Un sipario viene aperto violentemente mentre una voce femminile grida. Dentro una casa che affaccia su un giardino in camicia da notte una donna si dimena scappando da chi vuole acchiapparla. La fuga è come una danza: le braccia vanno in alto, poi si allargano, si aggrappano alle tende, una giravolta, arrivano rinforzi, tre infermieri, un compagno e una figlia, in cinque cercano di intercettare la donna dai capelli grigi lunghi fino alla schiena che, come una menade danzante, si contorce preda a delirio o dolore non si sa. In ospedale il compagno dichiara il suo amore per la moglie in ogni caso, ad ogni modo, con o senza denti (la donna durante la crisi aveva perso la dentiera). Tornando a casa la donna confessa al marito: Voglio andare in Svizzera. È tutto chiaro.
Il prologo di Polvo serán (letteralmente Saranno polvere) mette in scena tutti gli elementi con cui continuerà a giocare per l’intera durata il film: la malattia senza il dolore, l’amore tra due protagonisti anziani, la creatività come luogo di salvezza. Claudia e Flavio sono una coppia di artisti: ex ballerina e attrice lei, regista teatrale lui. Hanno lavorato insieme, vissuto insieme, creato insieme. Sono quel che si dice una coppia fusionale: tutto ciò che è fuori resta fuori. Da questo rapporto i figli si sentono esclusi: Violeta, figlia di entrambi, al peggiorare della malattia materna è tornata di corsa a vivere con loro; Lea, figlia solo di Claudia, se n’è andata lontano, in un’altra città, perché si sentiva soffocare dalla personalità enorme della madre; Manuel, figlio solo di Flavio, ammette di aver capito presto che il centro della loro esistenza erano sempre e solo loro due come coppia. Si parla tanto, si scandagliano gli interstizi, si sondano le frequenze emotive, si cerca di comprendere andando a fondo, senza paura. Si ascolta molta musica, con il suo potere curativo (Violeta vuole smettere di essere concertista pianista per intraprendere un percorso di insegnamento e di musicoterapia: la madre la sbeffeggia). Si balla per toccarsi, per scambiarsi. Si mettono in scena spettacolini di teatro con i nipoti.
La cultura è parte integrante della famiglia e del loro approccio al mondo. Claudia si chiede che sapore avrà la medicina letale in Svizzera, se somiglierà a un farmaco che le causava giramenti di testa allucinatori che amava. Cerca di dissuadere Flavio dal volerla seguire nella morte: ci sono ancora i figli con cui passare del tempo, da vedere evolvere nella vita. Ma l’uomo teme più di ogni altra cosa la sua vita senza di lei, non ha il coraggio di proseguire da solo.
Come fai a rinunciare a tutto questo? dice Claudia dopo che hanno fatto l’amore.
A cosa?
Al sesso, al caffè la mattina, a conoscere montagne nuove.
Lui non risponde.
Lei provoca, incalzante: Io continuerei a vivere senza di te.
Flavio la insulta e poi si giustifica, sempre innamorato: Avresti potuto mentirmi una volta nella vita.
Il personaggio di Claudia ha una integrità perfetta, vuole andare via senza dare pena e senza sofferenza, da protagonista come è sempre stata. Flavio sceglie di seguirla per amore, sebbene potrebbe vivere ancora. È una scelta libera e potente, che spaventa tutti. Per parlarne con i tre figli i due decidono di fare una festa e sposarsi. Viaggio di nozze in Svizzera. Violeta non si dà pace, vuole andare con loro, vuole togliersi la vita anche lei. Al brindisi racconta il piano dei genitori ai fratelli e a tutti i presenti: a morte agli sposi! Solo Claudia applaude.
Il film è diviso in tre atti, come una pièce teatrale. Il tono non è mai tragico, mai pietistico, mai insistito nonostante si parli di suicidio assistito: anche l’azione finale della morte è raccontata in maniera pulita, come una scelta di autodeterminazione personale. Il tema è alleggerito da scene di danza contemporanea in cui Claudia balla libera e sana: in autobus, in giardino, durante lo spettacolo di teatro (la scena più ricca nei costumi e nelle coreografie geometriche da caleidoscopio, palese omaggio ai film americani anni Trenta con Ginger Rogers e Fred Astaire), alle pompe funebri. Gli inserti musicali sono cantati dalla compositrice catalana Maria Arnal e coreografati da Marcos Morau, direttore della compagnia di danza “La Veronal”.
Angela Molina e Alfredo Castro incarnano perfettamente i protagonisti: ci incatenano con loro al letto, che sia di ospedale, talamo amoroso, giaciglio mortale. Due interpretazioni che lasciano il segno. Un film coraggioso e felice, profondo senza mai diventare angoscioso, bilanciato senza abbracciare una tesi, ben scritto, laico, ineccepibile.
Polvo serán; Regia: Carlos Marués-Marcet; sceneggiatura: Carlos Marués-Marcet, Clara Roquet, Coral Cruz; fotografia: Gabriel Sandru; montaggio: Chiara Dainese; musica: Maria Arnal; interpreti: Ángela Molina, Alfredo Castro, Mònica Almirall, Patricia Bargalló, Alváb Prado;produzione: Lastor Media, Kino Produzioni, Alina film; origine: Spagna/ Svizzera/ Italia, 2024; durata: 107 minuti.