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Ariaferma di Leonardo Di Costanzo – già passato, con successo, alla passata Mostra di Venezia nella sessione “Fuori concorso” – è ambientato in un carcere sardo in via di dismissione, isolato dal resto del mondo, come sospeso in una dimensione senza spazio e tempo e vede come protagonisti poche guardie e 12 detenuti in attesa di definitivo trasferimento.
Già nel precedente film del regista ischiano, L’Intervallo (2012), presentato nove anni fa alla Mostra di Venezia in “Orizzonti”, il contesto di riferimento era un grande edificio abbandonato, uno spazio chiuso, delimitato, quasi claustrofobico simbolo del non luogo d’incontro tra due adolescenti, Veronica e Salvatore. Un momento di “intervallo”, appunto, tra il tempo trascorso e la vita futura, e in questo tempo/spazio sospeso, veniva approfondita la relazione tra due ragazzi, quasi costretti a stare nello stesso luogo fatiscente.
In Ariaferma si parte dallo stesso presupposto: l’attesa.
Nel vecchio carcere in dismissione infatti, i detenuti, sorvegliati da poche guardie, rimangono in attesa di essere trasferiti verso nuove destinazioni e proprio in quella “nuova dimensione” sospesa le relazioni tra esseri umani vengono approfondite: i ruoli guardia/detenuto a tratti si annullano, riscrivendo nuove regole di convivenza tra i due universi.
Ariaferma è soprattutto un film corale, in cui lo spazio e il tempo giocano un ruolo fondamentale: il tempo di “congelamento” sembra essere infinito e le celle, disposte a livello circolare sembrano creare una sensazione psicologica di assediamento reciproco nel rapporto tra i due microcosmi (guardia/detenuto). Corale sicuramente ma anche costruito sul duello di due maschi alfa – le donne sono totalmente assenti da questo roccioso universo maschile, salvo la presenza, all’inizio della storia, della figura della direttrice che poi abbandona subito l’arengo.
Le relazioni quindi, passando per proteste e lamentele, finiscono per essere necessariamente approfondite, in primis attraverso la mediazione dei due protagonisti, da una parte Toni Servillo che interpreta l’ispettore Gargiulo e dall’altra Carmine Lagioia (Silvio Orlando), un detenuto particolarmente rispettato dagli altri carcerati perché trattasi evidentemente di un potente boss mafioso.
In un percorso che sa essere anche divertente, grazie all’interpretazione ironica e a tratti sfacciata di Silvio Orlando e al rapporto complesso e ambivalente instaurato dai due protagonisti, si passa da uno stato conflittuale, a uno stato di tregua e infine di incontro con , diciamo pure, reciproco rispetto.
Gargiulo, ben interpretato da Toni Servillo con una giusta misura e con un equilibrato rigore, finisce per allentare le regole, capendo che l’unico modo per evitare tensioni e conflitti è proprio quello di tentare un avvicinamento reciproco, che culminerà in uno spensierato momento di convivialità al centro della stanza circolare dove sono stati concentrati i detenuti.
Un momento unico e irripetibile, in cui, a causa di un blackout dell’elettricità che rende difficile trovare soluzioni alternative, si mangia tutti assieme al centro dello stanzone, illuminati da una luce fioca di alcune lampade (e Lagioia dice infatti “in tanti anni non ho mai visto una cosa del genere”).
Interrotto il blackout, viene interrotto anche questo momento strano e magico al tempo stesso. Le guardie tornano a fare il loro dovere, e i detenuti sono ricondotti in cella.
Il focus del film si concentra sui rapporti umani in una dimensione dove ogni regola imposta sembra capovolta, ma l’aspetto interessante in Ariaferma non è tanto la relazione tra i due protagonisti, ma il percorso di arrivo allo stravolgimento di ruoli e di regole precostituite. Insieme alla tensione sempre palpabile che potrebbe scatenare, in ogni momento, un conflitto distruttivo – il tutto sapientemente costruito da una scrittura drammaturgica di grande livello.
Ci si arriva, infatti, gradualmente, attraverso l’allentamento di rigidi preconcetti e attraverso l’abbattimento di muri tra esseri umani. L’iniziale distanza e diffidenza, diventa dapprima studio e analisi gli uni degli altri, poi velata empatia, infine incontro.
Leonardo Di Costanzo con Ariaferma ci ha regalato un ottimo film, efficace e d’impatto, un’ opera sostenuta da un valido cast e da una colonna sonora (curata da Pasquale Scialò) capace di sottolinearne i momenti fondamentali, in grado di “giocare” finemente sull’aspetto psicologico dei personaggi, sulla loro evoluzione e sul disvelamento dei rapporti umani all’interno di una dimensione spazio-temporale indefinita.
In sala dal 14 ottobre
Ariaferma – Regia: Leonardo Di Costanzo; sceneggiatura: Leonardo Di Costanzo, Bruno Oliviero, Valia Santella; fotografia: Luca Bigazzi; montaggio: Carlotta Cristiani; musica: Pasquale Scialò; interpreti: Toni Servillo, Silvio Orlando, Fabrizio Ferracane, Salvatore Striano, Roberto De Francesco, Pietro Giuliano, Nicola Sechi, Leonardo Capuano, Antonio Buil, Giovanni Vastarella, Francesca Ventriglia; origine: Italia/Svizzera, durata: 117 minuti; distribuzione:Vision.
