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Forse non tutti sanno che David Koepp (1963) è lo sceneggiatore americano più pagato. Stiamo parlando dello sceneggiatore, fra moltissimi altri, di film (li cito in ordine di apparizione) come La morte ti fa bella (Zemeckis, 1992), Jurassic Park (Spielberg, 1993), Carlito’s Way (De Palma, 1993) Mission: Impossible (ancora De Palma, 1996), Il mondo perduto -Jurassic Park (ancora Spielberg, 1997), Panic Room (Fincher, 2002), Spider Man (Raimi, 2002), La guerra dei mondi (ancora Spielberg, 2005), Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (ancora Spielberg, 2008), Angeli e demoni (Howard, 2009), Jack Ryan – L’iniziazione (Branagh, 2014), Inferno (ancora Howard, 2016) e – per concludere – di tre degli ultimi film di Steven Soderbergh, ovvero Kimi – Qualcuno in ascolto (2022), Presence (2024, non ancora uscito in Italia) e, appunto, Black Bag- Doppio gioco (2025). La collaborazione con il regista di Atlanta viene a situarsi in quella che, senza dubbio, può essere considerata la fase, sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo, di remissione, di decadenza di Koepp, che senza troppo successo ha diretto, nell’arco di un quarto di secolo, anche una decina di film che non hanno lasciato grandissime tracce.
Che Koepp sia in una fase di decadenza lo dimostra fin troppo bene una certa farraginosità nella costruzione e nella conduzione del plot in quest’ultima prova, in Black Bag. D’accordo che stiamo parlando di un film che rientra a pieno titolo in uno dei generi fra i più praticati dal cinema americano e non solo, ovvero la spy story, che – va detto – da sempre presenta numerosi detour e significative complicazioni che richiedono massima attenzione agli spettatori, ma qui, è necessario affermarlo con chiarezza, Koepp ha davvero esagerato. Stiamo parlando di una vicenda che vede coinvolto un selezionato gruppo di agenti dello spionaggio o del controspionaggio britannico (il Regno Unito: altro topos tipico delle spy stories), con una particolare focalizzazione su quello che possiamo considerare il personaggio principale, ovvero l’agente George Woodhouse (Michael Fassbender) nonché più alto in grado; stiamo parlando altresì di una vicenda, anch’essa tipologica per i film di spionaggio, ovvero – fin dall’inizio – la consapevolezza che nel selezionato gruppo di agenti si annida una talpa, che con tutta evidenza si tratta di individuare. Fin qui: nulla di strano, anzi quanto di più tradizionale, prima, durante e dopo John Le Carré (1931-2020) e le celeberrime trasposizioni tratte dai suoi testi. Peccato che questa vicenda, in sé semplicissima quasi banale, si complichi nel corso del film di una serie di riferimenti e di sigle, di acronimi, talmente fitta da rendere, aldilà della vicenda principale, la comprensione del plot a tratti faticosa, quando non incomprensibile. Siamo con certezza nel mondo del nucleare e nel mondo di una tecnologia avanzatissima, non so dire se addirittura definibile come fantascientifica. Bisognerebbe davvero saperne di più per capire in che misura la storia che viene raccontata corrisponde fino in fondo allo stato di avanzamento della tecnologia che, almeno in un caso, fa esplicito riferimento all’Intelligenza Artificiale, ma alla fine tutto questo poco importa perché ciò che va giudicato, alla fine dei conti, è il funzionamento complessivo della sceneggiatura, su cui ho già espresso diversi dubbi.

Ma grazie al cielo un film non è solo sceneggiatura e qui entra in scena uno dei più grandi (e, a mio avviso, tutto sommato sottovalutati) registi di Hollywood, ovvero Steven Soderbergh (coetaneo di Koepp, anche lui del 1963), giunto con questo (ma un altro è già in preparazione) al suo – se non ho contato male – trentacinquesimo film (in ben 8 casi due opere all’anno!). Questo film, a tratti così opaco sul piano della sceneggiatura, è girato in modo stupendo, cominciando con il lungo piano sequenza iniziale, per continuare con un uso spesso molto sorprendente del controcampo, del posizionamento della macchina da presa, delle inquadrature e con alcune sequenze che potremmo definire teatrali (senza dubbio le migliori sul piano della sceneggiatura) nelle quali la spy story finisce per trasformarsi in un giallo classico, quello che gli anglofoni chiamano il whodunit. Tutto questo grazie a un cast straordinario fatto di grandi stelle, il già citato Fassbender oppure Cate Blanchett (a tratti irriconoscibile per il colore e il taglio dei capelli e un volto molto gonfio: lifting o make-up?) nel ruolo della moglie, ma anche di una serie di attori famosi ma non famosissimi quali Marisa Abela, nota soprattutto per il biopic su Amy Winehouse, Back To Black del 2024), Tom Burke, attore di moltissime produzioni cinematografiche e televisive, dove ha tuttavia recitato quasi sempre ruoli di non primissimo piano, Naomie Harris, per la quale vale più o meno lo stesso discorso, a parte Moonlight (Barry Jenkins, 2016) in cui ha ricevuto numerose nomination, per il suo ruolo di attrice non protagonista, senza tuttavia ottenere alcun premio. A tutti costoro va aggiunto, in un ruolo che è solo qualche centimetro oltre il cameo, il sempre eccellente Pierce Brosnan. Come si vede: siamo di fronte a un cast con una marcata preminenza di attori e attrici britannici, o se vogliamo usare una definizione un po’ vintage, attori e attrici del Commonwealth: Fassbender e Brosnan sono irlandesi, Abela, Burke e Harris sono inglesi e Cate Blanchett è australiana. Tutti attori fantastici che Soderbergh dirige a meraviglia. Né dobbiamo mai dimenticare che, come già accaduto più volte, Soderbergh, avvalendosi di pseudonimi, uno maschile e l’altro femminile è responsabile della fotografia e del montaggio.
Un consiglio al regista che personalmente, lo si sarà capito, io stimo molto: trovarsi uno sceneggiatore migliore, forse più giovane, perché a sessant’anni inoltrati si può essere ancora notevolissimi (il regista) ma anche un po’ arrivati, sul sunset boulevard, come nel caso di Koepp. Ma forse mi sbaglio perché per il 2026 è già annunciato come sceneggiatore di un film, questo sì dichiaratamente di fantascienza, ancora senza titolo, diretto da Steven Spielberg, che di solito di sceneggiature se ne intende.
In sala dal 30 aprile 2025.
Black Bag – Doppio gioco (Black Bag ) – Regia: Steven Soderbergh; sceneggiatura: David Koepp; fotografia: Peter Andrews; montaggio: Mary Ann Bernard; interpreti: Michael Fassbender (George Woodhouse), Cate Blanchett (Kathryn St.Jean), Marisa Abela (Clarissa Dubose), Tom Burke (Freddie Smalls), Naomie Harris (Zoe Vaughan), Regé-Jean Page (James Stokes), Pierce Brosnan (Arthur Steglitz); produzione: Casey Silver Productions; origine: USA, 2024; durata: 94 minuti; distribuzione: Universal Pictures.
