Dreams (Sex Love) di Dag Johan Haugerud

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Ormai lo possiamo dire: il cinema europeo vede assurgere nell’olimpo dei suoi autori migliori un regista che ha superato i sessant’anni, essendo nato nella provincia norvegese nel 1964. Il suo nome è Dag Johan Haugerud, e chi ancora non lo conoscesse farebbe bene a colmare questa lacuna. La sua stella ha cominciato a brillare proprio al Festival di Berlino, dove nel 2024 presentò Sex, primo titolo di una cosiddetta “trilogia delle relazioni”, che colpì subito la critica internazionale, vincendo successivamente un paio di premi importanti. Pochi mesi dopo si è ripetuto alla scorsa Mostra di Venezia dove ha presentato Love, secondo titolo della trilogia; che si è compiuta ancora alla Berlinale 2025, col titolo conclusivo: Dreams, in norvegese Drømmer con cui si è assicurato l’Orso d’oro. Una fortuna tardiva che ricorda per molti versi quella che arrise al principio degli anni ’90 ad un altro autore europeo di notevole spessore, come Krzysztof Kieślowski, che fu baciato dal successo quando era già sulla cinquantina. Prima di dedicarsi al cinema, Haugerud è stato uno stimato scrittore; dato questo assai preminente nell’accingersi ad esaminare il film di cui ci stiamo occupando, che è puro “cinema letterario”, nei molteplici sensi che tale formula può possedere. Lo è, innanzi tutto, perché celebra l’amore sconfinato della sua protagonista nei confronti della letteratura romanzesca, passione cui sono dedicate le prime scene del film che ci introducono quasi fisicamente nell’esperienza della lettura. Lo è, inoltre, perché si tratta di un cinema che affida al dialogo tra i suoi personaggi la centralità assoluta delle dinamiche relazionali che esso intende rappresentare. E infine perché il regista utilizza uno strumento narrativo peculiare come il “voice over” (o voce fuori campo), tramite il quale la giovane protagonista marca uno scarto tra quanto vediamo sullo schermo e il senso dei suoi pensieri, talvolta per confermarlo e altre volte per contraddirlo. Ecco, un film così fatto potrebbe a tutta prima apparire come quanto di più noioso e per l’appunto “letterario”, nell’accezione più negativa del termine; invece è vero l’esatto contrario: è una pellicola brillante e avvincente, che sa intercettare alcuni temi presenti nella nostra società senza mai banalizzarli. Partiamo dal plot, per esempio: Dreams narra di una adolescente di 17 anni, Johanne, che nella Oslo di oggi si innamora perdutamente della sua insegnante di francese. Una trama che avrebbe potuto adagiarsi sui più corrivi cliché della oggi imperante politically correctness, con i suoi assertivi corollari della woke-culture e gender-fluidity, che soprattutto nel mondo anglosassone, e in generale nel cosiddetto occidente, godono oggi di soverchia fortuna. Lo svolgimento del film dissemina invece la sua narrazione di svariati dubbi/contrasti/contraddizioni che rendono la vicenda affrontata, per l’appunto, scevra dal tipico dogmatismo che certe parole d’ordine etiche rischiano talvolta di assumere quando si tramutano in trend, o peggio ancora in must. Certo è eclatante l’assenza di personaggi maschili da tutta la storia, se se ne eccettuano un paio che però confermano per insipienza e inadeguatezza l’irrilevanza del maschio rispetto al centro della scena sociale che egli ha invece occupato per tanto tempo. Ma questo elemento tematico, così rappresentato, non possiede nulla di ideologico: è la precisa rilevazione socio-antropologica che un regista sensibile e colto opera riguardo a una società che sta opportunamente spingendo ai margini il “maschile” in un movimento uguale e contrario all’affermarsi delle sacrosante istanze storiche del “femminile”. Perciò Dreams, a parere di chi scrive, è un’opera eccellente: perché individua un tema centrale della contemporaneità e lo mette in scena senza sovrapporci alcun improprio sociologismo para-ideologico.
Dreams (Drømmer), film di Dag Johan Haugerud - Classicult
La protagonista: Ella Øverbye
L’altro motivo che rende il film molto apprezzabile risiede nella capacità davvero letteraria del suo autore di raccontare una storia che indaga il femminile nelle sue dinamiche dialettiche intergenerazionali. Se è vero infatti che il focus del film insiste sulla purezza abbacinante della protagonista adolescente, capace come solo gli adolescenti di percepire sentimenti tanto puri quanto squassanti; non meno importati sono i ritratti dei caratteri delle altre donne che calcano il proscenio. Principalmente sua madre, che tradisce qua e là il desiderio di coltivare mire speculative sulle supposte doti letterarie della figlia; e sua nonna, una anziana poetessa affermata che alterna orgoglio e invidia nei confronti della virtuosa nipote. Imperdibili, da questo punto di vista, le schermaglie dialettiche tra le tre generazioni di donna che esse rappresentano, portatrici ognuna di una diversa sensibilità etica, sociale e politica. Cos’era Flashdance di Adrian Lyne? Un manifesto dell’orgoglio femminile in un mondo ancora significativamente patriarcale, oppure il tradimento delle lotte di emancipazione combattute nel corso delle decadi precedenti? In questa fertile ambiguità sta la forza di una scrittura sublime, che sa unire l’arguzia della sua ispirazione all’umorismo dell’esito. Umorismo che, come ci ha insegnato Pirandello, è la più matura forma di intelligenza che possiede chi rappresenta delle storie. Orso d’oro al Festival di Berlino 2025  In sala dal 13 marzo 2025
Dreams (Sex Love) (Drømmer)Regia: Dag Johan Haugerud; soggetto e sceneggiatura: Dag Johan Haugerud; fotografia: Cecilie Semec; montaggio: Jens Christian Fodstad; scenografia: Tuva Hølmebakk; interpreti: Ella Øverbye, Selome Emnetu, Ane Dahl Torp, Anne Marit Jacobsen; produzione: Motlys; origine: Norvegia, 2024; durata: 110minuti; distribuzione: Wanted Cinema

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