Festa del Cinema di Roma: L’art d’être hereux di Stefan Libenski (Concorso)

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Jean-Yves Machond è un uomo vestito di nero in una bianca casa vuota che risponde a un intervistatore che non c’è. Parla del suo lavoro d’arte, di come concepisce la creatività, fa citazioni colte e si compiace da solo. È un artista concettuale in crisi, che blatera molto e conclude poco, che deve dare una svolta alla sua vita solitaria. Esce dall’appartamento, mette due ultime poltrone nel camion dei trasportatori ed è pronto a partire. Due studenti vengono a salutarlo e gli regalano una scatola di cioccolatini dicendogli che è stato il loro professore preferito. L’uomo è commosso, vanitoso. Chiede da dove vengano i cioccolatini. Dalla pasticceria. Ma no, da quale paese? E si mette a concionare delle diversità  di cacao prodotto in differenti parti del mondo. Si saluta coi ragazzi e si mette alla guida della sua macchina d’epoca fino alla Normandia, precisamente a Etretat, località nota per i paesaggi spettacolari dipinti dal re degli impressionisti, Claude Monet. Si traferisce in una buffa costruzione tonda a un piano, che non poggia su fondamenta, su una scogliera di fronte a un panorama di mare infinito. Nel prato sottostante vede un pittore barbuto con la tela poggiata al cavalletto in mezzo alla natura. In maniera scortese gli dice che quella ora è proprietà privata, che non può stare lì. L’altro, che si chiama Bagnoule, è bonario e cordiale, la mette subito sul cameratesco – tra artisti ci si intende – stempera le rigidità di Machond e lo coinvolge nella vita sociale del luogo invitandolo a un vernissage il giorno dopo.

Alla mostra Machond arriva in anticipo, l’artista sta ancora allestendo e lo manda via, in un bar ordina un cocktail sebbene gli venga detto che non è l’ora dell’aperitivo e, dunque, non verranno serviti snack olive o salatini. Ordina un “Cielo Blu” e si ritrova davanti a un flûte pieno di liquido blu che emette scintille come a capodanno: è imbevibile. Dietro alla sala incontra una ragazza che dipinge di blu pietre raccolte sulla spiaggia, parla anche con lei. Alla inaugurazione commette gaffe con la seducente gallerista Cécile, espone teorie strampalate sul senso dell’arte, ciò nonostante viene invitato alla festa post opening.

Nel giro di pochi giorni Machond intesse una rete di socialità che colora le sue giornate. Frequenta con Bagnoule dei pomeriggi di pittura collettiva con una modella che posa nuda per farsi ritrarre. Machond non nasce pittore, quando gli chiedono se lo è risponde che è più complicato di così, per lui dipingere dal vivo è una sfida nuova, affrontata con la solita spocchia che, sotto sotto, nasconde insicurezza. La modella gli si avvicina e davanti alla tela chiede il perché di una zona sfocata attorno al sesso. Machond rigira la frittata chiedendo a lei se è sicura di appartenere al genere femminile, che il sesso non è scontato come si pensi.

Benoît Poelvoorde

Nella finestra della sua casa strampalata vede un riccio che lo ispira esteticamente, si mette a fare dei carboncini neri che rappresentano l’animale ma, ci tiene a specificare, travalica il soggetto attraverso la serialità, restituisce ai quadri una artisticità attraverso l’atto del riprodurli.

La casa cade a pezzi, un giorno tutto trema: è scivolata verso il precipizio. Machond si ritrova a chiedere aiuto. La comunità che lo ha accolto a braccia aperte continua a toglierlo dai guai. In breve tempo l’uomo si ritrova ad andare a cene buffe, a bere e a mangiare in allegra compagnia, messo in mezzo in situazioni impreviste. Fa amicizia con Bagnoule, un uomo all’apparenza molto lontano da lui. Si fa fare i lavori da Le Homet, un artista che non si capisce se è un uomo o una donna. Parla di arte con Deborah, la giovane ragazza che ruba le pietre e le colora. Si invaghisce della gallerista chic che lo abbindola e ci gioca come fosse uno yo-yo.

Con una lievità che ben si addice al genere di commedia L’art d’être hereux affronta temi come la solitudine, il senso di comunità, il raggiungimento del successo, la possibilità di essere felici in maniera semplice: i personaggi sono delicatamente comici nella loro umanità, le relazioni sono facilitate dall’aria di mare ma sono improntate a un grado di verità che è difficile da raggiungere senza svelarsi.

Machond, hai visto, la bellezza non è finita – dice Bagnoule guardando il gabbiano che vola nel cielo come nei quadri del grande maestro impressionista. Voilà.


L’art d’être hereux – Regia: Stefan Libenski; sceneggiatura: Stefan Libenski, Jean-Philippe Delhomme; fotografia: Hichame Alaouie; montaggio: Frédérique Broos; interpreti: Camille Cottin, Benoît Poelvoorde, François Damiens, Gistave Kervern, Frédéric Clou; produzione: Artémis Productions, Le Bureau; origine: Belgio, Francia, 2024; durata: 109’; distribuzione: I Wonder Pictures.

 

 

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