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Manca l’acqua
Guardare ciò che ci circonda può accecare. Una lastra di ghiaccio, un velo di acqua può essere la protezione necessaria per sopravvivere alla vista del mondo, ma cosa fare se l’acqua inizia a mancare? Si deve fare un viaggio, un viaggio cieco poiché le sorgenti sono fiori nascosti collocati in ombra o sotto una roccia, in luoghi celati e nascosti, e domandarsi di nuovo:
Da dove arriva l’acqua che arriva da noi? E perché non arriva più?
È il 2022 e la siccità colpisce Estoul, località dove vive Paolo Cognetti. In compagnia del cane Laki, lo scrittore parte per un viaggio tra le montagne, in esplorazione dei luoghi e delle persone che li vivono. Tra incontri e storie di uomini e donne, vengono raccontati i monti più amati dallo scrittore, con particolare attenzione al Monte Rosa, che in lingua locale è chiamato Roise, cioè montagna di ghiaccio.

L’acqua si risveglia con il sole
Vincitore del premio Strega nel 2017 con Le otto montagne, Paolo Cognetti aveva visto la sua scrittura diventare pellicola già nel 2022 con il film omonimo. Grande successo di pubblico e di critica (Premio della giuria a Cannes 2022), adesso è lui a mettersi alla regia di un’opera documentarista sulla montagna e le bellezze che nasconde e che ha presentato al Festival di Locarno. Bellezze non solo naturali – sorgenti, cime, stambecchi, laghi – pure umane, con i racconti di persone – l’amico Remigio, la rifugista Mia, lo sherpa Sete – a narrare del rapporto tra uomo e montagna, con il portato di solitudine, resistenza e meraviglia che ha in sé. Anche in un momento in cui la montagna sta cambiando, inevitabilmente.
Sono i laghi effimeri, nascono dallo scioglimento del ghiacciaio
Il panorama montano muta, perché l’acqua non è soltanto quella visibile in superficie che corre e scorre per le declivi, ma è anche quella che compone la montagna stessa, gelata e incastrata nella roccia, liquida e in corsa tra le radici. Il venire a mancare della stessa porta a un mutamento dell’intera morfologia della montagna. Il cambiamento è invisibile, i cambiamenti invece si vedono.

Opera di riflessione, dalla eccellente fotografia e dalle immagini mozzafiato, con le musiche di Vasco Brondi, Fiore mio è un buon lavoro con cui Cognetti ci porta di nuovo – questa volta con le sue inquadrature – nei luoghi più cari, che lui sa raccontare meglio di tutti. E non è una questione di bellezza del fotogramma, è questione di saper come e, soprattutto, dove guardare. Nelle bocche delle persone, sotto una roccia, laddove ci potrebbe essere un fiore. O una sorgente di parole, di acqua.
In sala il 25, 26 e 27 novembre
Fiore mio – Regia: Paolo Cognetti; fotografia: Ruben Impens; musiche: Vasco Brondi; interpreti: Paolo Cognetti, Remigio Vicquery, Arturo e Marta Squinobal, Corinne Favre, Mia Tessarolo, Sete Tamang, Laki; produzione: Samarcanda Film, Nexo Digital, Harald House, EDI Effetti Digitali Italiani; origine: Italia/ Belgio, 2014; durata: 80 minuti; distribuzione: Nexo Digital;
