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L’uomo di argilla è Raphaël (Raphaël Thiéry), cinquantotto anni vissuti accanto ad una madre molto anziana ma dalla battuta pungente, nella modesta casa all’interno del giardino della lussuosa villa con piscina che è stipendiato per custodire. Ha un’amicizia sessuale con Samia, la postina di zona, con la quale fa delle scampagnate erotiche nei boschi, suona la cornamusa nel gruppo del paese col quale va a fare concertini nei locali la sera o ai festival di musica tradizionali della zona, mette trappole per le talpe. È un gigante buono, viso grande dai lineamenti scomposti, un occhio senza bulbo oculare. È un uomo mite, silenzioso, con i suoi interessi, che si fa gli affari suoi senza far male a una mosca. Una notte di pioggia scrosciante si sveglia di soprassalto per l’arrivo di qualcuno. Si affaccia alla finestra e scorge una macchina. Si avvicina con l’ombrello e incontra una donna che si presenta: Garance Chaptel (Emmanuelle Devos), erede della dimora. La donna è nervosa, impartisce ordini al custode, entrano in casa, si fa mettere le lenzuola al letto, gli fa togliere i quadri da una stanza, poi lo manda via velocemente. La mattina dopo la padrona di casa è a faccia in giù sul divano, ha ingerito delle pillole, Raphaël interviene e le induce il vomito prendendosi cura di lei. Da qui nasce un rapporto tra i due: Garance è un’artista concettuale (l’uomo guarda delle sue interviste online), lavora sulle relazioni umane, spazia dalla installazione alla scultura. Raphaël è intrigato dalla sua padrona, l’anziana madre e la postina lo prendono in giro, gli dicono che si fa abbindolare da chi lo stipendia, che si sta approfittando di lui, che gli chiede troppe cose: lui respinge tutte le accuse e torna a girare intorno all’artista, ammaliato. Dopo averlo ritratto di nascosto per giorni ad un tratto, dopo essere stata scoperta, Garance chiede al gigante buono di posare per lei. Iniziano così giornate intere in cui, spogliato di tutto tranne degli slip (“mi imbarazzo”, si protegge lui, “arriverà il momento in cui ti verrà naturale”, incalza lei), l’uomo staziona immobile su un seggiolino mentre lei dona forma all’argilla fino a formare una scultura che intitolerà “Il sognatore”.

In uno spazio fuori dal tempo Polifemo ama una dea che lo infiamma di desiderio sfruttandolo: Anaïs Tellenne compone una fiaba sull’arte, sulla bontà umana, sulla creazione, sulla manipolazione, sulla sensualità. Quanta possibilità avrebbe Raphaël di modificare il suo destino disagiato di provincia dentro un corpo inesatto (“sei come un paesaggio, un canyon, niente di preciso, potrei passare dei giorni a percorrerti” gli dice Garance per circuirlo; “non ti vedrei bene su una cartolina!” lo beffeggia la madre quando lui si autodefinisce un paesaggio) se rinunciasse, per un piccolo tempo determinato, a vivere momenti eccitanti e unici con un’artista contemporanea che lo vuole come modello? I due protagonisti di questa opera prima originale e matura scelgono in maniera consapevole lo sfruttamento reciproco: la seduzione potente che Garance attua nei confronti del custode è per certi versi condannabile moralmente, per altri lodevole dal punto di vista umano: Raphaël vive il miglior tempo della sua vita consumando l’amore che fino a quel momento gli era stato precluso, scoprendosi corpo senziente e desiderabile, fonte di gioia, piacere e arte. Sono entrambi predatori: predano godendo, creando, sognando, predano piangendo, di gioia e di dolore, per una volta e per sempre.
Film raro e particolare, coraggioso e ardito, difficile da classificare e per questo di grande valore.
In maniera mai prevedibile la storia conduce lo spettatore tra le maglie di una relazione malata ma altamente poetica, attraverso momenti intensi di commozione e comunione, con una fotografia suadente e visionaria (come la trama stessa): i due attori sono perfetti in ogni movimento e ogni sfumatura espressiva trasmettendo in ogni scena la natura obnubilata di un sentimento di adesione reciproca. Raphaël Thiéry ha contribuito alla nascita dell’idea del film. E si vede.
In sala dal 13 febbraio 2925
L’uomo d’argilla (L’homme d’argile) – Regia e sceneggiatura: Anaïs Tellenne; fotografia: Pierre W.Mazoyer; montaggio: Hélpïse Pelloquet; musica: Amaury Chabauty; interpreti: Raphaël Thierry, Emmanuelle Devos, Marie-Christine Orry, Mireille Pitot; produzione: Koro Films, Vagabonds Films, Micro Climat; origine: Francia, 2023; durata: 94’; distribuzione: Satine Film.
