Ennesimo Film Festival – Decima Edizione, i premi e le recensioni dei cortometraggi della Selezione Ufficiale.

Selezione Ufficiale

Prima Serata

Alarms, il primo corto dell’Ennesimo Film Festival, apre brutalmente la serata, come un avvertimento, quasi a voler chiarire che l’Ennesimo è certamente un festival colorato, vivace, giovane, ed allegro, ma che – dietro alla patina ludica di ospiti come i bravi Muciaccia e Manca – cela una selezione ufficiale adulta, non banale e non ruffiana, che non si tira indietro davanti a tematiche delicate e non facili. Rispetto allo scorso anno, si ha sicuramente l’impressione di un livello generale più alto, ma soprattutto colpisce la maniera in cui i cortometraggi sono intersecati: suggeriscono traiettorie multiple e offrono una trama complessa e ricca di significati da svelare ed evocare.

Nei cantieri di Alarms (Nicolas Panay, Francia) Premio Ennesima Migliore Interpretazione a Thomas Coumans, il rumore delle betoniere si fa lancinante e si tramuta in un sordo ronzio che esprime la pressione terribile a cui il protagonista è sottoposto e dalla quale non trova via d’uscita. Voto: 4 Stelle. È il primo di una ideale trilogia di corti che descrivono condizioni di alienazione e stress psichico legati al lavoro manuale esecutivo. Gli altri due sono l’americano Trapped (Sam e David Cutler-Kreutz, USA) e il canadese Mercenaire (Pier-Philippe Chevigny, Canada).

Nel primo facciamo la conoscenza di un bidello in difficoltà alle prese con un gruppetto di ragazzini americani ricchi e arroganti (al punto da risultare quasi ridicoli), che mettono in piedi uno scherzo pericoloso e costringono il janitor a collaborare con loro. Questo farà partire una curiosa sfida tra i due. Il corto ha qualcosa di bizzarro, si ha l’impressione che certi momenti siano costruiti in maniera esteticamente poco coerente, alcuni passaggi di montaggio risultano francamente fuori luogo. Ma in qualche modo si regge in piedi, ha un suo ritmo che lo rende avvincente, e una strana personalità. 3 Stelle

Leggermente meno riuscito e dal tono completamente differente è il canadese Mercenaire, in cui un ex galeotto cerca di rigare dritto e di tenersi il suo lavoro all’interno di un mattatoio, dove il grido delle bestie, il sangue e il clangore dei macchinari si impegnano a fare a pezzi la sua già precaria stabilità mentale. C’è poco, però, in questo corto dal risvolto sociale e di denuncia; c’è poco da sentire. Il racconto rimane una scansione, il dramma del protagonista non entra veramente sotto la pelle, la nuca del protagonista, ripresa insistentemente, con quel frammento di tatuaggio che racconta un passato violento, ci dice volutamente poco, ma non ci incuriosisce neppure abbastanza da volerne sapere di più. 2 Stelle

Sempre a proposito di francofonie abbiamo The Erasers (Vin Frédérick, Francia), Vincitore dell’Ennesimo premio popolare, assegnato dal pubblico, opera leggera e scanzonata in cui saliamo sulla camionetta di due addetti ai lavori stradali il cui singolare compito è quello di cancellare o coprire eventuali scritte e simboli osceni e offensivi lungo la strada del Tour de France. E così i giganteschi peni disegnati sulla strada si tramutano in enormi e colorate farfalle. Qualche bella trovata c’è, il corto si muove sempre in bilico tra una fresca comicità naif e la banalità del messaggio di fondo. Fortunatamente, resta quasi sempre al di qua – anche se di poco – della sbrodolina di buoni sentimenti, che viene arginata dall’ironia di uno dei due protagonisti. A un certo punto, però, le onnipresenti farfalle, utilizzate come simbolo di gioiosa forza benevola, cominciano a farsi stucchevoli. Voto 3 ½ Stelle

Proseguiamo la spola Francia-America e andiamo a parlare di Tea (Blake Winston Rice, USA), che comincia in maniera assolutamente ipnotica: un ragazzo tenta un approccio di conversazione davanti a una telecamera. Il montaggio, la composizione, la musica rendono il tutto sin da subito estremamente affascinante e aperto a innumerevoli possibilità – nessuna delle quali verrà sfruttata, perché poi il corto prenderà un’altra strada, meno interessante e delude un poco. Voto 2 ½ Stelle

Andiamo dalle parti delle lande desolate irlandesi con atmosfere che ricordano Gli spiriti dell’isola, per Three Keelings (Oliver McGoldrick, Regno Unito/Irlanda/USA), dove una compagnia funebre pagata per piangere i morti ai funerali esprime la sua sofferenza attraverso uno dei protagonisti. Il film ha un’atmosfera impareggiabile; la vicenda, purtroppo, rimane abbozzata sia nella psicologia che negli affondi emotivi. Voto 2 ½ Stelle

