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«Albatross non vuole essere né un ritratto celebrativo né un atto d’accusa. È un tentativo di avvicinarsi alla vita di un ragazzo attraversando i contrasti della sua epoca: gli anni Settanta della tensione ideologica e gli Ottanta del disincanto. In quei decenni contraddittori Almerigo Grilz cercava un posto in prima fila nel mondo pagandolo a un prezzo altissimo». (Giulio Base)
Sarò, forse, smemorato ma non ricordavo per nulla il nome e il caso del triestino Almerigo Grilz, classe 1953, militante del Fronte della Gioventù e dell’estrema destra negli anni Settanta, che poi, lasciata la politica attiva, era diventato un giornalista-fotoreporter, un “inviato di guerra indipendente” come gli piaceva definirsi. Dopo aver fondato nel 1983, insieme agli amici di eguale orientamento ideologico Gian Micalessin e Fausto Biloslavo, l’agenzia di stampa Albatross (da cui, dunque, il nome del film), aveva seguito e documentato con la sua telecamera vari conflitti nel mondo, dall’Afganistan al Libano, dalla Cambogia all’Etiopia, ecc., per poi, tragicamente, morire a trentaquattro anni su un campo di battaglia in Mozambico nel 1987. Si tratta dunque di un personaggio, come dire, double face, la cui appartenenza politica è stata estremamente intensa e inequivocabile (si può leggere a riguardo una dettagliata scheda su wikipedia), così come il suo successivo lavoro da ardito corrispondente su tanti fronti di guerra. Ora ci viene ricordato e raccontato in questo Albatross – opera a cavallo tra la rievocazione storica e il genere dei film americani di argomento giornalistico. Giunto al suo ventinovesimo titolo da regista, tra film per le sale e quelli di fiction tv, il torinese Giulio Base aveva in mente da diversi anni il progetto che è giunto alla luce schermica solo in questi giorni. E che qualche polemicuccia forse la desterà.
Ovviamente qui non si tratta di un documentario su Almerigo Grilz ma di un film di fiction che intreccia alla storia del reale Almerigo delle figure inventate: quella di Vito Ferrari, militante di estrema sinistra e poi affermato giornalista, (che sembrerebbe, comunque, in gran parte ispirato alla persona di Toni Capuozzo) e quella, come a chiudere un triangolo anche amoroso, di una ragazza, Monica (da giovane: Linda Pani) che si è trovata ad amare entrambi e che, alla fine, ha scelto Vito.
Ma per arrivare al film, in un andirivieni tra passato e presente, seguiamo l’arrivo di Vito (Giancarlo Giannini) che insieme alla moglie Monica (Gianna Paola Scaffidi) ritorna oggi a Trieste da cui lungamente mancava, ormai settantenne e con una importante carriera di reporter alle spalle. L’occasione è una riunione dell’associazione dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia in cui si dovrebbe decidere su un riconoscimento post mortem alla controversa figura di Grilz che scopriamo con un flash-back essere stata una sua vecchia conoscenza. I due, infatti, militavano su opposte sponde politiche nel 1977, erano nemici giurati e si erano trovati a scontrarsi direttamente sul campo durante una manifestazione. Inseguiti entrambi dalla polizia, Vito (interpretato da giovane da Michele Favaro), però, era riuscito a scappare grazie all’insperato aiuto di Almerigo che invece era stato preso dai poliziotti. Dopo questo episodio, evolvendosi, poi, le loro carriere, trai i due, pur agli antipodi, si era sviluppata, se non una vera e propria amicizia, comunque un rispetto reciproco, soprattutto quando il “crazy italian” era diventato con crescente successo un temerario corrispondente di guerra che sfidava, dannunzianamente, ogni pericolo per documentare i fatti di guerra a cui assistiva. Seguiamo allora, nel corso del film, la nascita dell’agenzia e il successivo, pericoloso lavoro del protagonista sino alla morte e il dibattito finale alla associazione dei giornalisti a Trieste in cui tra l’altro interviene sdegnato un giornalista militante (interpretato, quasi a metter i puntini sulle i, dallo stesso Giulio Base) che, ricordata la passata attività fascista di Almerigo, abbandona sdegnato la riunione…. E qui chiudiamo, salvo notare che nei titoli di coda vediamo come di frequente ricorre – ultimo, ad esempio, Mario Martone in Fuori a proposito di Goliarda Sapienza – immagini documentarie a mostrarci il vero Almerigo Grilz.

Insomma, come valutare questa figura a dir poco controversa, questo fascista anarcoide che dopo aver abbandonato la militanza attiva si è dedicato anima e corpo all’informazione “indipendente”, ha sfidato la morte sui teatri di guerra sino ad incontrala? Ciò, ovviamente, lo potrà decidere lo spettatore se e quando vorrà vedere Albatross per cui la distribuzione Eagle Eagle si è impegnata in una uscita importante, con 120 copie. Il suo regista Giulio Base, come riportavamo all’inizio di questo pezzo, ha dichiarato di non aver voluto compiere “né un ritratto celebrativo né un atto d’accusa” nel narrarci un pezzo di storia italiana dimenticata del recente passato, a seguire, ad esempio, Il nibbio, ora approdato anche su Netflix e vincitore del Globo d’oro. A noi sembra, comunque, che la baldanzosa figura del protagonista – interpretato con abilità da Francesco Centorame come anche Giancarlo Giannini è convincente nella sua parte di deuteragonista – sia resa a tutto tondo, con un certo eccesso di simpatia, senza mai un’ombra, una ruga che ne graffi il ritratto d’insieme da eroe. Forse presentarlo in modo più problematico e meno empatico avrebbe contribuito ad una resa più efficace del film.
In sala dal 3 luglio 2025.
Albatross – Regia e sceneggiatura: Giulio Base; fotografia: Giuseppe Riccobene; montaggio: Diego Capitani; scenografia: Viviana Panfili; interpreti: Francesco Centorame, Michele Favaro, Linda Pani, Tommaso Santini, Luca Predonzani, Giancarlo Giannini, Gianna Paola Scaffidi, Giulio Base; produzione: Gennaro Coppola per One More Pictures, Rai Cinema; origine: Italia, 2025; durata: 90 minuti; Distribuzione: Eagle Pictures.
