Cherry Juice di Mersiha Husagic

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Il regista più famoso nato a Sarajevo è, notoriamente, Emir Kusturica, nato nel 1954. Dal 2018, anno in cui ha girato un documentario sul presidente dell’Uruguay José “Pepe” Mujica, non mi risulta che abbia più fatto film. Ma nella capitale della Bosnia sono nati anche Denis Tanovic (1969) e Jasmila Zbanic (1974), due registi che hanno molto raccontato la guerra dei Balcani, Tanovic con  No Man’s Land (2001) o Cirkus Columbia (2010), Zbanic con Il segreto di Esma (2006) e con Quo Vadis, Aida (2020), tutti film che hanno ricevuto importanti riconoscimenti a livello internazionale, Oscar, European Awards, Orsi d’Oro. Kusturica aveva quarant’anni ai tempi della guerra, Tanovic e Zbanic ne avevano più o meno una ventina. Per Kusturica la guerra è arrivata quando era già un autore affermato, ricordo ancora la grande impressione che fece il suo primo film Ti ricordi di Dolly Bell (1981), ma anche gli altri film girati negli anni ’80, quando si poteva immaginare non lontanissimo il disfacimento della Jugoslavia ma non la piega drammatica che avrebbero preso gli eventi. Per Tanovic e Zbanic il tema della guerra ha coinciso di fatto con l’esordio nel lungometraggio, verrebbe da dire che è quasi un rito di passaggio, un po’ come la Seconda Guerra Mondiale per  alcuni registi del Neorealismo italiano  o la guerra nel Vietnam per i registi della New Hollywood.

E lo stesso discorso vale anche per Mersiha Husagic che di anni al momento dello scoppio della guerra ne aveva tre, essendo nata nel 1989, ma che a sua volta esordisce nel lungometraggio parlando di quello che per un cittadino di Sarajevo è il tema ineludibile, l’assedio della città natale e le cicatrici che ancora a trent’anni di distanza fanno una gran fatica a rimarginarsi. Il film è diviso nettamente in due parti e non esito ad affermare che mi è piaciuta molto la prima parte, mentre mi ha convinto ben poco la seconda, anche se senza la seconda verrebbe a mancare la proposta, in parte utopica, di superamento del PTSD, di cui la trentenne Selma, interpretata dalla regista stessa, si fa portavoce.

L’attrice e regista: Mersiha Husagic

La prima parte è costruita, secondo modalità apparentemente asintagmatiche ma di fatto molto rigorose, con il principio del montaggio alternato: Selma ha scritto una sceneggiatura che racconta l’approdo in Germania, ad Amburgo, di lei bambina e della madre profughe dalla Bosnia, dove una trans di nome Joe le accolse facendole sentire a casa, ma il film non verrà girato perché il produttore si è tirato indietro, Selma lo ha detto a tutto il cast che il film non si farà, salvo a Niklas, l’attore tedesco, amburghese appunto, che dovrà interpretare Joe. Mentre Selma, a Sarajevo, cerca di farsi una ragione del film che non si farà, lavora come barista in un locale, ripercorre mentalmente alcune sequenze del film che viene anche illustrato in una sorta di storyboard animato, Niklas ad Amburgo si prepara a interpretare il trans, cominciando, stile Actor’s Studio, a frequentarne alcuni al fine di carpirne l’essenza e calarsi meglio nel personaggio. Fin quando, con una ventiquattr’ore alquanto improbabile con dentro potenziali costumi di scena e un laptop, prende un aereo e approda nella capitale della Bosnia, apprendendo solo in quel momento ciò che lo spettatore sa fin dall’inizio, ossia che il film, almeno per il momento, non si farà. Fine della prima parte.

Dopodiché ha inizio una lunga notte, che è poi la notte di Capodanno, nella quale (Richard Linklater docet), l’aspirante regista bosniaca e l’attore tedesco rimasto senza lavoro si aggirano per la città in festa, dove i fuochi d’artificio non possono fare a meno di ricordare esplosioni ben più drammatiche, dove i due personaggi si avvicinano, si scazzano, si riavvicinano. E qui, inutile negarlo, il film si incista un po’ su sé stesso, va avanti a strappi, Niklas viene a conoscere i traumi di Selma, ciò che finisce per spiegare anche la ragione, traumatica, appunto del titolo Cherry Juice, l’aspirante regista viene a sua volta a sapere qualcosa di più sul passato dell’attore – e grazie a questo processo di avvicinamento ciascuno dei due in qualche misura cresce. Inutile dire che, come sempre accade per i film sull’impossibilità di girare un film, il film c’è eccome, ed è quello che stiamo vedendo, un film peraltro non privo dei documenti, degli home movies di Selma risalenti agli anni ’90 che quindi raccontano non solo nei traumi postumi ma nella fattualità coeva i drammi di Sarajevo.

In sala dal 20 febbraio 2025.


Cherry Juice; regia, sceneggiatura, montaggio, illustrazioni, animazioni, produzione: Mersiha Husagic; fotografia: Oliver Nimz; interpreti: Mersiha Husagic (Selma), Niklas Löffler (Niklas), Hurmeta Husagic, Jimmy Bontatibus, Horst Beelitz; origine: Bosnia-Herzegovina, 2023; durata: 89′; distribuzione: Lo Scrittoio.

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