Amanti di Nicole Garcia 

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Se vogliamo, dato che erano stati entrambi presentati al Festival di Venezia del 2020, Amanti, il film di Nicole Garcia ora finalmente arrivato in sala grazie a Movies Inspired, parte, a grandi linee, da un intreccio analogo a quello di Lacci di Daniele Luchetti ma dalle dinamiche diametralmente opposte.

Lisa (Stacy Martin) e Simon (Pierre Niney) sono innamorati dai tempi dell’adolescenza. Lei lavora a scuola, lui vende cocaina al bel mondo parigino. Contrariamente alle aspettative di genere, la loro vita non pare avere quasi nulla di dissoluto: i due si muovono su una dimensione parallela sospesa fra quotidianità e gioco d’azzardo, un universo su misura di cui i protagonisti hanno sempre fatto parte e forse da loro appositamente creato. Non mancano gli amici, la famiglia – il padre di Lisa in particolare, militare perennemente all’estero – e nemmeno qualche scampolo di progetto per il futuro.
Al di sotto di un’atmosfera dai tratti surreali, tuttavia, emerge immediatamente la sostanziale instabilità del legame che li unisce: che Simon non sia in grado di offrire alla sua giovane amante un’esistenza stabile è chiaro fin dall’inizio, ma a lei questo non importa e anzi, lo accetta proprio perché fa parte del suo concetto di normalità. A offuscare i toni chiaroscuri di una follia fin troppo piacevole sarà la realtà stessa, in tal caso incarnata da un figlio di papà che muore d’overdose a causa di una striscia di cocaina probabilmente tagliata male.

Stacy Martin

Da quel momento in poi, il microcosmo degli amanti implode e Simon si vede costretto a scappare lasciando a casa la fidanzata. Gettata fuori di punto in bianco da quel fragile equilibrio, Lisa sparisce e sprofonda nei meandri della capitale francese, muovendosi come uno spettro fra le quattro mura dell’ennesimo appartamento sconosciuto che abbandona soltanto a notte inoltrata per ricoprire l’incarico di guardarobiera in un night club. Qui incontra Leo (Benoît Magimel), un ricco assicuratore che prende la ragazza sotto la propria ala protettrice. Ma i lacci che vincolano Lisa e Simon non si spezzano così facilmente e infatti, tre anni dopo, gli ex amanti si ritrovano in un paradiso tropicale. Nulla è cambiato, tutto è cambiato: lei vaga in un luogo che non le appartiene, lui si barcamena fra i debiti e il nuovo impiego come guida turistica in un albergo di lusso. Qualcosa si è inevitabilmente spezzato e i due tentano di riordinare i cocci del precedente rapporto senza però esserne veramente consapevoli.
La stentata stabilità su cui i protagonisti si muovevano fin troppo agilmente non è più recuperabile e il microcosmo inizia a distorcersi: la relazione clandestina, l’infelicità coniugale di Lisa, l’attività criminale di Simon ormai ridotta a ciò che realmente è – una serie di piccoli traffici illeciti, un continuo susseguirsi di camere d’albergo sempre più squallide. Sopra alla nuova costellazione, Leo regna sovrano e pensa di muovere i personaggi come fossero marionette. I fili del destino tracciati da Garcia scorrono soltanto sulla scia del denaro, forse unico vero “metteur en scène” di questo triangolo amoroso in cui non è contemplata nessuna via d’uscita. È il denaro che plasma i sogni di Lisa e Simon, è il denaro che spinge la donna fra le braccia di un altro, è il denaro che spinge gli uomini a lasciarsi, incontrarsi, tradirsi, ed è ancora una volta il denaro a decidere il grado di lontananza che separa un individuo da un altro.

L’ambiente in cui tutti i personaggi sembrano quasi danzare è quello di un sottobosco fosco e cinico in bilico fra verità e aspettative fin troppo alte per risultare credibili – tanto agli occhi delle vittime quanto agli occhi dei carnefici. Leo è convinto di avere il controllo assoluto sulla giovane moglie, ma si sbaglia. Simon vagabonda nell’ombra di un amore adolescenziale in fondo finito da tempo, o almeno parzialmente distrutto. Lisa può forse definirsi l’unica maschera veramente pensante della pièce, ma la sua evoluzione è più lenta e sofferta di quanto ella stessa si diverta ad immaginare.

All’interno di una simile cornice non c’è posto per luoghi fisici, né per ricordi cronologicamente delineati – e infatti le uniche indicazioni spaziotemporali ce le fornisce la regista, dividendo l’opera in tre atti: Parigi, Oceano Indiano, Ginevra. L’abilità di chi allestisce il dramma è proprio quello di sfiorare appena il cliché di genere senza sfociare nella ridondanza: i dialoghi vengono appena accennati, come se nessuno avesse nulla di nuovo da raccontarsi, gli interni ignoti e fumosi appaiono degni di un perfetto noir (lo stesso, forse, che i due innamorati si godono sul proiettore di casa quando ancora la loro routine sembrava distante da ogni tragedia).

Eppure, il finale prevede un inatteso colpo di scena. A ribaltarsi non è tanto la mera narrazione, quanto lo status emotivo di Lisa, giunta alla fine di un doloroso percorso di ascesa e decadenza. La logica prestabilita si capovolge, e all’epilogo del triangolo è proprio il denaro ad essere vittima di un tradimento che rimetterà ordine fra le carte in tavola. Il titolo di lavorazione della pellicola era – guarda caso! – Lisa Redler: per Nicole Garcia come per la nostra protagonista, è dunque possibile spezzare le catene di un fato che forse nemmeno esiste.

In sala dal 16 giugno

Amanti (Amants); Regia: Nicole Garcia; sceneggiatura: Nicole Garcia, Jacques Fieschi; fotografia: Christophe Beaucarne; montaggio: Frédéric Baillehaiche, Juliette Welfling; interpreti: Pierre Niney (Simon), Stacy Martin (Lisa), Benoît Magimel (Leo); produzione: Les Films Pelléas (Philippe Martin, David Thion), France 3 Cinéma, Mars Film, Véronique et François Mallet, LDRP, Impala, Victoire Newman, Pauline’s Angel; origine: Francia 2020; durata: 103’; distribuizione: Movies Inspired.

 

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