Parliamo di Alzheimer con Paris 70 (Dani Feixas, Spagna), Vincitore del Premio Artemisia, ma ne parliamo con poco entusiasmo, dato che il corto è uno dei meno interessanti visti. Il punto è proprio che l’Alzheimer è una malattia che ormai non può più essere raccontata secondo uno schema melodrammatico convenzionale, in cui c’è il malato che parla al figlio e poi ripete nuovamente le stesse cose perché se le è dimenticate, e il figlio sorride e soffre in silenzio. Tutto questo, anche se fa riferimento a una storia autobiografica, non fa più l’effetto che dovrebbe. Non dopo che il mondo ha visto opere come The Father di Florian Zeller, e soprattutto Vortex.di Gaspar Noé, che rimane la vera grande opera contemporanea sull’Alzheimer Voto 2 Stelle

Veniamo presi di forza e tirati a bordo del treno di The Man Who Could Not Remain Silent (Nebojsa Slijepcevic, Croazia/Francia), dove alcuni militari effettuano controlli molto severi sui passeggeri. La tensione si alza quando uno di loro si presenta come ex ufficiale in pensione e decide di non stare al suo posto ma di ribellarsi. Ottimo studio analitico del volto, azzeccate atmosfere e interessanti sfumature e aberrazioni cromatiche lo rendono uno dei corti più convincenti. Voto 3 ½ Stelle

Punter

Ultimo corto della prima serata – e anche in questo caso uno dei più riusciti – è Punter (Jason Adam Maselle, USA/Sud Africa), un padre con il vizio del gioco e un figlio che vorrebbe solo festeggiarne il compleanno, e per farlo aveva deciso di comprargli una torta. Le dinamiche tra padre e figlio sono così taglienti ed efficaci nel far capire subito chi dei due sia in realtà l’adulto, e chi dovrà sobbarcarsi la responsabilità e le conseguenze del trauma psichico, al punto che per poter voler bene a suo padre, il figlio dovrà continuare a pagare un prezzo altissimo. Il corto suggerisce con finezza come, lentamente e senza alcuna consapevolezza, il figlio inizi a trasformarsi proprio nel momento in cui riceve approvazione dal padre per comportamenti irresponsabili. Di quella metamorfosi non vedremo l’esito, ma ne intuiamo chiaramente la direzione. Prodotto da Spike Lee. Voto 4 Stelle

Seconda Serata

Qualcosa cambia nella seconda serata: il livello qualitativo si alza ancora, i corti acquisiscono una strana solennità. I toni si fanno meno chiassosi, più marziali, cupi, ipnotici. L’ordine stesso con cui i film sono presentati ha qualcosa di diabolico: un’apparente quiete iniziale lascia il campo al rombo di un oceano nero e minaccioso, che culminerà con opere come Roundabout e Sept Fois.

La serata parte con The Distance Between Us (Léo Fontaine, Francia) segue la mattinata di una donna, tra treni, metropolitane, autobus, controllori, fino al suo punto d’arrivo e destinazione ultima – che scopriremo solo nel finale. Anche qui, un’apertura non banale e piuttosto coraggiosa. Voto 3 Stelle

Segue subito il contrappunto con la pseudocommedia Die Letze Wette (Meike Wustenberg, Austria), in cui una coppia di anziani dialoga con la morte imminente attraverso innocenti scherzi di cattivo gusto, con i quali si proteggono e si preparano. Un finale diverso lo avrebbe reso ancora più interessante, ma già così com’è è un ottimo corto. Voto 3 Stelle

Nel Kosovo di On the Way (Samir Karahoda, Kosovo), invece, il ritiro di un premio si trasforma in una metafora kafkiana dell’attesa e dello sberleffo, amaro e derisorio nella sua semplicità, ambientato all’interno di un’atmosfera costantemente crepuscolare, marginale e quasi aliena. 3 Stelle

Una stanza di obitorio, un cadavere, due medici, la vedova ed un pesante dilemma morale: Chicken Broth Soup (Deniz Buyukkirli, Turchia) Vince il premio della critica, che forse potevano meritarsi maggiormente altri cortometraggi (Roundabout su tutti). Ma tutto sommato non ci dispiace l’assegnazione di questo premio, se non altro per il rilievo dato alla tematica trattata. Il corto avrebbe avuto maggiore interesse con un grado di ambiguità superiore: diciamo che gli manca completamente una dimensione per poter raggiungere quell’incertezza di sguardo che avrebbe reso la visione più partecipata e interessante. 2 ½ Stelle

Ora veniamo agli assi, quelle due o tre perle che si imprimono nell’inconscio e che ti porti a casa, più vivide di tutto il resto. Accadde l’anno scorso con Beautiful Men di Nicolas Keppens e A Dead Marriage di Michal Toczek.

I corti che si elevano ed entrano in quella categoria sono, a nostro parere, Roundabout (Jack Auen e Kevin Walker, USA) e Sept Fois (Christine Wiederkehr, Svizzera).

