Buonanotte a Teheran – Critical Zone di Ali Ahmadzadeh

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In questi giorni tremendi in cui l’Iran è protagonista di uno dei momenti più orribili della storia mondiale, arriva in alcune selezionatissime sale e soprattutto sulla piattaforma della casa distributrice I Wonder, denominata appunto IWonderfull, il film di Ali Ahmadzadeh, che reca il titolo italiano Buonanotte a Teheran, ma il cui titolo originale è Mantagheye bohrani, ovvero zona critica, il sottotitolo (e il titolo internazionale) è, in inglese, appunto Critical Zone. Il film vinse due anni fa il Pardo d’Oro al Festival di Locarno e – come molti film vincitori a Locarno, spesso destinati esclusivamente a una distribuzione festivaliera – approda faticosamente e tardivamente in Italia (anche in altri paesi la distribuzione non è andata meglio). Ma, come si dice, meglio tardi che mai, perché si tratta di un film, qua e là un po’ ostico e ossessivo, ma di assoluto valore, di un regista adesso trentanovenne, giunto al suo terzo lungometraggio (il secondo, tuttavia, risaliva a otto anni prima).

I film iraniani, o almeno i film iraniani che arrivano, fra mille traversie in Occidente, ai principali festival occidentali sono inesorabilmente film politici, tanto che in moltissimi casi sono girati in circostanze particolarmente avventurose da registi stigmatizzati (quando non incarcerati) dal regime, con addosso quello che un tempo con parola tedesca si chiamava Berufsverbot, in sostanza il divieto di girare – e, nel caso, assai frequente, di presenza dei film ai festival c’è sempre  l’alea se il regista potrà assistere alla proiezione oppure no. Ne sanno qualcosa i vari Panahi, Farghadi, Rasoulof, solo per citare i nomi più noti. Lo stesso vale per Ahmadzadeh, a cui era stato esplicitamente chiesto di ritirare il proprio contributo dal Festival di Locarno e che non ha potuto presenziare alla prima proiezione. Ma mentre per i registi più famosi si ha come la sensazione che la clandestinità della produzione si avvalga comunque di qualche forma di compromesso con il regime, qui è difficile immaginare che il film abbia avuto un qualche avallo dal regime, perché presenta troppi aspetti che il regime non approverebbe e non approva.

A partire dal protagonista Amir (interpretato, al pari di tutti gli altri ruoli, da un attore non professionista che si chiama Amir Pousti) che di mestiere fa lo spacciatore di tutte le possibili sostanze stupefacenti reperibili nel paese e non solo. Amir si aggira soprattutto di notte nella sua macchina, da cui, a parte alcuni brevissimi passaggi a casa – dove lo aspetta un bulldog nano che risponde al nome di Mr. Fred – non scende quasi mai. I tratti urbani che percorre sono per lo più tunnel, di una lunghezza spropositata (basta vedere già la primissima sequenza che induce un raro senso di claustrofobia), che non possono non essere letti in chiave metaforica, come il tunnel, appunto, nel quale è precipitata la società iraniana. Nel corso delle sue scorribande Amir, viene regolarmente accompagnato dalla voce inquietante, ossessiva, e forse non a caso femminile, del navigatore, che sembra per larghi tratti l’unica voce con cui ha a che fare. Anche se poi non è sempre così, anzi, perché la sua articolata attività di spacciatore lo mette in contatto con diversi individui con cui stabilisce un rapporto non solo professionale ma anche, in alcuni casi, terapeutico. È il caso ad esempio dell’ultima scena del film in cui il protagonista viene convocato dalla madre di un ragazzo tossico a cui Amir rivolge un trattamento, di nuovo, a base di un cocktail di pasticche che non si capisce bene  se sortirà l’effetto desiderato.

Amir Pousti

Ma la scena di gran lunga più eversiva è la lunga sequenza in cui un’amica hostess, reduce da Amsterdam, porta in dono ad Amir droghe e alcol in abbondanza; la sequenza culmina poi con una lunga masturbazione, non inquadrata, della donna, ovviamente senza hijab, che  finisce per virare in uno straziante lamento, una scena, dall’inizio alla fine, rivoluzionaria, soprattutto laddove la donna si alza oltre il tettuccio della macchina lasciandosi andare a un grido con un ripetuto “fuck” particolarmente violento perché a lanciare questa lunghissima invettiva è appunto una donna. Un concentrato dunque (droga, alcool, sesso, protesta) che appare quanto di più inviso al regime di Teheran si possa immaginare.

L’ulteriore valore aggiunto del film sono una serie di scelte formali che vanno dalle riprese accelerate a inquadrature in primissimo piano per lo più dal basso fino ad arrivare a scene fantasmagoriche e altamente stranianti che intendono emanciparsi da qualsivoglia paradigma realistico a cui, per solito, il cinema iraniano è solito attenersi.

Girato prima delle manifestazioni del 2022, il film è  una coproduzione tedesca,  ancor prima de Il seme del fico sacroe l’accoglienza da parte della critica, soprattutto tedesca, è stata giustamente molto positiva.

Su IWonderfull (Prime Video Channel) dal 12 giugno 2025.


Buonanotte a Teheran – Critical Zone (Mantagheye bohrani ) – Regia, sceneggiatura, montaggio: Ali Ahmadzadeh; fotografia: Abbas Rahimi; interpreti: Amir Pousti, Shirin Abedinirad, Maryam Sadeghiyan, Alireza Keymanesh; produzione: counterntuitive Film; origine: Iran/ Germania, 2023; durata: 99 minuti; distribuzione: I Wonder.

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