Fallout di Geneva Robertson-Dvoret e Graham Wagner

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Nel 1998, lo sceneggiatore Brent. V. Fieldman scrisse, per conto di Interplay Films, la divisione filmica della software house di proprietà dei creatori di Fallout, una sceneggiatura per un adattamento cinematografico del videogame.

E fortunatamente non se ne fece nulla.

Quando, anni dopo, Todd Howard (direttore di Bethesda) e Jonathan Nolan si incontrarono per un pranzo, che si concluse con una stretta di mano e fece partire il progetto di cui parliamo oggi, entrambi erano perfettamente d’accordo sul fatto che Fallout doveva essere una serie tv: una lore così enorme ed enciclopedica non avrebbe avuto minimamente modo di esprimersi nelle due o tre ore previste per un lungometraggio.

E così, dopo The Witcher e The Last Of Us, un’altra grande saga videoludica riceve il suo adattamento nell’universo delle serie TV: Fallout, uno dei più iconici videogiochi di tutti i tempi, ambientato in un pianeta post atomico dove la superficie è ridotta ad una wasteland in balìa di mercenari ed aberrazioni genetiche, in cui un’umanità privilegiata vive in enormi container sotterranei, chiamati “vaults”, separati uno dall’altro per scongiurare il pericolo di radiazioni, questi peculiari container sotterranei, culle che tendono maldestramente a ricreare un ambiente in cui regna un positivismo fanatico, sono abitati ormai da generazioni che non hanno mai visto la superficie.

Ciò che connota fortemente la saga videoludica, e che, lo diciamo subito, è stato perfettamente riprodotto in questa serie tv (e per la quale è stato dedicato gran parte del budget) è la peculiare atmosfera che permea l’universo, un setting retro-futuristico con elementi fortemente nostalgici appartenenti ad un’estetica anni ’50, accompagnati da tecnologie robotiche ultra-avanzate. Quella di Fallout è una società idilliaca in cui l’energia atomica non è un’arma, ma una fonte di energia quasi illimitata. Una società che cita la cultura del dopoguerra degli Stati Uniti degli anni ’50, sorridente ed estasiata: Il sogno americano impresso a forza da motivetti spensierati, arredamenti, una rassicurante voce radiofonica, tutto questo crea un contrasto straordinario con la desolazione, la violenza, la brutalità, la rovina ed il degrado del paesaggio esterno. Una contrapposizione che si tramuta in cifra stilistica, ed è uno degli elementi che ha reso Fallout una delle saghe più riconoscibili di sempre.

L’altro elemento distintivo dell’universo creato da Tim Cain e Leonard Boyarsky, è quel mix di tono che il racconto e i dialoghi devono possedere per catturare l’essenza della saga: un doppio registro che accompagna una narrazione cruda a tutta una serie di dettagli deliranti, e creano un unicum assolutamente originale, il cui grande sottotesto è composto dagli advert e dai prodotti della cultura del Vault, fatta di persone sorridenti, accessori dall’estetica retrò, voci registrate di robot domestici, rassicuranti a tal punto da risultare demenziali. Il leggendario Kyle Mcleehan, che in Fallout interpreta Hank MacLean, il padre della protagonista, in un’intervista cita proprio la goffa comicità dei personaggi e delle situazioni tra i suoi elementi preferiti, in quanto li sente particolarmente affini al suo modo di essere (e sicuramente il suo agente Dale Cooper in Twin Peaks possedeva una dose di eccentricità non indifferente).

Da questi punti di vista, l’adattamento di Fallout conserva lo spirito tematico dei videogiochi: una distopica satira dark di come le persone negli anni ’50 immaginavano il futuro.

È da Fallout 3 (il videogame) che il cinema entra prepotentemente nel codice visivo videoludico, un linguaggio fatto principalmente di piani sequenza e movimenti di camera lenti che passano dal dettaglio al campo lungo. La serie tv ripropone e raffina la cifra del videogioco, facendo dei  movimenti di camera uno dei punti di forza.

I primi tre episodi sono diretti da Jonathan Nolan, fratello di Christopher. Jonathan conosceva bene il materiale con cui aveva a che fare: racconta di essere rimasto completamente ipnotizzato da Fallout 3, quando vi giocò all’epoca, “quelli erano gli anni in cui ho notato che la narrazione dei videogiochi era diventata per molti versi più ambiziosa, più all’avanguardia, rispetto al cinema o alla televisione” citando come altri esempi Half Life, Portal, e Bioshock.

Westworld, una celebre serie tv creata sempre dal nostro Jonathan Nolan (assieme ad un altro nome che torna anche qui come producer: Lisa Joy) aveva diversi punti in comune con Fallout, a partire dalla tematica e da riferimenti come Bioshock, Red Dead Redemption, Skyrim, e al cinema di Sergio Leone. In particolare, il personaggio di Ed Harris, aka William, l’uomo in nero, in Westworld, ricorda molto da vicino il Ghoul di Fallout. Speriamo che le similitudini si fermino qui, non vogliamo augurare a Fallout la fine di Westworld, che è passata dall’essere una delle più grandi serie tv di tutti i tempi a diventare, dopo la seconda stagione, letteralmente una barzelletta.

I personaggi principali della serie sono tre, ben caratterizzati, ognuno con una personalità interessante ed abbastanza sfaccettata, è doveroso rendere merito a Geneva Robertson-Dvoret e a Graham Wagner, sceneggiatori e showrunners, per essere riusciti a delineare tre personalità che, nonostante ripropongano senza dubbio elementi già visti, risultano sufficientemente vitali ed amabili. Insomma, grazie al cielo questi tre sono simpatici, qualità sempre più difficile da trovare nelle serie TV americane, sempre più infestate da personaggi mediocri, piatti, ridicolmente seri o eccessivamente farseschi.

