery sa solo quello che non è: la cinepresa si limita a dissotterrare un Medioevo allegorico e lontano nel quale ogni marionetta vaga alla ricerca della propria testa e la morte si fa strada a senso unico verso la vita.
- Dune. Forse non è il miglior Villeneuve, forse il “miglior Villeneuve” che stiamo aspettando non arriverà mai. Rimane però il coraggioso tentativo di trasformare la fantascienza in metafisica per lo sguardo, rimane l’attonito sconcerto in cui si perdono le distopie di ieri e di oggi, rimangono le visioni e gli enigmi di un linguaggio cinematografico valido al di là della glossa. I sogni, del resto, “sono messaggi dal profondo”: una lezione che il regista canadese ha forse appreso sui banchi di Lynch.
- È stata la mano di Dio. Per suddividere in categorie tassonomiche gli abitanti del pianeta terra, esistono diversi metodi di classificazione: bipedi e quadrupedi, mammiferi e anfibi, sorrentiniani e antisorrentiniani. La sottoscritta fa parte della seconda categoria. Scusate, faceva. Non occorre aggiungere altro.
Fabiana Sargentini
- The Beatles: Get Back, Peter Jackson (documentario seriale). Esperienza trascendentale con perdita dell’ego: diventare un Beatle, ridere, comporre, stonare, ridere ancora, fare le prove, suonare con loro sul tetto del mondo.
- Maid, ideata da Molly Smith Metzler (serie tv). Duro e più duro eppure così vero e utile)
- Lingui, di Mahamat-Saleh Haroun, silenzio scelto e subito, maschilismo religioso e culturale, accadimenti ai limiti della sopportazione e poi, attraverso un senso di solidarietà di genere, la salvezza, a caro prezzo.
- Petite maman di Celine Sciamma, gioco di specchi, Alice nel paese delle meraviglie, amicizia, sorellanza, maternità riflessa, grazia e bellezza: realismo magico a portata di cuore.
- Corpus Christi di Jan Komasa, è possibile una redenzione in vita?
- Bergman Island di Mia Hansen-Løve, l’amore per il cinema – e per i grandi maestri diviene cinema nel cinema.
- Between two dawns di Selman Nacar, tra due albe la disgregazione di due famiglie, una ricca, una povera, per via di un incidente sul lavoro
- Clara sola di Nathalie Álvarez Mesén, un viaggio sensoriale tra giungla e fanatismo religioso: disturbante, conturbante, potente. Un personaggio femminile mirabile, che non si dimentica.
- À plein temps di Éric Gravel, la fatica di mantenere due figlie – per una madre sola, vissuta con l’intensità, il ritmo, la suspense di un thriller.
- La persona peggiore al mondo di Joachim Trier commedia di apparente leggerezza, spiritosa, forte, ben recitata, piena di guizzi.
Giovanni Spagnoletti (solo film in ordine sparso. 10 + 2 fuorisacco, poco cinema americano e molto italiano)
- The Father
- The Card Counter
- Petit maman
- Drive My Car
- Il gioco del destino e della fantasia
- E’ stata la mano di Dio
- Marx può aspettare
- Qui Rido io
- Herr Bachmann und seine Klasse
- Grosse Freiheit
+ last but not least: Ariaferma e Collective. Non ancora visti: The Beatles: Get Back di Peter Jackson e Benedetta di Paul Verhoeven
Edoardo Zaccagni (cinque film e poi cinque serie)
- Qui rido io
- Marx può aspettare
- Nomadland
- Ariaferma
- Nowhere Special
- Maid
- Stories of a Generation
- Strappare lungo i bordi
- Scene da un matrimonio
- Speravo de mori prima.
