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Sei un bravo cittadino? A volte è veramente difficile esserlo perché il personale e il civile s’incastrano malamente e sbrogliare la matassa non è mica facile, anzi, nel tentativo si può perdere non solo la testa, ma anche altro. Concerned citizen, per la regia di Idan Hagel, osserva la vita all’interno dell’occhio del ciclone israeliano: dentro le quattro mura domestiche tutto è perfetto, oltre vi è il caos e con il caos bisogna scendere a patti per sopravvivere a se stessi. Si parla di privilegio, e pregiudizio.

Tel Aviv, giorni nostri. Una mano solleva un innaffiatoio, dà l’acqua a una piantina e rimette apposto l’innaffiatoio. Poi lo sistema con attenzione, perché con la piantina componga un quadretto perfetto. La mano è di Ben (Shlomi Bertonov), e Ben vive con il fidanzato Raz (Ariel Wolf), si ritiene un giovane di larghe vedute, aperto al quartiere cosmopolita («è una torre di babele») che circonda il proprio appartamento. Questa volontà di apertura si esprime anche con un atto pratico, un albero piantato sul marciapiede, visibile dal salotto di casa. Un gesto per coniugare il privato con il pubblico.
Tutto sembra andare per il meglio, la coppia decide di avere un figlio per madre surrogata e rimane solo da scegliere la donna su un depliant fornito dall’agenzia, ma a questo punto un immigrato si appoggia a quella pianta, quella del marciapiede. Ben chiama la polizia e gli agenti ammazzano l’uomo a suon di botte. È crisi. Ben non riesce ad ammettere di non aver soccorso l’immigrato (e di non averci nemmeno pensato), la xenofobia nei confronti del circondario aumenta e l’odio si diffonde anche entro la casa: Ben cerca di vendere l’appartamento alle spalle del compagno e non è più tanto sicuro di voler avere un figlio.
Idan Hagel firma un film nel quale la mdp adotta, prima che il punto vista, il mood del protagonista, e si fa quindi ferma nell’ossessione di perfezione e nervosa man mano che il suo mondo si fa ai suoi occhi contaminato nonché angusto. Le due dimensioni, interno ed esterno, ordine e disordine, pulito e sporco, premono l’una sull’altra e irrigidire la differenza è la base del film: da una parte musica classica e bianco accecante, dall’altra l’oscurità della sporcizia e del diverso (gli eritrei del piano di sopra), con momenti di sovrapposizione repentina durante la quale la prima appare in tutta la sua artificiosità, asettica quanto sospetta (ai limiti dell’inquietante).
Laddove una dimensione non vuole contaminarsi con il diverso, arriva ad incancrenirsi, incepparsi, non solo a livello scenografico, musicale e fotografico, ma pure nelle parole stesse quando la spiegazione della maternità surrogata si fa alienante in una spiegazione claudicante della stessa («no madre, si dice…si dice la surrogata») o spudoratamente classista (per esempio, la paura di avere un figlio da una senzatetto). Dopotutto, uno dei focus della pellicola è proprio questo: si può essere privilegiati e privi di pregiudizi?
Bisogna essere sinceri: Concerned Citizen è una pellicola intelligente, non facile e sinuosa. Caratteristiche che potrebbero facilmente ricadere sul protagonista. I piani si moltiplicano (siamo in una città, siamo a Tel Aviv, siamo in Israele), il singolo fatica a scalarli o soltanto a tenerli sotto controllo, perché lui vuole averli sotto controllo, o almeno capire. La sua ricerca allora non può che essere zigzagante, bendata e testarda, perché capire è sempre sinonimo di crisi (e la crisi, lo sappiamo, è fertile, ma sul lungo periodo).
Tutto sommato, Ben vuole solo essere un buon cittadino, ma per esserlo bisogna saper riplasmare se stessi e rinnegare l’idea di civiltà che si crede ufficiale. Ma quale è il problema? Se lui sia o meno un buon cittadino, o piuttosto cosa voglia dire essere un buon cittadino? Forse, non è necessario separare personale e civile bensì saper imporre il personale sopra il civile, avendo chiaro il primo per poter definire poi il secondo. Insomma, come sempre, nosce te ipsum, e fallo (co)noscendo gli altri.
Concerned Citizen – regia: Idan Hagel; sceneggiatura: Idan Hagel; fotografia: Guy Sahaf; interpreti: Shlomi Bertonov, Ariel Wolf; origine: Israele, 2022; durata: 82’.