Ella Purnell, il cui ultimo ruolo degno di nota al cinema è stato come co-protagonista nel deludente Army of the Dead (dove non ha certo brillato), interpreta Lucy MacLeahn, una residente del Vault 33, che deve abbandonare per ritrovare il padre a seguito di una “razzia” da parte degli esterni. Ingenua e dalla morale candida, si ritrova a muoversi in un mondo ostile e brutale dove vige la legge del più forte. Poi abbiamo Aaron Moten, che interpreta Maximus, uno scudiero appartenente all’esercito della liberazione, in lui convivono vigliaccheria e buon cuore, la sua ingenuità gli impedisce di cedere alla meschinità a tutto tondo, cosa che invece fa più che volentieri il terzo personaggio: Cooper Howard, alias il Ghoul, un cacciatore di taglie (Walton Goggins) la cui complessità è ancora tutta da svelare, perché il suo presente si intreccia con una backstory in cui vediamo un personaggio completamente differente dal cowboy violento, cinico e temuto che si aggira sulla superficie. Goggins infonde un’allure magnifica al suo personaggio, che è sicuramente il più emblematico della serie. L’attore fu il primo ad essere scritturato ed in assoluto il primo nome a cui gli autori hanno pensato quando hanno cominciato a scrivere la sceneggiatura.

Cooper Howard  (il Ghoul)

Al personaggio di Cooper Howard si adatta benissimo, guarda caso, la famosa battuta di Harvey DentEither you die or you live long enough to see yourself become the villain” di The Dark Knight scritta proprio Jonathan Nolan (che, ricordiamo, è stato ideatore ed autore di Memento e co-sceneggiatore di tutti i film del fratello fino ad Interstellar di recente riuscito in sala).

Dobbiamo citare però anche gli altri interpreti, perché è evidente l’accurato lavoro di casting che è stato svolto, tutti gli attori sono perfettamente in parte, a cominciare da Norm, fratello di Lucy (Moises Arias), l’improbabile coppia composta da Chet (Dave Register) e Stephanie (Annabel O’Hagan), il grande Michael Cristofer (Mr.Robot) nei panni dell’anziano leader della fratellanza, e l’indimenticato Michael Emerson, che non vedevo dai gloriosi tempi del suo Ben Linus in Lost.

La vicenda è ambientata nell’universo di Fallout, ma non contiene riferimenti espliciti o diretti a nessuno dei capitoli videoludici. Saggia decisione, nonostante la trama dei vari capitoli di Fallout si attestasse sempre su livelli di eccellenza, sarebbe stato eccessivamente rischioso fare riferimento direttamente ad uno di essi per la serie tv. A differenza di un prodotto come The Last Of Us, la cui connotazione ambientale generica e la scarsa personalità del materiale di partenza hanno reso, per forza di cose, la sua trasposizione fortemente legata alla vicenda originale, Fallout, essendo un GDR meno lineare e narrativo in senso filmico, contiene un’essenza che sta nel tono dei dialoghi e nel setting, più che nelle vicende, questi elementi, assieme ad una forte ruinenlust, sono ciò che lo contraddistinguono.

Potremmo proseguire a lungo enumerando i minuziosi dettagli a cui è stata riservata particolare cura, le citazioni e i riferimenti a personaggi, le invenzioni visive, gli omaggi e gli easter egg, ma quel che vi serve sapere è solamente che Fallout è una serie Tv da non perdere, che conosciate o meno il videogioco.

Nota a margine: E’ abbastanza evidente che stiamo assistendo all’inaugurazione di una gloriosa (speriamo) era di serie TV tratte da saghe videoludico dall’ampio respiro narrativo o dalla forte connotazione visiva.

War never changes, era la frase di apertura del video introduttivo di Fallot 4, ripresa più volte anche dalla serie tv.

War, war has changed era, invece, la frase di apertura del video introduttivo di Metal Gear 4.

Che i tempi siano maturi per una serie TV tratta dal capolavoro di Hideo Kojima? Meglio non pensarci troppo: la saga di Metal Gear è già talmente cinematografica e complessa che non siamo sicuri in che modo una trasposizione possa rendergli giustizia, e del film con Oscar Isaac,  in lavorazione da 16 anni, si sa ancora ben poco.

Ma sono tante quelle che meriterebbero un adattamento, a partire dalla leggendaria The Elder Scrolls, e poi Borderlands, GTA, Red Dead Redemption, Half Life, Metro 2033, God Of War, Mass Effect…

Per ora, godetevi Fallout.

Su Amazon Prime


Fallout– Showrunners: Geneva Robertson-Dworet; Graham Wagner; regia: Jonathan Nolan, Daniel Gray Longino, Clare Kilner, Frederick E.O. Toye, Wayne Yip  montaggio: Ali Comperchio; fotografia: Stuart Dryburgh, Teodoro Maniaci; cast: Ella Purnell, Aaron Molten, Walton Goggins, Moises Arias, Zach Cherry, Dave Register, Michael Cristofer,  Annabel O’Hagan; produzione: Kilter Films, Big Indie Pictures, Bethesda Game Studios, Amazon MGM Studios; durata: 45–74 minuti; origine: Stati Uniti, 2024; distribuzione: Amazon Prime Video.

 

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