Berlin F.F.: Terykony/Boney piles di Taras Tomenko (Generation plus)

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Non troveremo le ragioni della guerra ucraina. Non vedremo fucili o soldati che muoiono in battaglia, le diplomazie europee che si attivano per cercare una soluzione. Non vedremo le manipolazioni della stampa, non sentiremo parlare di gasdotti, non si parlerà di Putin o di Zelenskyin, né di cosa voglia dire identità europea, russa o ucraina. Eppure Terykony, la storia raccontata da Taras Tomenko, si svolge a soli 500 metri dal fronte, a Toretsk piccola comunità mineraria a un centinaio di chilometri da Donetsk, nel Donbass, laddove cioè, nel 2014, è scoppiato con violenza il conflitto tra separatisti e ucraini e dove, proprio in questi giorni, la guerra sta tornando e i civili stanno scappando per cercare remote possibilità di sopravvivenza.

Nel 2014 il Donbass era il più importante centro industriale dell’Ucraina, ed era importante anche per le sue miniere di carbone. Oggi quelle miniere hanno chiuso. Restano mucchi di macerie che minacciano di contaminare le falde acquifere e che hanno reso questa regione una landa deserta.

Terykony (che vuol dire proprio “mucchi”), è il documentario, presentato nella sezione Generation Xplus della Berlinale 2022, ambientato in questa terra. Dietro la macchina da presa Taras Tomenko, documentarista ucraino di quasi cinquant’anni, con già al suo attivo diversi lavori ambientati in questi luoghi, tra i quali un cortometraggio Tyr, premiato sempre a Berlino nella sezione Panorama nel 2001.

Questa volta Tomenko segue, e mette in scena (in alcuni momenti letteralmente) le peripezie di due ragazzini, Nastya e Yarik, lei 14 anni, lui qualcuno di meno, che della guerra sono vittime inconsapevoli, che non hanno armi per difendersi, che non hanno possibilità di capire quello che sta succedendo, e che hanno solo le lacrime per piangere il loro padre morto a causa della scheggia di una bomba la notte di capodanno.

I ragazzini non hanno posto dove vivere, hanno ancora buoni sentimenti, non hanno consapevolezze o assistenza sociale (come non hanno assistenza sociale gli adulti che vivono nel paese). Per sopravvivere – proprio come gli adulti – si ingegnano come possono: con i canti natalizi per esempio, o cercando di vendere rottami di ferro trovati nelle discariche e che gli vengono pagati pochissimo.

Noi non possiamo che empatizzare con questi due bambini, con le loro lacrime, e i loro racconti. E con la sofferenza che li ha già portati a scegliere il luogo dove si suicideranno.

Tomenko lascia poco spazio ai nostri pensieri, si concentra nel farci vedere il loro dolore che diventa il nostro, nel farci vedere quanto cattive e ingiuste possano essere le guerre, qualsiasi guerra, al di là dei motivi per la quale possano venire dichiarate.

Perché Terykony è un film che racconta questo: un film contro la guerra, un film sull’infanzia violata, un film nel quale lo sguardo del regista è distante e cerca di non intervenire mai (ma i bambini no! Loro – e lo si vede bene in una sequenza nella quale al regista i due ragazzini si rivolgono – cercano di interagire e di guardare dove “non devono guardare” dentro la macchina da presa), come non interveniamo noi, vedendo questa immagini dalle quali si capisce solo quanto sia brutta, la guerra, e quanto possa essere triste essere bambini oggi nel Donbass.


Terykony; regia: Taras Tomenko; fotografia: Misha Lubarsky; montaggio: Viktor Malyarenko; musica: Alla Zagaykevych; produzione: Volodymyr Filippov, Andriy Suyarko, Alla Ovsiannikova, Oleksandr Kovalenko per InsightMedia; origine: Ucraina; durata: 80’

 

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