Come Closer di Tom Nesher

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Nati (Ido Tako) è un giovane ragazzo israeliano che vive a Tel Aviv, sorridente e amante della vita. Il giorno del suo compleanno viene incappucciato  e trascinato in macchina da un gruppo di persone che, presto, si rivelano essere suoi amici. All’arrivo lo attende la sorella maggiore Eden (Lia Elalouf), che ha preparato per lui una festa a sorpresa sulla spiaggia, con immancabile sottofondo di musica techno e abbondanti quantitativi di alcool e droghe. Finiti i festeggiamenti, mentre gli amici ancora dormono in spiaggia, Nati viene investito da un’auto, rimanendo ucciso. Eden, così come l’intera famiglia, è travolta dal dolore, cui però non riesce a porre un argine. La sua esistenza già piuttosto eccentrica, pare avvitarsi in una spirale autodistruttiva che solo la conoscenza di Maya (Darya Rosenn) – la fidanzata di Nati di cui tutti erano all’oscuro- riesce a fermare. Nonostante la differenza di età e il carattere aggressivo di Eden, entro breve tempo tra le due si crea un legame di strettissima intimità, sul quale però pende la spada di Damocle di un lutto ancora tutto da elaborare.

Ritratto intimo e doloroso che si ispira a vicende che hanno toccato in prima persona la regista israeliana Tom Nesher (il fratello Ari è morto nel 2018 a soli diciassette anni), qui al suo esordio nel lungometraggio.

Uscire un giorno di casa, venire rapiti, recarsi a una festa, non tornare più vivi a casa, non necessariamente in quest’ordine: è in questo ristretto gruppo di azioni che risiede il nodo cruciale del film, ma, soprattutto, una riflessione – complessa, rischiosa – sul rapporto che lega e al contempo separa le proprie vicende personali da quelle collettive, il dolore del singolo da quello di un’intera comunità. Ed è soprattutto attraverso il filtro del ricordo e del dolore personale, però, che andrebbe guardata questa pellicola, poiché sebbene il raffronto con le tragedie seguite ai fatti del 7 ottobre 2023 sia inevitabile, il film, in realtà, è stato realizzato prima.

Nel racconto dell’anno seguito alla morte di Nati, necessario all’elaborazione di una perdita tanto insondabile, Come Clorer esprime meglio la propria forza quando si concentra sulla narrazione del dolore personale dei suoi protagonisti. Un dolore non condivisibile, rifiutato e ricacciato indietro, almeno sino all’incontro tra Eden e Maya, che smuove una situazione che pareva cristallizzata o, peggio ancora, avvitata nella spirale autodistruttiva. Se durante la sequenza iniziale, in una sorta di preambolo destinato a essere ribaltato, i toni sono quelli del racconto giovanile e di formazione – forse un po’ troppo convenzionali e stereotipati -, dopo la morte di Nati essi virano sul dramma, mentre con l’arrivo di Maya ne subentrano di ulteriori, all’apparenza mélo, che lasciano presto spazio  al sospetto che tra le due donne, a un certo punto, si vada instaurando un legame tossico, che prevede meccanismi manipolatori, di controllo e sudditanza.

In realtà, con il ricordo palpabile del fratello morto che aleggia come un fantasma nella sua vita, Eden cerca in Maya una sorta di riflesso di se stessa e del fratello, che intermedi il dolore rendendolo più sopportabile. Se intento manipolatorio esiste da parte di Eden, questo si concretizza, certamente non a livello conscio, nel canalizzare la sua rabbia verso l’esterno, per dare uno sfogo al proprio malessere e tentare in qualche modo di sopravvivere. Il dolore che segue una perdita, sembra volerci dire la regista, mette in moto, prima ancora che sentimenti di condivisione, compassione e comunanza, sentimenti di rabbia che hanno bisogno di essere governati. Come accennavamo poco sopra, inoltre, vi è il tentativo di giustapporre il ricordo e l’elaborazione del trauma personale al ricordo e all’elaborazione di un trauma collettivo. Quando Maya, assieme alla sua classe, parte per visitare il campo di concentramento di Auschwitz, non si dimostra minimamente interessata; “Ti auguro un buon olocausto” le scrive Eden in chat, prima della partenza. La cultura, la perpetuazione del ricordo attraverso la narrazione della storia e dei fatti, da soli sembrano non bastare più. D’altro canto, se anche il presente vissuto dalle due donne – troppo doloroso e soverchiante – è destinato a essere respinto e dimenticato, che speranze ha il passato di essere ricordato?

Un film magari imperfetto, che non manca tuttavia di suscitare interrogativi profondi.

In sala dal 28 agosto 2025.


Come Closer  – Regia e sceneggiatura: Tom Nesher; fotografia: Shai Peleg; montaggio: Shauly Melamed; musica: Ginevra Nervi;  interpreti: Lia Elalouf, Darya Rosenn, Ido Tako, Netta Garti, Yaakov Zada-Daniel, Shlomi Shaban, Ofek Pesach, Yael Shoshana Cohen; produzione: 2-Team Productions, Rogovin Brothers; origine: Italia/Israele, 2024; durata: 107 minuti; distribuzione: Fandango.

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