Berlino F. F.: The Outfit di Graham Moore (Berlinale Special)

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Savile Row è una delle strade più celebri di Londra, nel quartiere di Mayfair. È la strada dei grandi laboratori sartoriali che confezionano abiti maschili. Lavorare in uno di questi laboratori è un biglietto da visita che non ha eguali, come nel Rinascimento essere andato a bottega da Leonardo da Vinci. Da Savile Road proviene Leonard, che viene chiamato da tutti semplicemente English. Adesso ha messo su la propria bottega, ma per farlo è dovuto approdare fino a Chicago, in un quartiere non esattamente raccomandabile, visto che è al centro di una efferata rivalità fra bande di gangster. Chissà perché è scappato da Londra? Lo sapremo verso la fine. Siamo negli anni ’50, più precisamente nel 1956. E fare il sarto sta diventando una scelta di resistenza perché il nemico numero uno, agli occhi di Leonard, cominciano a essere gli odiati blue jeans.

Uscirà negli USA il 18 marzo di quest’anno e in Italia ancora non sappiamo quando, The Outfit il film di esordio dello scrittore e sceneggiatore originario appunto di Chicago Graham Moore (1981) che al cinema si era fatto apprezzare, vincendo anche un Oscar, per la sceneggiatura di The Imitation Game ma che è celebre soprattutto per i suoi romanzi, usciti in Italia da Neri Pozza. Quella del film sul matematico Alan Turing era una sceneggiatura adattata, in questo caso si tratta invece di un soggetto originale scritto insieme a Jonathan McClain. È un soggetto molto hitchcockiano, dello Hitchcock teatrale di Nodo alla gola che viene citato alla lettera, visto il ruolo svolto – senza anticipare troppo – da una cassapanca, con tanto di MacGuffin che è poi proprio quello di cui al titolo – un film dunque con una totale unità di tempo e soprattutto di luogo che si svolge all’interno dell’atelier di un sarto magistralmente interpretato dal grandissimo attore teatrale e da qualche tempo anche cinematografico Mark Rylance (Il ponte delle spie, Dunkirk e di recente Don’t look up nella parte di Peter Isherwell, quella specie di via di mezzo fra Elon Musk e Steve Jobs), giunto a più di sessant’anni al suo primo ruolo da protagonista assoluto.

Ora i sarti, al cinema e non solo, sono quasi sempre personaggi strani, sono sempre ossessionati dalla perfezione, nascondono sempre qualcosa, una malattia, un crimine o qualcosa del genere. Non sono mai persone davvero normali. E Leonard non sfugge a questa consuetudine. Costantemente in scena Leonard architetta un disegno (risalente a un momento in cui  ancora non lo conoscevamo) decisamente complicato, a volte arzigogolato che finisce per tenere in scacco tutti, soprattutto i gangster con cui si trova suo malgrado a dover interagire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di più non si può rivelare. Si deve solo aggiungere un’altra cosa: la sartoria ha da sempre una chiara funzione metalinguistica, rappresenta sempre anche una riflessione sulla costruzione di un testo. D’altra parte non si parla forse di trama, intreccio, fili, quando si parla di un’opera letteraria, teatrale, cinematografica?

Qui di fili, trame e intrecci ce ne sono in abbondanza, talché il riferimento a Hitchcock è solo il primo di una sterminata serie di ammiccamenti intertestuali.  Moore esibisce una sovrana dimestichezza con le convenzioni anche iconografiche del gangster movie, i personaggi, a partire dall’abbigliamento (fin qui, dato il soggetto, nulla di strano), dalla corporatura, dalle acconciature sembrano davvero usciti dal cinema classico americano, con la differenza che il film è a colori, ma virato su una tonalità bruna che ben si attaglia alla location e all’argomento. Si respira qua e là anche un’aria leggermente ammiccante che ricorda i Fratelli Coen. Ma ciò che al meglio riassume il tipo di film,  è stato lo stesso Moore a dirlo  in conferenza stampa: “Il film comincia come Phantom Thread (Il filo nascosto) e si conclude come Reservoir Dogs (Le iene)”.

Un film decisamente notevole – e di Mark Rylance sentiremo riparlare verso l’inizio del 2023 quando a Los Angeles verranno conferiti gli Oscar.


The Outfit; regia: Graham Moore; sceneggiatura: Graham Moore, Jonathan McClain; fotografia: Dick Pope; montaggio: William Goldenberg; interpreti: Mark Rylance (Leonard), Zoey Deutch (Mable), Dylan O’Brien (Richie), Johnny Flynn (Finch), Nikki Amuka Bird (Violet), Simon Russell Beale (Roy), Alan Mehdizadeh (Monk); produzione: FilmNation Entertainment, New York, Scoop Production, London; origine: Usa 2021; durata: 106′.

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