Ancora un’estate di Catherine Breillat

  • Voto


Il vento di contestazione del Sessantotto francese portò, tra le altre cose, a ridiscutere dell’interdizione sessuale. Si può ricordare il celebre Soffio al cuore di Louis Malle (1971) in cui l’incesto venne rappresentato come un tenero segreto tra madre e figlio. Affatto tenero è il segreto di Ancora un’estate, nuovo film di Catherine Breillat, autrice che per tutta la carriera sia da scrittrice che da regista, ha sondato le traiettorie del desiderio, limitato, ostacolato dalle inibizioni, dalle finzioni della vita adulta.

Anne (Léa Drucker) è un avvocatessa che si occupa di abusi di minore. Nella prima scena la vediamo istruire una ragazza vittima di stupro sul pericolo di essere trasformata dall’accusa in una sgualdrina. Il freddo contegno, il tono calcato della voce della donna matura si scontra con la bocca tremolante, le parole sconnesse dell’adolescente. Anne non viene dai libertini anni Sessanta, ma dalla spaventosa epoca dell’AIDS. Come la ragazza – si capirà con il prosieguo – anche la sua adolescenza è stata spezzata da molestie e un aborto (fatale alla sua fertilità).

La tranquilla vita borghese dell’avvocatessa in compagnia del marito (Olivier Rabourdin) e delle sue due piccole figlie adottate, è scossa dal ritorno di Théo, il diciassettenne figlio del marito avuto da una relazione precedente. Il volto angelico, la sua conturbante bellezza (Samuel Kircher, fratello del Paul protagonista dei recenti Winter Boy e Il regno animale) rimanda lo spettatore immediatamente al Tadzio di Morte a Venezia (1971). Ma, per Anne, Théo è tutt’altro che un semplice “bel faccino”. Scruta da lontano con sincera curiosità la sua vita sessuale con le donzelle a lui coetanee, ammira la sua lascivia, la spavalderia nel rapporto con l’altro sesso. Théo è l’adolescenza che non ha mai potuto vivere.

Se in Soffio al cuore il rapporto sessuale con la madre è l’ultima tappa di un rito di passaggio verso l’età adulta e il mantenimento del segreto la prova definitiva della responsabilizzazione dell’individuo adulto, in Ancora un’estate è piuttosto l’adulto che ritorna adolescente. Anne si avvicina a Théo entrando nella sua banale quotidianità adolescenziale fatta di piccole confidenze, piccoli furti, piccole carezze. In questo mondo il sesso è solo un gioco e il sesso con la matrigna un gioco sporco, che sfida il pudore, le norme della vita adulta, gli sguardi altrui. Per questo il gioco deve continuare anche quando è troppo pericoloso, anche quando qualcuno potrebbe vederli.

Léa Drucker e Samuel Kircher

Questa doppia immersione, nella vita borghese e in quella adolescenziale, privilegia l’approccio impressionista, i colori variegati e caldi di una natura accogliente, la flagranza dei corpi vividi. Una “domenica in campagna” in cui improvvisamente s’insinua un’inquietudine, una canzone dei Sonic Youth, un primo piano spropositato, un bacio prolungato che unisce due volti fino a trasformarli in una creatura informe. Neanche durante il rapporto sessuale ci si stacca dai due volti colti nell’attimo di godimento. Solo un leggero movimento verso di lei, il tanto per cogliere la sua testa leggermente protrarsi all’indietro, il collo allungarsi, il piacere pervaderla, Léa Drucker trasformarsi in una Maria Maddalena del Caravaggio.

Ma ecco che quando vengono scoperti e il gioco non può più continuare, questo terribile segreto deve essere protetto, anche a costo di basare la propria vita su una bugia. Come in un altro concorrente alla Palma d’oro nell’ultima edizione del Festival di Cannes, il vincitore Anatomia di una Caduta, il mondo degli adulti per sopravvivere deve costituire il suo patto sociale se non su una bugia, su un’autofiction. Così, come il piccolo Daniel di Anatomia, anche il marito di Anne finisce per non avere più alcun interesse per la verità pur di riavere indietro la sua amata. In fondo quel che tutti questi film, compreso Soffio al cuore, presuppongono è che ogni istituzione è un tacito accordo senza reale fondamento.

Léa Drucker si fa straordinaria direttrice d’orchestra, oltre che del nuovo patto sociale, anche delle tante anime che abitano la sua Anne. Breillat le affida il ruolo più arduo: quello di sfondare ogni agile distinzione tra manipolatrice e manipolata, predatrice e preda, accusatrice e accusata, fredda calcolatrice e soggetto desiderante. Ma non meno impressionanti risultano le inquiete pennellate della macchina da presa che prolungano le sequenze quanto basta per far affiorare in tutta la loro evidenza queste sfumature dell’anima, il godimento più assoluto e il terrore più profondo, l’innocenza più incosciente e la manipolazione più elaborata. A dieci anni dall’ultimo lavoro, il ritorno di Catherine Breillat ci dimostra per l’ennesima volta la maestria di questa pittrice della vertigine estatica.

In sala dal 7 marzo 2024


Ancora un’estate – Regia: Catherine Breillat; sceneggiatura: Catherine Breillat, Pascal Bonitzer, basato sul film Dronningen; fotografia: Jeanne Lapoirie; montaggio: François Quiqueré; scenografia: Sébastien Danos; interpreti: Léa Drucker, Olivier Rabourdin, Clotilde Courau, Samuel Kircher, Serena Hu, Angela Chen; produzione: Saïd Ben Saïd per SBS Productions, Clifford Werber per Globalgate Entertainment, Caroline Blanco e Rene Ezra per Nordisk Film Production AS; origine: Francia, 2023; durata: 104 minuti; distribuzione: Teodora Film.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *