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Voto
Kim Joon-Young (Kim Myung-Min) è un chirurgo di fama internazionale, di ritorno dalla sua ultima missione per festeggiare il compleanno della figlia adolescente Eun-Jung (Jo Eun-Jung). Per tracciare l’identikit completo di questa strana coppia (la madre, infatti, risulta non pervenuta) basta un incipit di appena dieci minuti: il protagonista, quotidianamente perseguitato da un claustrofobico carrozzone mediatico che lo vorrebbe simile a Madre Teresa, soffre della sindrome del supereroe – del resto, lo scenario atipico e quasi pseudo-apocalittico vorticante attorno allo star system ospedaliero è divenuto, negli ultimi due anni, normale prassi.
Il padre, prima ancora di essere un padre, è una sorta d’infelice primadonna in camice bianco: ovunque vada, la gente ha bisogno di lui, i futuri pazienti chiedono la grazia, al suo passaggio pare quasi che la folla vada a caccia d’improvvise sciagure con la sola intenzione di farsi curare. Così, egli finisce per trascurare la pargoletta, che nel frattempo vaga senza meta per una New York stralunata, lamentando con le amiche le numerose assenze paterne e ingozzandosi di caramelle. All’affermazione della dolce e cara compagna di scuola “il tuo papà è un medico famoso in tutto il mondo, fichissimo, anche il mio è famoso qui in città perché ci prova con tutte le donne” cominciamo a chiederci chi diavolo abbia scritto la sceneggiatura. Eppure, perfino di fronte ad un copione grottesco, Eun-Jung rimane (giustamente) irremovibile e rivendica i suoi diritti di nascita. Riusciranno i nostri eroi a ricongiungersi o Kim Joon-Young deluderà ancora una volta le aspettative della sua bambina?
Ma il regista coreano Cho Sun-ho ha in serbo per noi qualcos’altro: A Day non è la semplice parabola di un giorno come tanti altri. Oppure si, purtroppo però il giorno che i nostri personaggi si apprestano a vivere non è un buon giorno: ce ne accorgiamo all’improvviso, proprio nell’attimo in cui il nostro super dottore scorge una figurina inerme al margine della strada. Il solito incidente? No, perché la vittima ha un volto noto, indossa abiti noti, e la manina ormai distesa tiene ancora fra le dita il suo sacchetto di caramelle: ad essere stata investita è infatti la piccola Eun-Jung, venuta meno sotto gli occhi distratti del genitore. Il quale un minuto dopo si risveglia, ritrovandosi – indovinate un po’ – in aereo, di ritorno dalla sua ultima missione per festeggiare il compleanno della figlia.
La formula, già conosciutissima, l’abbiamo intravista di recente nel più gioioso Palm Springs, turbolenta parodia del viaggio temporale cinematografico à la Lola corre, nonché candidato agli ultimi Golden Globes come miglior film o commedia musicale. Questa versione coreana è piuttosto lugubre: a ripetersi qui non è un allegro matrimonio nella celestiale e patinata California, quanto un lutto atroce e, almeno in apparenza, inevitabile. Inoltre, gli autori continuano a gettare carne al fuoco, incastonando fra loro varie tragedie con la stessa maestria di un campione di Shangai, il gioco cinese in cui per vincere bisogna afferrare ogni bastoncino senza muovere gli altri. A Day funziona così, e quanto più impulsivamente scalcerà il protagonista, tanto più fatale sarà l’epilogo.
Ad aiutare Kim Joon-Young nella sua disperata corsa contro il tempo sarà Lee Min-Chul (Byun Yo-Han), giovane autista d’ambulanza ritrovatosi coinvolto nel medesimo inferno a cielo aperto. Fra i sedili del taxi colpevole d’aver investito Eun-Jung, giace infatti sua moglie Mi-Kjung (Shin Hye-Sun). I due uomini dovranno trovare il modo di salvare i loro cari, ma non sarà così semplice – specialmente se l’incidente si rivela essere un omicidio premeditato, riprodotto all’infinito da un pirata della strada in cerca di vendetta. A questo punto il ritmo narrativo si fa vertiginoso, la giornata nera arretra di anni e la rocambolesca avventura si trasformerà in una dolorosa presa di coscienza.
Cho Sun-ho tesse le fila di un lungo e saturato itinerario verso la redenzione, accumulando i colpi di scena, consacrandosi alla logica dell’imprevisto e sbizzarrendosi in fantasie dalle sfumature talvolta fin troppo abbacinanti. Da bravo giocatore amatoriale, l’obiettivo non si limita a sfiorare le bacchette del Mikado, ma le rimescola in continuazione, esibendo una violenza sempre più incontrollata ad ogni partita persa. Per uscire vittoriose dal surreale incubo, le pedine dovranno imparare l’arte della concentrazione, della pazienza, della remissività, acquisendo quel grado di raccoglimento necessario a sollevare gli stecchini senza sconvolgere il quadro d’insieme.
Dal 26 agosto nelle sale
Cast & Credits
(A Day); Regia: Cho Sun-ho; sceneggiatura: Cho Sun-ho; fotografia: Kim Ji-Yong; montaggio: Shin Min-kyoung; interpreti: Kim Myung-Min (Kim Joon-Young), Jo Eun-Jung (Eun-Jung), Byun Yo-Han (Lee Min-Chul), Shin Hye-Sun (Mi-Kjung), Yoo Jae-Myung (Kang-Sik); produzione: Line Film; origine: Corea del Sud 2017; durata: 90’; distribuzione: PFA Films.
