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Tra le regole non scritte del cinema, una sentenzia, a ragione, che tutti i film ispirati a L’esorcista (William Friedkin, 1973) e a Lo squalo (Steven Spielberg, 1975) sono e saranno terribili, non terrificanti, terribili nel senso di parecchio brutti.
Dangerous Animals, horror australiano, scritto da Nick Lepard e diretto da Sean Byrne, non si limita a confermare la regola, ma ne crea un corollario: l’incredibile quantità di emuli strampalati, invece di far paura, rendono il mostro sempre più ridicolo. Opere come queste fanno danni, nascono da una idea e su questa unica idea esigono di costruire un film, ma, purtroppo, le cose sembrano non funzionare così. Alcuni autori possono avere una idea, anche brillante – non ci sembra comunque il nostro caso – dopo, però, è necessario averne altre mille per poi tagliare secondo l’ispirazione. Non vogliamo suggerire nessuna lezioncina di come si fa cinema, solo fare un cortese invito agli autori di tutto il mondo a essere umili, parola che, questa sì, fa paura, ma che è l’unica via percorribile in ogni attività umana, figuriamoci nell’arte. Cosa significa essere umili, significa essere veri, o, almeno, cercare di esserlo.
In questo senso non possiamo credere che gli autori di Dangerous Animals siano stati veri, che credano a quello che hanno fatto, in tal caso, infatti, sarebbe abbastanza preoccupante. Più pacifico è credere che abbiano avuto una presunta “fantomatica” idea e che vi abbiano costruito sopra una storia imbarazzante al solo scopo di stupire e di catturare il pubblico. In effetti i grandi registi, quasi tutti, si chiedono se una scena catturerà o meno il pubblico e la bellezza nasce proprio da questo compromesso tra l’intuizione artistica e il tentativo di far reagire il pubblico: il compromesso, quindi, crea l’opera d’arte eccellente e popolare, invece di essere un sacrificio da parte dell’artista genio che si piega alle logiche del mercato. Ma, come pensava e scriveva François Truffaut, tutto può essere utile, il bene nel male, in pratica. Così il nostro Dangerous Animals diventa un’occasione per riflettere sul cinema ancora una volta, senza la pretesa della ragione ma della verità, che è alla portata di tutti, basta essere veri.

Un serial killer (Jai Courtney), traumatizzato dall’attacco di uno squalo, si inventa un modo atroce, e subito per noi non credibile, per uccidere le sue vittime: le cala piano in mare dalla sua imbarcazione perché vengano mangiate dagli squali e, ovviamente, riprende tutto con una vecchia camera per creare filmini da rivedere sorseggiando una bella birra. Questa è l’idea da cui, crediamo, siano partiti gli autori, ma, a noi, non sembra molto buona e ciò che segue è perfino imbarazzante: l’eroina (Hassie Harrison), vittima dello psicopatico ossessionato dalla forza degli squali e dalla presunta sua capacità di imitarli, è, lei, forte e determinata, tanto da incrociare, nel momento topico, lo sguardo di un gigantesco squalo che, percependone la buona personalità, decide di non farne pasto.
Pur presentato quest’anno nella prestigiosa “Quinzaine des cinéastes” di Cannes, a nostro avviso, poco se non nulla funziona in questi Dangerous Animals: un serial killer incapace di far paura; una idea principale che definiremmo “immorale”, facendo uso degli squali in modo scriteriato; una colonna sonora assordante che accompagna la caccia alla donna più che la caccia di esseri umani da parte degli squali; effetti speciali abbastanza inutili e infine personaggi decostruiti in modo involontario, ridotti come sono a macchiette che non fanno altro che prendersi a botte, degni della più farsesca commedia dell’arte. La verità non dipende dall’oggettività, ma dalla capacità di essere, come pensiamo potrebbe dire Pier Paolo Pasolini, autentici, veri. Per noi non è tanto importante distinguere tra il cinema d’autore, più personale e il cinema commerciale, apparentemente meno libero, o ancora: tra il cinema indipendente e il cinema delle grandi produzioni, esiste solo il Cinema con la C maiuscola e perché questo diventi arte, deve solo essere vero. Purtroppo, in questo caso non ci sembra affatto così.
P.s.: per la cronaca riuscirà a breve sul grande schermo, l’1-2-3 settembre, per l’anniversario dei suoi cinquant’anni, Lo squalo di Steven Spielberg in versione restaurata.
In sala dal 20 agosto 2025.
Dangerous Animals – Regia: Sean Byrne; sceneggiatura: Nick Lepard; fotografia: Shelley Farthing-Dawe; montaggio: Kasra Rassoulzadegan; musica: Michael Yezerski; interpreti: Hassie Harrison, Jai Courtney, Jos Heuston; produzione: LD Entertainment; origine: Australia, 2025; durata: 98 minuti; distribuzione: Midnight Factory.
