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Ravel è un artista affascinante che vive di contraddizioni continue: austero ed elegante, Maurice è un musicista apprezzato ma in piena crisi creativa, è un uomo amato dalle donne ma non si concede mai totalmente all’amore e soprattutto vive l’atto della creazione come momento di estasi sublime e come un’ossessione distruttiva e infernale al tempo stesso.
Anne Fontaine, in un biopic tratto dal libro biografico di Marcel Marnat, ci restituisce il ritratto di un artista impenetrabile ed elegante, fragile ma impassibile, affascinante ma poco incline ai piacere della carne, in una continua rincorsa alla perfezione della sua opera.
E in questa ricerca dell’opera ” perfetta”, anche il suo celebre Bolero (nato sulle cenere di un mancato adattamento della suite Iberia di Isaac Albéniz) ispirato meccanicamente all’ universo della fabbrica e dei suoi rumori, viene fuori con una carica erotica e sensuale insolita ed estrema, che sconvolge, al primo ascolto, anche lo stesso protagonista. Forse perché Ravel contiene e raccoglie quotidianamente la sua passione e il suo fuoco e li lascia sfogare nell’atto della creazione, restando poi sorpreso del risultato stesso (fondamentale nel processo anche l’allestimento della ballerina Ida Rubinstein) e alla fine dal” vulcano di ghiaccio” esploderà il capolavoro della sua esistenza creativa.

Data questa lunga e necessaria premessa come nasce il processo creativo e quali fasi attraversa?
Siamo nel 1927 e a Maurice Ravel (un eccellente Raphaël Personnaz nel restituire eleganza e malinconia al tempo stesso), compositore di fama mondiale, viene commissionata una composizione per balletto dall’impetuosa coreografa Ida Rubinstein (una maliziosa Jeanne Balibar). Completamente bloccato e fermo nel suo processo creativo, ma sostenuto da Misia (Doria Tillier), donna sposata di cui l’artista è innamorato platonicamente, Ravel riesce alla fine a comporre l’aria struggente e appassionata basata su “il suono delle origini”, su “il fondamento primitivo”.
E la sua creazione procede parallelamente ai binari della sua stessa esistenza. Come la sua opera “si ripete e si ripete, poi ricomincia e a un certo punto va in tilt”, la vita stessa dell’artista è in procinto di vacillare a causa di un passato burrascoso, di cui vediamo qualche frammento e a causa di una terribile malattia neurodegenerativa che lascia poche speranze.
Anne Fontaine con Boléro ritrae il dolore e la difficoltà comunicativa dell’artista e dipinge un’analisi puntuale della sua psicologia: Ravel è un uomo perso nelle sue relazioni monche, nel suo passato, nella sua stessa musica, piena di rumori, di ricerca e silenzi. Estraneo all’esistenza umana comune, il protagonista resta sempre sulla soglia, è una figura tragica e affascinante al tempo stesso che, in preda alle sue continue contraddizioni, affascina e strega lo sguardo del pubblico e lo catapulta nel suo labirinto mentale.
La regista ha la capacità di creare, (grazie anche all’ interpretazione misurata di Raphaël Personnaz) la giusta distanza tra il genio e il suo pubblico e riempie Ravel di un mistero inavvicinabile eppure accattivante, avvolgente e pieno di un insolito carisma.
In sala dal 28 agosto 2025.
Boléro – Regia:Anne Fontaine; sceneggiatura: Anne Fontaine, Claire Barré; fotografia: Christophe Beaucarne; montaggio: Thibaut Damade; musiche: Bruno Coulais; interpreti: Raphael Personnaz, Doria Tillier, Jeanne Balibar, Emmanuelle Devos, Vincent Perez, Sophie Guillemin, Alexandre Tharaud, Serge Riaboukine; produzione: Ciné@, Cinéfrance Studios, F Comme Film; origine: Francia; durata: 120 minuti; distribuzione: Movies Inspired.
