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Voto
Eberswalde, 55 km a nord di Berlino, si trova nel Brandeburgo, nella ex Germania Democratica, e conta poco più di 40.000 abitanti. Tanto per avere un’idea: alle ultime elezioni, quelle di un mesetto fa, a Eberswalde il primo partito era la AfD, il partito di estrema destra, con più del 31% dei voti, seguito dalla Linke al 16%, a seguire la SPD (14%) e la CDU (13%). Lì la giovane regista di origine giordana Rand Beiruty (a Venezia l’anno scorso si era visto e apprezzato un suo cortometraggio d’animazione dal titolo Shadows) ha ideato e ambientato un esperimento filmico-pedagogico, di quelli che in tedesco si chiamano Langzeitstudien, ovvero una osservazione di lungo periodo incentrata su un gruppo di giovani donne di varie etnie, per lo più arabe, per lo più provenienti dalla Siria, da cui, notoriamente, nel 2015 sono arrivati centinaia di migliaia di profughi, accolti fra mille polemiche da Angela Merkel.
La regista, essa stessa migrante, si mette in gioco in prima persona, facendosi riprendere, rompendo di continuo la finzione, e filmando nei più diversi contesti queste ragazze nell’arco di un periodo di quattro anni (2019-2022) che comprende, fra l’altro, anche gli anni del Covid, tutte date che vengono puntualmente indicati in sovrimpressione. Il film, che intuiamo il precipitato di una quantità ben più ampia di materiale, si concentra, fra le altre cose, sul ruolo delle ragazze all’interno di famiglie di stampo marcatamente patriarcale, sulle loro possibilità di integrazione nella società tedesca. Non si capisce se per scelta della regista di porre al centro solo ed esclusivamente il microcosmo delle ragazze o se questo corrisponda a una sostanziale mancanza di rapporti con la popolazione indigena, fatto sta che di tedeschi se ne vedono lungo tutto l’arco del film davvero pochini, essi sono esclusivamente rappresentanti delle istituzioni, scuole, uffici comunali e per l’impiego. Al centro del film sono soprattutto i desideri, i sogni e le aspirazioni delle ragazze, chi vuol diventare medico, chi poliziotta, chi attrice, chi titolare di un ristorante. Beiruty dedica moltissimo a spazio a piccoli/grandi workshop in cui le ragazze imparano a disegnare, a recitare, a presentarsi e prendere consapevolezza di sé.
Non mi pare che il passaggio del tempo, a parte una naturale crescita e alcune trasformazioni fisiche, produca cambiamenti rilevanti, per esempio anche solo sul piano linguistico, la stragrande maggioranza del parlato era all’inizio (e lo si poteva spiegare con un’ancora scarsa dimestichezza col tedesco) la lingua araba, e così resta anche nelle parti collocate nel 2021 o nel 2022. Non mi pare nemmeno che le ragazze acquisiscano in disinvoltura di fronte alla macchina da presa, tante risatine, tanti involontari sguardi in macchina. Quando la regista non sa più che far dire/raccontare alle ragazze (sempre a proposito di aspirazioni famigliari o professionali, di piccoli/grandi successi scolastici), c’è un po’ di musica arabeggiante, qualche festa di compleanno – e poco altro. Fra le intenzioni della regista non vi è neanche lontanamente quella di spiegare perché non molto tempo dopo la conclusione del suo lavoro – che reca la data 2024 e viene ripresentato al Festival del Cinema Tedesco (in Italia era già arrivato a Bologna, al Biografilm Festival, prima dell’estate dell’anno scorso) – Eberswalde produca risultati elettorali come quelli riportati. Forse il “them”, di cui al titolo inglese originale, sono proprio quei tedeschi che non conoscendo gli stranieri/le straniere con cui, loro malgrado, sono costretti a convivere li demonizzano, e che forse con questo film potranno imparare a conoscere un po’ meglio – sempre che questo film poi lo vadano a vedere.
Tell Them About Us – Regia e sceneggiatura: Rand Beiruty; fotografia: Marco Müller; montaggio: Patrick Richter, Abdallah Sada; produzione: Alex Tondowski, Ira Tondoswki, Rand Beiruty, Jude Kawwa; origine: Germania/Giordania 2024; durata: 92 minuti.
