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“Ma che mestiere è? Uno che ammazza i vivi e resuscita i morti!” Così il fotografo Ferdinando Scianna, oggi ottantaduenne e straordinariamente vitale, ricorda le parole non proprio incoraggianti di suo padre, coltivatore di limoni a Bagheria nell’entroterra rurale siciliano, che per il figlio aveva immaginato ben altra professione. In famiglia circolava la leggenda che l’unica fotografia del nonno Giacinto fosse stata scattata quando questo era già defunto e che gli occhi fossero stati ritoccati per farlo sembrare ancora vivo. Portava male in quell’epoca farsi fotografare e l’immagine cristallizzata nel tempo era interpretata come il preludio della fine. Soprattutto nei piccoli paesi della Sicilia si veniva immortalati una volta sola nella vita e la fotografia finiva immancabilmente trasferita in ceramica a corredare la lapide della tomba. Immortalati, dunque, resi immortali ma pur sempre morti.
Il documentario-ritratto Ferdinando Scianna – Il fotografo dell’ombra firmato dal regista palermitano Roberto Andò ha prima di tutto l’obiettivo di dire sinceramente grazie a uno dei propri mentori, nella vita come nel lavoro. Scianna, sottolineando con l’ironia che lo contraddistingue il proprio innegabile narcisismo, durante la conferenza stampa ha ammesso che il documentario in realtà non è “solo” un film su di lui, bensì su Roberto Andò stesso: un regista che spesso ha dedicato i suoi lavori ad artisti-amici che sente affini e che desidera celebrare, fra cui il recentemente scomparso gigante del teatro Robert Wilson – Memory-Loss (1994) e il grande maestro napoletano Francesco Rosi – Il cineasta e il labirinto (2002), che con l’integrità del suo cinema, politico e poetico al contempo, ha ispirato intere generazioni di cineasti ben oltre i confini italiani.
Fare un film su un fotografo con la lunghissima carriera di Ferdinando Scianna, che nel 1982 fu il primo italiano ad entrare a far parte della celeberrima agenzia Magnum, pone prima di tutto la questione fondamentale: come selezionare il materiale? Quale filo conduttore scegliere? Cosa lasciare fuori dall’inquadratura e dal racconto?

Sembrerà forse strano ma un leitmotiv fondamentale scelto da Roberto Andò per raccontare il mondo fotografato da Scianna è incentrato sulla letteratura, più che sulla fotografia. Ciò che emerge quasi subito dal dialogo fra intervistatore e intervistato è che entrambi sono debitori – per sempre grati e rispettosi – di uno dei loro conterranei più famosi: Leonardo Sciascia.
Nel 1963 fu proprio Sciascia a incoraggiare il fotografo appena ventenne con un bigliettino di complimenti, dopo aver visto per caso la sua prima, fulminante mostra fotografica dedicata alle feste religiose in Sicilia, dando così il via alla sua carriera. E come in un gioco di rimandi simmetrici ed assonanze mai smielate, Andò nel film racconta di come Scianna lo abbia incoraggiato a sua volta quando, come tutti i giovani registi agli inizi un po’ in crisi, era alla ricerca di un produttore per la sua idea. “Se lo vuoi fare lo fai. Se vuoi scrivere un romanzo mica trovi prima l’editore.”, fu il lampante consiglio del più anziano al più giovane.
Il dialogo fra i due è incastonato fra sequenze di immagini, carrellate di fotografie, sulle quali però a volte si vorrebbe poter soffermare più a lungo lo sguardo, interrotto dal montaggio, e che punteggiano i vari periodi della sua attività: prima come fotoreporter, una professione che lo ha fatto incrociare spesso con il dolore. Quasi disilluso, nonostante la natura allegra e conviviale che traspare dalle sue parole, quasi sempre con un inizio di risata nella voce, Scianna ammette che non è possibile migliorare il mondo con una fotografia, ma certamente lo si può peggiorare. La sua cifra stilistica chiave, il bianco e nero, o anche “l’ombra” citata nel titolo del documentario, può così assumere anche un valore metaforico. “Amo il sole perché fa ombra. L’ombra ti definisce. Se perdi l’ombra non ci sei più.” Ed è forse per questo che una delle svolte della sua carriera è avvenuta proprio per un incontro-scontro fra due mondi, quello scintillante, se vogliamo “solare” della moda e quello più scuro e ombroso delle tradizioni popolari della sua Sicilia. Il resoconto del primo contatto fra gli stilisti Dolce e Gabbana con Scianna è gustoso e non lo vogliamo svelare qui. Non si corre nessun rischio spoiler, invece, a richiamare alla memoria l’accostamento fra la bellezza spavalda della modella olandese/surinamese Marpessa e i volti di strada incorniciati nei luoghi scrostati dal sole della Sicilia a metà degli anni Ottanta. Le fotografie di Scianna per la coppia di stilisti furono l’avvio del successo globale e contribuirono in maniera fondamentale a definire il loro brand. A prescindere dalle misteriose dinamiche del marketing globale rimane in mente un’immagine senza tempo ragalataci da Scianna: un bambino colto in azione con una scatoletta di fiammiferi in mano si finge fotografo e immortala la modella un po’ sciantosa e vestita di nero per la strada. Chissà che mestiere fa oggi quel bambino?
Roberto Andò ha vinto a Venezia lo Special Award Premio Film Impresa 2025
Ferdinando Scianna – Il fotografo dell’ombra – Regia: Roberto Andò; soggetto e trattamento: Roberto Andò; fotografia: Matteo Pedicini; montaggio: Maria Fantastica Valmori; suono: Maximilien Gobiet; musica: Michele Braga – FM RECORDS; interpreti: Ferdinando Scianna, Giuseppe Tornatore, Gianni Berengo Gardin, Silvano Nigro, Dacia Maraini, Marco Belpoliti, Mimmo Paladino, Vincenzo Campo, Renata Colorni, Carlo Ottaviano, Nonuccio Di Quarto, Pupetta Lo Galbo, Tanina Visconti; produzione: Bibi Film in collaborazione con Rai Cultura; origine: Italia; durata: 86 minuti; distribuzione: Fandango.
