Festa del Cinema di Roma: Vita da Carlo 3 di Carlo Verdone (Puntate 1-4)

L’antipasto è gustoso, ma abbiamo la sensazione che il meglio arrivi dopo. Carlo Verdone ha presentato in anteprima quattro episodi di Vita da Carlo 3, ovvero la nuova stagione della serie vagamente autobiografica da sabato 16 novembre su Paramount+. La formula ha funzionato, considerando che tra pochi giorni l’attore e regista romano comincerà le riprese del quarto ciclo, sempre prodotto da Aurelio De Laurentiis.
Più che nelle precedenti due, quest’altra cavalcata nella vita reale/immaginaria di Verdone si colora di una riflessione malinconica sull’esistenza di un attore famoso alle prese con l’età (oggi 73 anni), il che non significa che manchino momenti, anche parecchi, di notevole spasso. Scritte con Pasquale Plastino e Luca Mastrogiovanni, dirette da Valerio Vestoso e dallo stesso Verdone (mi pare tre), questi dieci episodi di breve durata, tra i 24 e i 32 minuti, restituiscono fedelmente una certa “filosofia” verdoniana, del resto riassunta in una frase sussurrata dal protagonista: “Aveva ragione mio padre. Nella vita si può fare bene solo una cosa, quella per la quale sei conosciuto e apprezzato. Il resto, se fallisci, è solo vanità e presunzione”.
S’intende che in Vita da Carlo 3 succede altrimenti, anche se si approderà, pare di capire, proprio a quella considerazione, tra esistenziale e professionale, che fu cara al poliedrico prof. Mario Verdone.
Lo spunto? Verdone, dopo aver portato a teatro lo spettacolo Il pedinatore degli italiani siglato da una sua poesia su Roma, non sa più bene a che cosa dedicarsi. Così decide di indire una conferenza stampa per fare il grande annuncio. Della serie: “Arriva un momento in cui il libro si apre e il libro si chiude. Diciamo che Carlo Verdone lascia il cinema. Non sono sicuro, sono strasicuro”.
Ma nel frattempo la Rai gli ha offerto di pilotare il Festival di Sanremo e lui, incuriosito dalla sfida, dice di sì, forse  sottovalutando i guai che l’aspettano nella messa a punto del più gettonato Rito Nazionale.
Naturalmente fatti personali e familiari s’intrecceranno di nuovo col cimento artistico, insomma con la ricerca di una nuova formula sanremese che dia spazio ai nuovi talenti e introduca un tocco di sobrietà nella kermesse televisiva.

Direi che Verdone, il cui ultimo film Si vive una volta sola neanche uscì nelle sale causa Covid, si sia affezionato alla narrazione distesa della miniserie, benché qualcuno abbia parlato di ripiego. Immagino che anche per lui non sia più così facile misurarsi con il pubblico cinematografico, mutato nel tempo; ma Vita da Carlo, nel suo insieme, mi pare una ragionevole alternativa: i temi restano più o meno gli stessi, l’autobiografismo è un pretesto per riprendere il discorso, alla luce dell’età non più verde, delle strettoie esistenziali, dei pensieri che affiorano di notte, soprattutto del complesso rapporto con il mondo femminile.
“Io le donne proprio non le capisco: alzo bandiera bianca” confessa non a caso Verdone in una scena. E credo che il personaggio, nel dirlo, lasci spazio alla persona nel resoconto delle peripezie: spesso buffe o tragicomiche, s’intende destinate a movimentare le giornate di un uomo – asfissiato, strattonato – che in fondo ambirebbe solo a un’esistenza tranquilla. Sta qui, da sempre, la cifra “malincomica” di Verdone nel confronto con un universo femminile che gli incute paura e insieme l’attrae.
Mi pare inutile rivelare gli eventi che scandiscono le quattro puntate mostrate in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
Diciamo, per sommi capi, che Verdone, imbrigliato nelle fatiche sanremesi, deve fare i conti con la pazzoide Sofia, l’ex moglie Sandra, la figlia Maddalena incapace di gestire maternità e lavoro, una baby-sitter spagnola dalla doppia vita, la fedele governante affetta da un vizio costoso, un’imprevedibile conduttrice radiofonica pure cleptomane, l’ambigua dirigente della Rai, una squinternata che dà a tutti del “rettiliano” eccetera. Solo per restare al versante muliebre.
Molte le conferme: da Caterina De Angelis ad Antonio Bannò, da Maria Paiato a Stefania Rocca e Monica Guerritore; mentre tra le new entries ci sono Maccio Capatonda, Aida Flix, Giovanni Esposito, Demetra Bellino, Mascia Musy, più un folto numero di amici nel ruolo di sé stessi: Lucio Corsi, Ema Stokholma, Serena Dandini, Gianni Morandi, Roberto D’Agostino, Zucchero, Nino D’Angelo, Betty Senatore, Gianna Nannini (come l’Anthony Perkins di Psyco). Compaiono brevemente anche Ernesto Assante e Luis Molteni, salutati con un “ciao” sui titoli di coda: poco dopo le riprese purtroppo se ne sono andati entrambi.
Ps. Il bel blues in accordi minori che risuona nella prima puntata si chiama Ordinary Madness”, canta e svisa Walter Trout.

Su Paramount+ dal 16 novembre.

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