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Voto
È curioso e piacevole al tempo stesso che il Festival del Cinema Tedesco di Roma, giunto alla sua Quarta edizione, venga inaugurato da un film che di tedesco ha pochissimo. Vi è un solo dettaglio: della protagonista Kira ci viene riferito a un certo punto che proviene dalla Germania, non sappiamo nemmeno da quale città. Il film si svolge infatti fra la meravigliosa isola di Skye, in Scozia (dove è stato girato Braveheart, Highlander e anche un Harry Potter) e Londra. Il film è tutto parlato in inglese, la colonna sonora è inglese e gli attori, salvo la protagonista, sono tutti anglofoni. La protagonista che è anche la regista, si chiama Aylin Tezel, viene da una famiglia mista (padre turco, madre tedesca) e in Germania è piuttosto famosa sia al cinema che, soprattutto, in televisione, per aver fatto parte ben 8 anni della squadra di investigatori di Tatort, il principale poliziesco tedesco, appuntamento fisso domenicale, dopo il telegiornale, con diversi team locali di investigatori, in linea con la struttura federale della Germania e della TV di Stato. Tezel faceva parte del team di Dortmund.
Adesso, a 40 anni, Tezel esordisce nella regia con quello che può, dopo varie peripezie, essere definito un feel good movie. Kira e Ian sono due persone un po’ allo sbando. Lei ha messo fine a una reazione turbolenta, pentendosene un attimo dopo, ha velleità artistiche (dipinge e fa la scenografa a teatro) ma non ha ancora trovato nessuno davvero in grado di valorizzarla. Anche Ian (Chris Fulton, scozzese di nascita) ha velleità artistiche, è un musicista, anche lui ha storie non esattamente esaltanti alle spalle, ma il suo vero vulnus è la sorella depressa che ha più volte tentato di farla finita. Ian, che pure la adora, anzi forse proprio perché la adora, non riesce a farsi vivo, a starle accanto e questo gli provoca un forte disagio, un senso di colpa che si ripercuote più in generale nei rapporti con i genitori, che appunto vivono a Skye.
In una notte buia e tempestosa…no, in una notte solo buia Ian e Kira si incontrano, camminano, scherzano, bevono, ballano, intuiscono le fragilità dell’altro, ma poi ognuno finisce per andare per la propria strada, che guarda caso è la stessa, ovvero la città dove abitualmente abitano (manco questo si erano detti), ovvero Londra.

Diciamo che una settantina dei 110 minuti del film è costruita in montaggio parallelo: tutto quello che fa lei, tutto quello che fa lui, ciascuno a modo suo migliora, con le sue forze, la propria condizione, in qualche misura cresce. Lei comincia ad avere successo in campo professionale e, almeno in parte, si libera dei fantasmi del passato; anche lui si libera di un rapporto che non lo porta da nessuna parte e, soprattutto, riallaccia i rapporti con la sorella. Tutto un pochino meccanico, ma va bene, anche perché Tezel è brava, inserendo piccoli flash e dimostrando una regia tutto sommato piuttosto mobile e matura, a non scadere nella simmetria perfetta. Allo spettatore, però, è chiaro fin da subito che il montaggio parallelo è in realtà un montaggio alternato, che a un certo punto le due linee non potranno non tornare ad intrecciarsi, troppo forti erano le potenzialità di quella relazione solo accennata fra questi due individui belli e fragili. Il modo in cui i due tornano a incontrarsi non convince del tutto, ovvero, come dicono i telecronisti di calcio, è tutto un po’ troppo telefonato, finendo per obbedire a una drammaturgia del caso che non risulta troppo persuasiva. Quando Ian compare “casualmente” nella galleria dove si sta per inaugurare la mostra di Kira e vede se stesso dipinto alla parete, viene un po’ da alzare il sopracciglio, anche se poi il commento della gallerista : “It is time you showed up” (“Era l’ora che ti facessi vedere”), sembra proprio un’allusione al fatto che, anche agli occhi della regista, questa storia parallela era giusto che finisse.
Ma il nuovo incontro fra i due è bello romantico, persino il grigiore londinese cede il passo a uno splendido sole e, come si conviene, a due innamorati da City Lights in avanti, lasciamo i personaggi per strada che vanno incontro a un futuro radioso. Per chi non lo sapesse: l’espressione “falling into place” significa “andare a posto”, è quello che appunto succede alla fine, anche se il “place” del titolo è con certezza l’isola che rende magico l’incontro fra i due.
Falling Into Place – Regia, sceneggiatura: Aylin Tezel; fotografia: Julian Krubasik; montaggio: David J. Achilles; interpreti: Aylin Tezel (Kira), Chris Fulton (Ian), Rory Fleck-Byrne (Aidan), Juliet Cowan (Sara); produzione: Weydemann Bros; origine: Germania/ Regno Unito, 2023; durata: 113 minuti.
