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Voto
Siete reduci dal Capodanno più triste e apatico delle vostre vite? Non sapete come evadere dal periglioso limbo che si dipana fra il Natale e l’Epifania? Vi ritrovate sospesi in un dormiveglia perenne, incapaci di gioire per l’imminente epilogo delle faticosissime vacanze invernali e al contempo già nostalgici di quel piacevole stato d’inedia che ci viene concesso soltanto una volta ogni sei mesi? Siete a caccia di uno stratagemma che renda produttivo il vostro dolce far niente? O magari avete trascorso le ferie rigirandovi fra le dita un’ingombrante checklist sulla quale troneggiano le vostre imperdonabili lacune cinematografiche? Buttate via il papiro (che tanto conoscete a memoria), ci saranno sicuramente altre occasioni: quello fra l’utile e il dilettevole è un matrimonio destinato a naufragare nel giro di qualche ora.
Fatevi un regalo e concedetevi, per una volta, il lusso d’essere ignoranti: Netflix ha in serbo una sorpresa per voi. No, non si tratta di una brillante commedia, di una serie-evento o di un delicato mélo dal retrogusto complesso, ma di una pillola magica capace di spegnere temporaneamente l’irrequieta attività delle nostre febbricitanti sinapsi. Riapriamo dunque la confortante rubrica “so bad, it’s so good” con il ritorno di un vecchio amico, ovvero: l’epopea tutta motori e testosterone targata Bad Boys, qui ormai giunta al suo terzo capitolo. Già il titolo vale, come si dice, il tempo al video. E sì, a galoppare fra le cocenti strade di una Miami lussureggiante e plastificata sono sempre loro, gli Stanlio e Ollio del narcotraffico, i Blues Brothers dell’iridescente entropia anni ‘90, insomma, la strana coppia della banlieue americana: parliamo dunque di Will Smith e Martin Lawrence, altresì conosciuti come i rudi e adorabili detective Mike Lowrey e Marcus Burnett.
Come in ogni film à la Fast & Furious che si rispetti, ci scopriamo incapaci di classificare la pellicola in un genere specifico – ghermiti da un’insicurezza a tratti furiosa, i registi Adil El Arbi e Bilall Fallah condividono il nostro smarrimento e decidono di seguire le orme dello storico predecessore Michael Bay, sovrapponendo il thriller alla farsa (o la verosimiglianza all’inverosimiglianza) e plasmando così un bizzarro polar a tinte fluo che vi donerà 123 minuti di pura quiete neurale. La trama non ci interessa, siamo qui per le esplosioni, per le battute demenziali borbottate distrattamente fra un botto e l’altro, per le performance acrobatico-automobilistiche nel corso delle quali almeno mezza metropoli finirà per essere spazzata via – tranquilli, la logica è quella dei cartoni animati, il reame dei nostri cavalieri senza macchia e senza paura si gonfia e si sgonfia senza mai realmente distruggersi.
Cerchiamo comunque di simulare una capacità analitica che al momento risulta non pervenuta (assieme al nostro cervello) e arriviamo dunque all’intreccio narrativo: la cinepresa ci rende edotti del fatto che, purtroppo, anche il mondo dei fumetti invecchia. Marcus e Mike sono giunti in età pensionabile, e a ciò non esiste rimedio. Ma ad aprire un divario fra gli ormai avvizziti eroi e l’agognata Itaca dei loro destini (qui rappresentata da una villetta bifamiliare e un’elegantissima monovolume dorata) saranno una strega messicana appena evasa di galera e suo figlio Armando, una sorta di Karate-Kid in motocicletta dal tocco letale e dallo spirito vendicativo. Ad assistere gli sventurati prodi nell’impervia avventura accorrerà una squadra di simpatici quanto saccenti nerd che, insieme al paterno capitano Howard (Joe Pantoliano, pure lui armato fino ai denti, ma di ansiolitici), si dimostreranno più in gamba di quanto non sembrino alla prima occhiata.
La cinepresa esordisce muovendosi (non sappiamo per quale motivo) in punta di piedi, perfino la bonaria e consolante ironia che di solito trasforma la violenza in arlecchinata fatica ad emergere. Niente paura: superata la prima mezz’ora, il consueto meccanismo a orologeria ricomincia a battere e ci trascina in un turbine di fuoco, spacconate e telenovelas sudamericane, parodiando in continuazione i suoi ingranaggi. Per fortuna, la comicità d’azione è una delle rare certezze a cui ancora possiamo aggrapparci nella generale instabilità di queste annate a dir poco precarie: la formula rimane la stessa, non importa cosa succeda alle nostre vite, al mondo che ci circonda o al grande schermo. Potrebbe collassare l’economia globale, potrebbe estinguersi la specie umana, potrebbe addirittura cadere un meteorite (ogni riferimento a persone o fatti realmente immortalati è puramente casuale): Will Smith e Martin Lawrence correrebbero ancora in slow-motion fra elicotteri che collassano, oggetti che scoppiano da soli, piogge di proiettili e surreali freddure. E noi saremmo ancora qui a goderci lo spettacolo, sdraiati sul divano con una buona birra a portata di braccio e tanta voglia di, come si dice, staccare la spina.
Su Netflix dal 3 gennaio
Cast & Credits
Bad Boys for Life – Regia: Adil El Arbi e Bilall Fallah; sceneggiatura: Joe Carnahan, Chris Bremner, Peter Craig; fotografia: Robrect Heyvaert; montaggio: Dan Lebental, Peter McNulty; musica: Lorne Balfe; scenografia: Mary Kirkland, Lori Mauzer; interpreti: Will Smith (Michael “Mike” Lowrey), Martin Lawrence (Marcus Burnett), Kate del Castillo (Isabel Aretas), Vanessa Hudgens (Kelly), Alexander Ludwig (Dorn), Charles Melton (Rafe), Paola Núñez (Rita Sécada), Nicky Jam (Lorenzo “Zway-Lo” Rodriguez), Joe Pantoliano (Conrad Howard), Theresa Randle (Theresa Burnett), Thomas Brag (Cake Boy), Jacob Scipio (Armando Aretas), Massi Furlan (Lee Taglin), DJ Khaled (Manny), Dennis Greene (Reggie); produzione: Columbia Pictures, 2.0 Entertainment, Jerry Bruckheimer Films, Overbrook Entertainment; origine: Usa, 2020; durata: 123′.
