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Voto
Un retino gettato nell’acquario raccoglie un pesce. Un occhio al microscopio ne ispeziona il cuore. Il pesce è il danio zebrato, una specie particolarmente celebre nella medicina rigenerativa in quanto caratterizzata da tessuti capaci di rigenerarsi, compresi quelli del proprio cuore. Stacco e ora una donna è gettata in un acquario umano. Una sirena è alla ricerca del mare in cui rigenerarsi, in cui tornare fertile. Sono pesci fuor d’acqua, che aspirano a una rinascita, i protagonisti di questo curioso esordio spagnolo, On the Go, presentato prima a Locarno e poi vincitore del Concorso internazionale al Festival di Bellaria. La trentasettenne Milagros sente, con l’avanzare dell’età, la pressione del figliare e il timore di una secchezza vaginale. Si lancia quindi all’avventura sulla strada con il più giovane e trasgressivo Jonathan, esuberante omosessuale dedito a orge con sconosciuti.
La forma del film sembra riflettere quest’idea di soggetto umano in perenne rinnovamento. Il road movie esplode di simbolismi e musica, di stacchi e apparizioni, di sesso e risse. Il principale, riconosciuto, riferimento del film è il cult del cinema indipendente spagnolo Corridas de alegría di Gonzalo García Pelayo (1982), divertita digressione rockettara di emarginati errabondi, che qui le due registe, María Gisèle Royo e Julia de Castro, deviano in territori più LGBTQ+. Queste dirompenti deviazioni a volte deflagrano linguisticamente in secche interruzioni della scena, momenti, spesso ironici, di sospensione in cui lo spettatore è invitato a riflettere sull’implicazione del suo simbolismo. D’altra parte, il film inizia con una frase in esergo della critica culturale Sonia Fernández Pan sulla possibilità di comprensione a partire dalla danza, dall’addome. Immerso nella musica e nel simbolismo, lo spettatore dovrebbe trovarsi rigenerato, maggiormente cosciente del proprio corpo.

Il tempo ritmato, frenetico, del racconto si scontra con il tempo, fin troppo umano, del corpo femminile. Un corpo che ha i minuti contati e che per questo si sente spinto, anche contro la propria volontà, alla procreazione. Alla febbrile ricerca del liquido amniotico in cui poter di nuovo tornare alla luce, la donna sembra però destinata a partorire solo terrificanti incubi: un cimitero di ovuli, un sepolcro del materno. Il film affastella epifanie oniriche fino a quasi a renderle indistinte, se non inefficaci, rispetto alla parabola tematica, e neanche la commistione tra analogico e digitale della patina filmica sembra poi così giustificata. Ma trattasi d’altronde di film d’esordio coraggioso che cerca di trovare le proprie risorse nell’improvvisato lavoro sul campo, sui corpi dei propri protagonisti. Un tentativo di cinema veramente underground per scandagliare le profondità del grembo materno, per rinnovare, insieme, l’umano e il cinema.
On the Go – Regia e sceneggiatura: María Gisèle Royo, Julia de Castro; fotografia: Ilton K. do Rosario; montaggio: Paola Álvarez, Sergio Jiménez; scenografia: Sofia Alazraki; interpreti: Omar Ayuso, Julia de Castro, Chacha Huang, Manuel de Blas, Alberto Jo Lee; produzione: Paola Alvarez per Paola Alvearez Film Produktion, María Royo per Jur Jur Productions, Julia De Castro per 0330, Araceli Carrero per Esperpento Films; origine: Spagna, 2023; durata: 72 minuti.
