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Voto
Passato in anteprima mondiale nella storica sezione “Forum”, alla Berlinale 2025, dove ha ricevuto la Menzione speciale nel Premio della sezione documentaria, l’ultima opera dei Fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio segue a quattro anni di distanza un precedente film di fiction, Spaccapietre che si situava “a cavallo tra mondi e tempi diversi”.
Anche questa volta, a seguito di un lavoro paziente e certosino, Canone effimero, si muove, mutatis mutandi, su una linea analoga, presentandosi, però come un’opera documentaria sulla memoria, tramite l’arma dell’osservazione di lungo periodo. Diviso in undici atti/capitoli, il film va in giro in lungo e in largo per l’Italia (ma dove lo si scopre solo con esattezza dai titoli di coda) per ritrarre e documentare un mondo antico e in via d’estinzione, quello del canto popolare e di chi lo pratica. È un impegnativo viaggio tra il Nord e il Sud (prevalentemente) del nostro paese alla ricerca di chi si perita di curare e mantenere in vita usi, strumenti musicali e usanze, che affondano le loro radici nella profonda lontananza del tempo.
Quasi sempre a macchina fissa, in lunghi piani sequenza, variando a seconda dei casi il formato da quadrato a panoramico, seguiamo allora la costruzione di antiche zampogne calabresi o l’esecuzione di cori Arbëresh, cioè dei discendenti delle popolazioni albanesi in Lucania; oppure ancora vengono ripresi canti tradizionali dall’interno della Liguria, e tanto altro ancora. Il tutto avviene in un gioco di sponda tra le sequenze delle performance dei cantori o degli artigiani che seguono antiche tradizioni, e delle rapide panoramiche che esplorano volti antichi e reliquie del passato, tra spazi e paesaggi montagnosi o innevati, sempre asconditi e sempre lontani dalla cosiddetta civiltà urbana di oggi. Senza dimenticare, poi, in sottofondo, l’aspetto sacrale e religioso che tali costumi e tradizioni evocano dall’abisso del loro essere.
Impegnandosi, con passione estrema, in questo atto di documentazione e salvataggio della memoria che è sì personale e singola ma che, a volte, rimanda anche alla Storia con la S maiuscola dell’Italia della Resistenza e della II Guerra Mondiale, il documentario dei Fratelli De Serio diventa allora uno straordinario film-saggio di etnomusicologia che cattura tradizioni musicali e orali, suoni e immagini di oggetti e tradizioni a rischio di completa estinzione. Con le sue immagini e suoni, Canone effimero ci induce a riflettere su tanti aspetti come quello, ad esempio, dell’importanza della trasmissione orale dei rituali e della memoria collettiva dimenticata e non tramandata dai nostri comuni canali di comunicazione; a meditare – soprattutto in un’epoca come la presente di globalizzazione e livellamento culturale – sull’importanza estrema di preservare le proprie radici e usanze più antiche in luoghi in cui l’interazione tra uomo e ambiente rappresenta ancora un significato e un aspetto importante.
Non è un film facile né di rapido consumo, usa e getta, quello girato da due Gemelli piemontesi, ha bisogno di grande pazienza per entrare nelle immagini, gli oggetti e soprattutto nei suoni che ha catturato. Bisogna impegnarsi e non poco per seguire e apprezzare questo Canone effimero. Ma se lo si fa, siamo certi che ne sia valsa la pena.
Menzione speciale Concorso Documentari Festival di Berlino 2025
Canone effimero – Regia e sceneggiatura: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio; fotografia: Piero Basso; montaggio: Diana Giromini; produzione: Alessandro Borrelli per La Sarraz Pictures; origine: Italia, 2025; durata: 120 minuti.
