Torino F.F. (Torino 22 – 30 novembre 2024) From Ground Zero di AA.VV ideato da Rashid Masharawi (Zibaldone)

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Il pavido servilismo di Cannes ha deciso di non presentare questo From Ground Zero per “non suscitare polemiche”. Eppure, i film che compongono questa raccolta di cortometraggi, ciascuno della durata di tre-sei minuti, non discutono di politica né di chi abbia ragione o torto, la domanda quindi suona piuttosto allarmante, cos’è esattamente che non si deve mostrare?

Il regista palestinese Rashid Masharawi, ideatore del progetto, si trovava fuori da Gaza quando la situazione ha degenerato, lo scorso anno. Ha deciso quindi di affidare la macchina da presa a cineasti rimasti nella zona assediata, rendendoli protagonisti di un progetto corale e di estrema importanza.

C’è un senso di urgenza che attraversa tutte le opere, e uno stile essenziale che amplifica l’impatto di ogni idea, si racconta il bombardamento di Gaza e la crisi umanitaria dal punto di vista dei civili, con otto elementi che ricorrono incessantemente: droni che ronzano ossessivi, ambulanze, taniche per trasportare acqua, checkpoint, bambini, macerie, mare, esplosioni.

A Gaza ci sono bambini che realizzano un film in stop motion con mezzi di fortuna, questi bambini hanno i propri nomi scritti su braccia e gambe, in modo da poter essere identificati nel caso i loro corpi si sfracellino sotto le bombe (Soft Skin, diretto da Khamees Masharawi). C’è un comico che si dirige in un locale per uno spettacolo, solo per scoprire che il luogo dove doveva tenersi l’evento è stato bombardato, ma ciò non gli impedirà di esibirsi (Everything is Fine, diretto da Nidal Damo). Un insegnante vaga alla ricerca di acqua, pane e una presa per caricare il telefono, ma non trova nessuno dei tre e rifiuta l’aiuto di uno studente perché la dignità è tutto ciò che gli rimane (The Teacher, diretto da Tamer Najm). C’è un bambino che va a scuola, ma la scuola non esiste più e il bambino è solo con il suo quaderno davanti a un cartone con scritto il nome dell’insegnante morto (School Day, di Ahmed Al-Danf). Ci sono persone intrappolate sotto le macerie, le cui immagini sono accompagnate dal racconto terribile di chi è rimasto vittima di ben tre crolli dovuti ad attacchi in sole 24 ore, perdendo genitori e parenti (24 ore, diretto da Alaa Damo).

A Gaza c’è un ragazzo che vaga e pensa alla fidanzata morta sotto le macerie (Jad and Nathalie, diretto da Aws Al-Banna). C’è un uomo sfollato che dorme in un sacco per cadaveri (Hill of Heaven, diretto da Kareem Satoum). C’è una donna che porta a casa una tanica d’acqua e la utilizza per lavare prima la figlia, poi i panni, e successivamente con la stessa acqua annaffia le piante e la riutilizza per il water (Recycling, diretto da Rabab Khamees). C’è un uomo che porta in giro le persone a bordo di un carro trainato da un asino (Taxi Waneesa, diretto da E’temad Weshah); nel finale di questo film, l’uomo avrebbe dovuto morire a seguito di un’esplosione e l’asino tornare a casa da solo, ma il corto non è mai stato completato, poiché durante le riprese il fratello della regista è morto a causa di un’esplosione, come a negare con violenza anche la possibilità di rappresentare la tragedia, nessuna messa in scena: l’atrocità del reale irrompe nella finzione e la smantella, deridendola.

C’è una scrittrice che racconta il trauma dello sradicamento e cerca nelle parole il ricordo dell’umanità che i palestinesi stanno cominciando a dimenticare, ridotti a cifre che indicano il numero delle vittime nei telegiornali (Offerings di Mustafa Al-Nabih). C’è una donna che cerca di fare un film che non mostri guerra e sofferenza, e va alla ricerca di un gruppo di musicisti (No, di Hana Eleiwa). Ci sono due ragazzine che hanno perso tutti i familiari e raccontano la loro desolazione con un atteggiamento ormai quasi impassibile (Farah and Meryam, diretto da Wissam Moussa).

C’è un artista mentre disegna scene di guerra al carboncino, che si mescolano tramite dissolvenze a scene di desolazione del paesaggio (Fragments, diretto da Basil Al-Maqousi). C’è una ragazza che mostra le sue bellissime opere, con le quali avrebbe voluto entrare all’università, ma l’università non esiste più, distrutta da un bombardamento due settimane prima (Out of Focus, diretto da Nidaa Abu Hasna). C’è una rappresentazione di burattini fatti con barattoli di latta, in cui un padre che ha perso la memoria a seguito di un’esplosione durante la guerra del 2014 la ritrova a seguito di una nuova esplosione (Awakening, diretto da Mahdi Karirah).

Cortometraggi fatti con mezzi di fortuna, alcuni raggiungono risultati notevoli, altri risultano poveri di idee o dallo slancio creativo non particolarmente felice, ma la necessità di realizzare e soprattutto mostrare un film come From Ground Zero, andrebbe preservata e difesa con forza e nella maniera più assoluta. Il cinema di finzione palestinese, con i suoi lungometraggi è stato capace di restituirci la difficoltà e la desolazione (come dimostra il recente Passing Dreams, dello stesso Rashid Masharawi), ma l’angoscia e il terrore di chi teme l’arrivo della notte perché di notte un bombardamento potrebbe sconvolgere nuovamente la sua esistenza, per quello la cosa più efficace è ancora la testimonianza diretta ed il racconto documentaristico, come dimostrano alcuni di questi corti.

Anteprima italiana al Med FilmFestival  2024 e poi, dopo il Festival Torino, in distribuzione “indie”. 


From Ground Zero Ideazione e coordinamento: Rashid Masharawi; Regia: Aws Al-Banna, Ahmed Al-Danf, Basil Al-Maqousi, Mustafa Al-Nabih, Muhammad Alshareef, Ala Ayob, Bashar Al Balbisi, Alaa Damo, Awad Hana, Ahmad Hassunah, Mustafa Kallab, Satoum Kareem, Mahdi Karera, Rabab Khamees, Khamees Masharawi, Wissam Moussa, Tamer Najm, Abu Hasna Nidaa, Damo Nidal, Mahmoud Reema, Etimad Weshah, Islam Al Zrieai; Montaggio: Pauline Eon, Denis Le Paven; Musiche: Naseer Shamma; Produzione: Coorigines Production; Origine: Palestina/ Francia/Qatar/Giordania/ Emirati Arabi Uniti, 2024; Durata: 112 minuti; distribuzione: Revolver.

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