Roundabout è un oggetto misteriosissimo e affascinante, che si aggira sinuoso attorno alle periferie della percezione e va a toccare delle corde inconsce che generalmente sono le più difficili da raggiungere. Pochissimi cineasti riescono a produrre un’immersione profonda in quell’universo “altro” in cui gli accadimenti sono chiari e assolutamente inaccessibili allo stesso tempo. David Lynch è uno di questi. Raccontare questo cortometraggio è molto semplice: Rose ha 85 anni e sta guidando per andare a casa. Non accade altro, eppure la visione è talmente magnetica e stratificata nel tempo – grazie a piccoli elementi inseriti, apparentemente insignificanti – da lasciare una sensazione finale di profondo ed inesplicabile sconcerto. 5 Stelle

 

Sept Fois

Sept Fois, vincitore meritatissimo del Festival di quest’anno, prende il titolo dal fatto che un minore vittima di abuso deve chiedere aiuto mediamente ben sette volte prima di essere preso sul serio. Vediamo un curioso dialogo tra un ragazzino e una giovane, attraverso il quale, improvvisamente, grazie a un’unica battuta detta dal bambino con estrema naturalezza, veniamo condotti in un luogo buio dove non avremmo mai voluto ritrovarci. E una volta lì, una volta realizzata l’aberrazione che è stata impressa nell’inconscio di quel bambino – che ne ignora del tutto il significato – ci sentiamo persi, disorientati e privi di difese. Perché, purtroppo, è proprio dietro l’universale bisogno di amore e riconoscimento che si nasconde la minaccia più grande. 5 Stelle

A questo straordinario binomio dobbiamo assolutamente aggiungere l’unico italiano in selezione, che a nostro avviso è sicuramente il corto più divertente e geniale tra le (poche) commedie: Superbi (Nikola Brunelli, Italia). Ci porta nel misterioso mondo occulto della tradizione dell’oliva ascolana, difesa da una setta che vede minacciata l’integrità della propria ricetta dall’apertura di un locale dove – si dice – le olive ascolane siano buonissime, ma, udite udite, sono preparate da uno straniero. Eresia. 5 Stelle

Questi tre cortometraggi sono assolutamente imperdibili: cercateli, trovateli, guardateli.

Non manca l’animazione neppure quest’anno, con The Creators, breve ma efficace nella sua visionaria sobrietà. 3 Stelle

Vincitore miglior interpretazione femminile: Favours (Agnes Skonare, Svezia), ci obbliga a seguire questa donna che vaga con un bambino, cercando disperatamente di appiopparlo qua e là. Non ci è sembrato contenesse elementi sufficienti per poter stare in piedi così com’è, e neppure l’interpretazione la ricordiamo con particolare trasporto, a differenza di quella di Thomas Coumans in Alarms, 2 Stelle

Non abbiamo seguito del tutto l’ordine, ma ora parliamo di Complications (Ivar Aase, Norvegia), il corto che ha chiuso la serata. L’idea non è nuova, ma è realizzata con uno sguardo affettuoso e un piglio fresco che abbiamo apprezzato: una giovane mistress e il suo sex slave a pagamento si ritrovano costretti a uscire dai loro ruoli prestabiliti ed entrare in una dinamica umana e reale. Già, perché il povero cristo, mentre subisce appassionatamente gli insulti della sua musa, stramazza a terra vittima di un infarto. La ragazza, dall’altra parte dello schermo, è l’unica che può fare qualcosa per lui. 3 Stelle

Gli altri premi

Premio Giovani: Freelance (l’ammazzadraghi) di Luciano Mugnoz Sessarago, Magnus Moeller, Peter Smith.
Ennesimo Comix Award: Freelance (l’ammazzadraghi) di Luciano Mugnoz Sessarago, Magnus Moeller, Peter Smith.
Premio Città di Fiorano – selezione Affari di Famiglia: Two for the roads di Lochlainn McKenna.
Premio Fuorifuoco: Hit and repeat di Oliver Theurillat, Dandelions girl di Azadeh Masihzadeh.
Premio Visioni Sarde: S’Ozzastru di Carolina Melis.

L’Ennesimo Film Festival cammina sulle gambe del suo staff, affiatatissimo ed impeccabile, ma continua ad avere nell’energia dei tre fondatori la propria direzione e identità: Federica Ferro, direttrice artistica, Mirco Marmiroli, responsabile della selezione, e Federico Ferrari, i tre negli anni si sono avvicendati nei ruoli chiave e restano tuttora il cuore del progetto.
Un ringraziamento sincero a tutto il team che ci ha accolto e accompagnato durante il festival. In particolare, per l’hospitality e l’ufficio stampa, grazie a Ernesto Bossù e Lara Melegari.
Si chiude qui il resoconto della selezione ufficiale, nei prossimi giorni vi racconteremo delle sezioni collaterali, dei talk, dei workshop, e di chi abbiamo intervistato in questi tre giorni di Ennesimo Film Festival.

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