Biografilm XXI° Edizione (Bologna, 6-16 giugno 2025): Democracy in America di Giovanni Troilo (Contemporary Lives)

Il progetto Democracy in America di Giovanni Troilo (si veda la nostra intervista) e ora diventato un documentario presentato al Festival Bologna, era nato come una serie di tre episodi andati in onda su SkyTG24 nel gennaio del 2025 intitolata Democracy in America – Il ritorno di Trump in un paese diviso. A vedere ora il film, girato a livello locale e che si occupa esclusivamente di politica interna, dopo un primo assaggio del tifone Trump alla Casa Bianca in questi ultimi drammatici mesi, sconvolge ancora di più, visto il preponderante ed enorme impatto delle politiche che il quarantasettesimo presidente americano ha imposto a livello mondiale. Eppure, il potere di Trump è nato da ogni singolo voto, come documentato nel film, di un elettorato che non aveva, e probabilmente ancora ora non ha, il minimo interesse per questioni non solo internazionali, ma nemmeno si è mai posto la briga di documentarsi sui processi o sui conflitti d’interesse, o sulle mire territoriali e le simpatie autocratiche del candidato presidente.

Il verde del prato nei giardini è coperto da una marea di cartelli colorati in blu, bianco e rosso che incitano al voto per le elezioni. Siamo nel cuore dell’America conservatrice, fra Marshall e Longview nella Contea di Gregg, due cittadine situate nell’Ovest dello stato del Texas negli ultimi mesi della campagna elettorale per le elezioni americane del 5 novembre dello scorso anno. Abituati a vedere le immagini che scorrono su giornali e televisioni di Kamala Harris e Donald Trump immersi nelle folle delle varie convention politiche, questo film si dimostra una piccola rivelazione, perché ci porta, al contrario di questi, nella più remota provincia americana. Qui i due principali contendenti esistono solo sugli schermi di TV e portatili. A fare il duro lavoro di raccatta-voti sul campo sono altri. Inutile dire che la battaglia qui si gioca contro l’astensionismo. In questa solida roccaforte del partito Repubblicano era da più di trent’anni che il Partito Democratico non correva per le elezioni. Marlena Cooper si presenta nella lista democratica ed è la prima candidata donna e per giunta afroamericana a provare a candidarsi per la Camera dei Rappresentanti del Texas. Nel suo piccolo, una vera rivoluzione.

Nella sede locale del partito Repubblicano della stessa contea il suo avversario è Jay Dean, noto politico repubblicano di lunga data, che può quindi contare su un apparato organizzativo ben rodato e consolidato.

Il documentario si concentra sugli opposti punti di vista e contrastanti approcci alle tematiche chiave su cui si è giocato il consenso degli elettori: fra questi l’accesso alla sanità pubblica, l’aborto, la difesa personale, l’uso e la vendita di armi e in particolar modo l’imperante ruolo della religione. Il regista sceglie di mostrare le varie realtà frammentate che vanno a formare le comunità locali per rendere l’idea di uno spaccato della società americana. I due opposti candidati politici si muovono senza tregua fra possibili elettori, presenziano sfilate locali o visitano i veterani del Lions Club, ma soprattutto passano in rassegna le riunioni e i servizi religiosi delle varie congregazioni religiose: Chiesa Metodista, Battista, di Cristo, ed evangelica. Rattrista vedere la forza di volontà e l’impegno politico di Marlena Cooper spostarsi da una porta all’altra delle case nel vicinato e racimolando voto su voto, pensando al diverso impatto che hanno avuto i check milionari distribuiti da Elon Musk e le cui immagini hanno girato sui social media. Allo stesso modo il rappresentante del partito di Trump si muove cauto fra le abitazioni e le proprietà private dove si avventura mentre spiega con vani eufemismi di rispettarne la privacy, mentre in verità si capisce che ha paura di vedersi accogliere con un fucile carico.

La scelta musicale che si limita ad una minimalistica colonna sonora di sottofondo ben accompagna le carrellate lente laterali o in avanti della cinepresa. Quest’ultima non è quasi mai statica ma anzi in continuo movimento, quasi in contrasto con la pesante e immobile tradizione texana arroccata nel suo conservatorismo. Rilevante è anche l’elevata età media dei gruppi a cui si rivolgono le iniziative delle campagne politiche di entrambi gli schieramenti, che rivela poco interesse politico per le generazioni più giovani.

Giovanni Troilo ci regala uno sguardo retrospettivo sull’America trumpiana che nella sua coerenza e nel suo ritmo potremmo definire pacato, per quanto eviti con cura di mostrarci gli eccessi della campagna elettorale. Quella pacatezza, che non è mai stata, e di cui avrebbe molto bisogno Trump. Democracy in America è un’analisi sottile, penetrante, che si impone a forza di immagini e quindi non ha bisogno di parole per farci capire dove vuole arrivare. Un’ottima lezione di storia, che ricalca quella che nel film tiene in classe un professore ai suoi studenti adulti. Dal Texas della schiavitù e della White Supremacy, cos’altro ci si poteva aspettare se non la vittoria della demagogia? Peccato per la candidata democratica Marlena Cooper, ma vale da sé che in questo contesto ogni sconfitta è comunque una piccola vittoria.

Su Sky


Democracy in America – Il ritorno di Trump in un Paese diviso – Regia: Giovanni Troilo; montaggio: Adriano Patruno; fotografia: Marco Tomaselli; produzione: Sky Documentaries, in collaborazione con Sky TG24; origine: Italia/Stati Uniti, 2025; durata: 91 minuti (3 episodi); distribuzione: Sky TG24, Sky Documentaries, NOW.

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