Bird Box Barcelona di Álex e David Pastor

L’originale Bird Box, risalente al 2018, e diretto dalla danese Susan Bier (Dopo il matrimonio, In a better world) con protagonisti Sandra Bullock e John Malkovich, era risultato un film piuttosto pasticciato, ad un ottimo avvio seguiva uno sgretolamento narrativo che andava via via peggiorando a causa di dialoghi insulsi ed accadimenti sempre più illogici. Il tentativo di mantenere il tenore entro un certo livello di sofisticazione visiva non faceva che peggiorare il risultato, dato che alla mediocrità del prodotto si aggiungevano le sperimentazioni stilistiche e le velleità artistiche di un’autrice che aveva sicuramente dato prova in passato, di ottime capacità, ma che non si era mai cimentata con l’horror. 

Sia il film che la novella da cui è tratto contengono una premessa senza dubbio affascinante, che include un background non eccessivamente delineato: questo aspetto in particolare, questa malleabilità di partenza, giustifica appieno l’esistenza del film di cui stiamo parlando qui: già, perché questo spin off, chiamato Bird box Barcelona, ambienta la vicenda in un differente contesto, e, a detta degli autori, sarà il primo di una serie di spin off ambientati nell’universo di Bird Box. 

Ed in cosa consiste questo universo? Molto semplicemente: il mondo è sconvolto dall’arrivo di entità (non vengono mai mostrate, si dice abbiano l’aspetto di angeli con mille occhi, ma ci sono teorie quantistiche che suggeriscono che l’aspetto cambi in base a chi li vede). Chiunque guardi queste creature prova un’estasi indescrivibile e l’irrefrenabile impulso di ammazzarsi. Ne consegue una realtà dove un’umanità alla deriva è costretta a vagare coprendosi la vista ed utilizzando escamotage come gabbie con uccelli dentro (da qui il titolo bird box) che, a quanto pare, percepiscono l’arrivo delle entità e si agitano, avvisando così dell’imminente minaccia.  

Dicevamo appunto, la mancata risposta alle decine di domande si trasforma in un punto di forza perché permette una maggiore flessibilità interpretativa rispetto alle varie iterazioni che si possono svolgere all’interno dell’universo di Bird Box 

In questo Bird box Barcelona, ad esempio, vengono modificate alcune regole dell’universo originale, e viene modificato, almeno in parte, l’elemento più balordo di tutta la faccenda: sia nel film del 2018, che nella novella di Josh Malerman da cui era tratto, gli unici esseri umani immuni al potere delle creature erano gli “psicopatici”, non importa quanto questo termine non abbia una definizione medica precisa, né che sia possibile ipotizzare che tutte le persone malate di mente reagiscano allo stesso modo alle creature. Gli autori qui fanno affidamento sull’idea antiquata secondo cui i pazzi sono in qualche modo posseduti dalle entità, il che li renderebbe i servitori ideali per svolgere il lavoro di queste ultime. Date le premesse di cui sopra, è evidente l’intenzione di mantenere le spiegazioni al minimo; quindi, non otteniamo mai una chiara ragione che giustifichi il fenomeno. 

Invece di proseguire su questa falsariga,  Bird Box Barcelona preferisce confondere le acque: coloro che sono immuni alle creature, perlomeno, lo sono senza una reale ragione, o meglio, il film suggerisce che le ragioni sono riconducibili ad un trauma passato, che ha in qualche modo modificato la percezione di questi soggetti. Si sono organizzati e hanno costituito una fazione, che, come una setta, si pone come missione quella di mostrare a tutti la bellezza delle entità.  

Non è necessario vedere l’originale Bird Box per seguire la trama di questo. Chi lo ha visto però, non potrà che apprezzare il cambio del punto di vista: già perché il protagonista di questo film (piccolo spoiler) è uno di coloro che hanno visto, la sua personalità, ambigua e non del tutto chiarita, permette di strutturare il film su un doppio binario riguardo alle sue reali intenzioni: il pubblico sa quali sono, ma i suoi compagni di viaggio ne sono all’oscuro, questa antica lezione hitchcockiana applicata su come creare la tensione non fallisce mai e permette di godersi il viaggio fino alla fine. 

Originalità e innovazione non sono elementi che spiccano, ma c’è una coerenza ritmica e visiva solida ed efficace, (ottimo il montaggio ad opera di Martí Roca) che lo rendono un ottimo film di intrattenimento senza pretese, diretto da una coppia di registi, Álex e David Pastor, che mostra di avere le idee ben chiare su ciò che vuole, e su come ottenerlo (avevano già diretto un film ambientato attorno ad un’umanità allo sfascio, l’onesto The Last Days, risalente al 2013). Tutto il resto della produzione rimane su livelli standard: standard la fotografia, standard la colonna sonora, discrete e interpretazioni, non del tutto chiariti certi risvolti, ma rispetto al film di Susan Bier c’è una solidità narrativa più consapevole e più concreta, che si basa su un’effettiva progressione di eventi e non su un affastellamento di suggestivi momenti inquietanti. 

Abbassando così le pretese e fornendo un prodotto più onesto, questo Bird box Barcelona riesce nella non difficile impresa di risultare un film più riuscito del primo. Consigliato se volete qualcosa di poco impegnativo ma che perlomeno valga il vostro tempo. 

Su Netflix


Bird Box Barcelona- Regia e sceneggiatura: Álex Pastor, David Pastor (basato sulla novella Bird Box, di Josh Malerman); fotografia: Daniel Aranyó; montaggio: Martí Roca; musica: Zeltia Montes; cast: Mario Casas, Naila Schuberth, Georgina Campbell, Diego Calva; produzione: Nostromo Pictures, Chris Morgan Productions, Dylan Clark Productions; origine: Spagna, 2023; durata: 112 minuti ;  distribuzione: Netflix.

 

 

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