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Voto
Un brefotrofio (dal greco brefos, “neonato”, e trepho, “nutrire”) era un’istituzione destinata all’accoglienza e alla cura dei neonati abbandonati o in difficoltà, spesso orfani o figli di madri impossibilitate a occuparsene.
Fratelli di Culla (2025), il bel documentrio diretto da Alessandro Piva (vedi anche nostra intervista), presentato in concorso al BIF&ST, racconta le storie di persone cresciute all’interno dell’ex brefotrofio di Bari, attivo dal dopoguerra fino agli anni ’90. L’istituto accoglieva neonati abbandonati o allontanati dalle famiglie, e molti dei protagonisti hanno scoperto solo in età adulta le proprie origini adottive, intraprendendo in seguito un percorso di ricerca identitaria.
Nel ricostruire il passato dell’istituto, il regista Alessandro Piva (tra i suoi lavori citerei due bei film come LaCapaGira, 1999, e Mio Cognato, 2003) si è trovato davanti a una realtà frammentata. Le donne che vi lavorarono – balie, suore, assistenti – ricordano con precisione ruoli e gesti quotidiani. Ma chi in quegli spazi ci è cresciuto, oggi fatica a orientarsi tra i vuoti della memoria. Per rintracciare queste persone è stato necessario un lavoro paziente, fatto di ricerche, appelli pubblici, passaparola. Alcuni, nel tentativo di ricostruire la propria identità, hanno deciso di esporsi e aiutare altri nella stessa ricerca. Una domanda ritorna spesso nei loro racconti: c’è stato amore alla base della mia nascita?

Il documentario dà voce a queste storie e, allo stesso tempo, guarda al contesto storico in cui i brefotrofi operavano, quando la società tendeva a cancellare ciò che era ritenuto scomodo, come le maternità fuori dal matrimonio. Emergono storie personali fatte di scoperte tardive e domande rimaste a lungo senza risposta. Molti dei protagonisti hanno saputo solo da adulti di essere stati adottati. Per alcuni, questa rivelazione ha segnato l’inizio di un percorso difficile, alla ricerca delle proprie origini e di un senso di appartenenza.
Accanto ai racconti di chi cercava una madre, un nome o una verità, si intrecciano le testimonianze di donne che hanno lavorato nell’istituto: balie, suore, cuoche, educatrici, che ricordano con affetto e nostalgia l’atmosfera festosa di quello luogo, l’ingegnosità messa a frutto per fare in modo che non mancasse mai latte ai bambini, l’atmosfera concitata e giocosa che si respirava quando il brefotrofio era a pieno regime, la solidarietà e anche la vitalità delle ragazze, che organizzavano serate con musica e balli, con il beneplacito delle suore più permissive.
Il colore ed il carattere giocoso del brefotrofio andò sempre più ad affievolirsi man mano che il numero dei bambini diminuiva: si passò da un massimo di 168, fino agli ultimi tempi, in cui erano rimasti solo 5 bambini. Poi la chiusura, e i ricordi. Ora quei bambini sono diventati adulti, cresciuti, accolti e amati, e si raccontano. Ogni testimonianza racchiude un piccolo universo di sensazioni che riaffiorano nei volti dei protagonisti e dei loro genitori adottivi. La ricerca dei genitori biologici, si eleva a percorso di catarsi, in cui i figli, empatizzando con coloro che li hanno abbandonati, arrivano a ringraziarli per aver scelto comunque di donare loro la vita.
Si vaga in luoghi abitati da fantasmi di un passato remoto, si tirano fuori fotografie, si riflette su tutto ciò che è stato e che sarebbe potuto non essere, con una regia elegante, qualche tocco creativo, una fotografia calda, un commento musicale che talvolta va a disturbare il delicato equilibrio lirico dei passaggi visivi e delle immagini, ma senza compromettere troppo il risultato finale.
Consigliato.
Fratelli di culla – Regia, montaggio: Alessandro Piva; fotografia: Diario Di Mella, Michele Falleri; collaborazione al montaggio: Cristina D’Eredità, Alessandro N. Cardone; musiche: Riccardo Giagni; scenografia: Fulvia De Nicolò, Giovanni La Torre; organizzazione e ricerche: Antonella Giuliani, Mayra Mastromarino; suono in presa diretta: Marco Fischetti; archivi audiovisivi: MAD – Memorie Audiovisive della Daunia, AAMOD – Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Cineteca di Milano, Archivio Luce Cinecittà, Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia; produzione: Alessandro Piva per Seminal Film, in collaborazione con Rai Cinema, con il sostegno di Apulia Film Commission e il contributo del MiC; origine: Italia, 2025; durata: 62 minuti; distribuzione: Seminal Film.
