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Voto
Quando il cinema italiano negli anni Sessanta aveva conquistato i galloni, se non di prima, certamente di seconda cinematografia al mondo – tanto per qualità che per quantità di film prodotti ed esportati -, si realizzavano anche un sacco di esperimenti e si tentavano strade nuove. Tra di esse la più celebre è stata quella dello spaghetti-western ma si è tentata anche quella del cine-fumetto anticipando una pratica e un genere che comincerà ad essere importante diversi anni dopo con il primo Superman (1978) di Richard Donner o ancor di più con lo straordinario “passo doppio” di Tim Burton: Batman (1989) e Batman – Il ritorno (1992) per arrivare alla megaproduzioni Marvel e DC di oggi.
Correva il fatidico e sovversivo anno 1968 e negli studi di Dino De Laurentis, sull’onda del successo nelle edicole, venne alla luce, a basso costo, la prima trascrizione cinematografica del fumetto delle sorelle Angela e Luciana Giussani, Diabolik pubblicato per la prima volta nel 1962. Ispirato ad alcuni album come quelli intitolati “Sepolto vivo!”, “Lotta disperata” e “L’ombra nella notte”, interpretato da John Phillip Law nella parte di Diabolik, Marisa Mell in quella di Eva Kant e di Michel Piccoli nelle fattezze di un ispettore Ginko abbastanza fessacchiotto, ne è uscito fuori un piccolo capolavoro psichedelico degli anni Sessanta, un misto di pop e optical art condito con gli umori politici anti-autoritari dell’epoca – il protagonista sembra quasi una sorta di Sante Notarnicola. Come sempre completamente disinteressato alla trama e al suo intreccio che definirla elementare è essere molto generosi, il visionario Mario Bava, con l’aiuto degli effetti speciali di Carlo Rambaldi, aveva infatti creato un film d’azione divertente e innovativo, a suo modo una pietra miliare del genere ma tale esperimento non ebbe quasi seguito alcuno. Un film che ancor oggi pur nella sua estrema naïveté vale ancora la pene di vedere.
Era dunque con molta attesa che si attendeva la nuova versione dei Fratelli Manetti, una versione per altro di notevole impatto economico e che, già pronta per uscire a Natale 2020, è rimasta congelata nel frigorifero della distribuzione un anno preciso, a causa della pandemia.
Il risultato, lo anticipiamo subito, è un po’ deludente. In questa seconda versione del personaggio nato dalle matite delle Sorelle Giussani e adattando sostanzialmente il terzo album della serie “L’arresto di Diabolik”, si tematizza il primo incontro e il colpo di fulmine tra il celebre criminale (interpretato da Luca Marinelli) e l’affasciante Eva Kant (Miriam Leone). In due parole la trama che come è ovvio e partendo da un fumetto, non abbonda in finezze psicologiche o inaspettati colpi di scena.
In una geografia del tutto fantasiosa, ambientato tra le città pseudoamericane di Clerville e Ghenf alla fine anni Sessanta, Diabolik, ladro e assassino spregiudicato dal volto coperto dalla sua inconfondibile maschera di latex e alla guida di una potentissima Jaguar E-type, sfugge sempre alla caccia dell’Ispettore Ginko (un efficace Valerio Mastrandrea, dall’aplomb british con tanto di pipa). A movimentare l’azione e a conquistare e stimolare l’attenzione del furfante, sarà l’arrivo della bellissima Eva Kant, un’ereditiera giunta dal Sudafrica (!!??) con un gioiello di grande pregio, il fantasmagorico diamante rosa. Nel tentativo di rubare la preziosa pietra, Diabolik rimarrà, ovviamente, stregato da questa donna estremamente belle e seducente. A mettere i bastoni tra le ruote ma anche a suggellare questo nascente amore, ci pensa il nostro ispettore Ginko che, a differenza di quello interpretato da Piccoli nel film di Bava, non è stupido per niente, e aiutato dalla sua valente squadra cercherà di intrappolare l’abile criminale. Ma ognuno capisce che Diabolik la farà sempre franca e in in più ha trovato una alleata-complice straordinaria.
Molto ben ricostruito filologicamente – complimenti a fotografia, scenografia e costumi di eccellente qualità! – a partire dall’immaginario del fumetto originale, il film dei Manetti Bros. ha per noi il non trascurabile difetto di non scegliere una precisa linea narrativa, di non osare mai una originale interpretazione della storia. Lungo, molto lungo (133 minuti troppi, per esempio, in confronto all’ora e mezza canonica della prima versione di Bava), questo Diabolik si perde per strada e a salvarlo o scuoterlo dal torpore ipnotico dell’intreccio non basta una ottima colonna sonora di Pivio e Aldo De Scalzi che gareggia alla grande con quella a suo tempo di Ennio Morricone, né le seducenti movenze di Miriam Leone, una Eva Kant esemplare che come meglio non si sarebbe potuto interpretare in Italia.
Non basta dunque per essere originali far recitare il resto del cast come se si rendessero le battute stereotipate delle strisce del fumetto né esibire una grande cura maniacale dei dettagli che certo non guasta. Personalmente – parliamo per noi ovviamente – ci siamo appassionati al film solo quando si arriva nella parte finale alla preparazione e al racconto del colpaccio nel Caveaux della Banca Nazionale di Ghenf da parte della coppia Diabolik/Eva Kant. Quando si passa all’azione – raccontata a lunghi tratti con un tipico modulo stilistico degli anni Sessanta-Settanta lo spit-screen – allora il film dei Manetti funziona molto meglio e prende lo spettatore. Ma a quale spettatore è indirizzato poi un film del genere così concepito e pensato, privo o quasi di mirabolanti effetti speciali che sembrano essere il necessario condimento dell’odierno cine-fumetto?
In questi giorni escono contemporaneamente o quasi Diabolik e Spider-Man: No Way Home di Jon Watts che – facile immaginarlo – è un prodotto completamente diverso (cfr. https://close-up.info/spider-man-no-way-home-di-jon-watts/). Sarà una gara dura ma non possiamo che augurare buona fortuna al botteghino ai Fratelli Manetti che in ogni caso hanno ideato un’operazione coraggiosa e controcorrente. Almeno per il nostro cinema d’autore.
In sala dal 16 dicembre 2021
Diabolik – Regia: Antonio Manetti, Marco Manetti; sceneggiatura: Michelangelo La Neve, Antonio Manetti, Marco Manetti; fotografia: Francesca Amitrano; montaggio: Federico Maria Maneschi; musica: Pivio e Aldo De Scalzi; scenografia: Noemi Marchica; costumi: Ginevra De Carolis; interpreti: Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Alessandro Roia, Serena Rossi, Claudia Gerini, Pier Giorgio Bellocchio, Roberto Citran, Luca Di Giovanni, Antonino Iuorio, Vanessa Scalera, Daniela Piperno; produzione: Carlo Macchitella, Manetti Bros. per Mompracem con Rai Cinema; origine: Italia 2020; durata: 133’; distribuzione: 01 Distribution.
