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Voto

Nella premessa dei primi episodi abbiamo assistito alla fuga di Santo Barone (Adriano Giannini) dalle grinfie di Nereo (Antonio Gerardi), deciso a vendicare la morte del fratello col sangue, perché il sangue si lava col sangue.
Alice ha fatto di tutto per “proteggere” la vita del padre e ora si trova invischiata mani e piedi nelle lotte intestine della Santissima Società.
E sembra cavarsela piuttosto bene, anche nelle situazioni estreme. Gli episodi finali di Bang Bang Baby parlano, prima di tutto, di scelta, e Alice sembra già aver suggellato un patto, per prima cosa con se stessa, perché una volta dimostrato il proprio valore e la capacità di farsi rispettare in certi ambienti della malavita, è proprio il potere, l’adrenalina e l’imprevedibilità di quel mondo a darle una dolce e impagabile assuefazione, proprio come una droga di cui non riesce a fare a meno.
E la non più innocente Alice, sembra varcare il confine dell’adolescenza e diventare donna, disposta – a testa alta – ad affrontare qualsiasi pericolo.

Il mondo di Alice, dapprima stravolto, ora si capovolge e la protagonista vive una sorta di consacrazione piena al mondo della malavita. Non più confusa e stordita, ma con una consapevolezza piena.
D’altra parte (come dice il sig. Rubik) ogni scelta ti porta ad una scelta successiva, e imboccata quella strada, non c’è modo di tornare alla vecchia via, quella del candore, del gelato con le amiche, delle serate con la mamma sul divano a trastullarsi con Dynasty.
L’Alice di questo finale è più violenta o se vogliamo, più determinata a farsi rispettare, capace di imbracciare – vestita in un delicato abito bianco – un mitra e di sparare a vuoto col sangue e la rabbia cieca negli occhi.

La sua evoluzione e l’approfondimento della personalità, avviene, come per la prima parte, sempre filtrata dalla luce al neon e dai colori sfavillanti tipici delle atmosfere anni ottanta, che non ci abbandonano mai, anzi sembrano accompagnare l’intreccio e sottolinearne alcuni passaggi: la rabbia di Alice esplode e diventa forza mastodontica come nell’incredibile Hulk, e per un momento Nonna Lina, la mamma Gabriella e Alice stessa, si “trasformano” nelle mitiche Charlie’s Angels (1976-1981), che possono fare qualunque cosa perché determinate e intelligenti.
I Riferimenti culturali di quegli anni servono a costruire, tassello dopo tassello, il mondo sociale della protagonista, la lente colorata e fluorescente attraverso la quale vede e analizza il mondo (e qui, forse, proprio come una sedicenne).
Anche le musiche immergono lo spettatore totalmente in quegli anni: Careless Whisper, nostalgica canzone di George Michael del 1984 sembra comparire nei momenti più malinconici, legati soprattutto a Nereo, altro grande protagonista di questa serie.
L’antagonista (per così dire) della famiglia Barone è spietato e deciso a volere a tutti costi la morte di Santo, al tempo stesso si mostra malinconico e profondamente romantico soprattutto nel rapporto con Belfiore: Nereo è un “ragazzone cattivo” con tante fragilità e insicurezze quasi innocenti, pronto a sciogliersi nell’incontro con l’amore. E romantica, al tempo stesso, è anche l’evoluzione del rapporto tra Alice e Rocco (Giuseppe De Domenico).
Al di là delle trame della malavita, si sviluppano quindi rapporti reali e verosimili, che sfiorano il romanticismo creando una sorta di storia nella storia, elemento che rende la trama più interessante e accattivante per lo spettatore.
Un anello concentrico sviluppa la storia su più piani lasciando al centro di tutto la questione fondamentale: la scelta di Alice, o meglio, più in generale il coraggio di esplorare oltre, o di andare fino in fondo, a qualunque costo.
Una serie che osa, senza cercare compromessi. E così ci piace.
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