Enzo di Robin Campillo

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Con Enzo era tornato spiritualmente a Cannes, dopo la prematura morte l’anno scorso, il grande cineasta francese Laurent Cantet (1961-2024) che nel lontano 2008 proprio  sulla Croisette aveva conquistato la Palma d’Oro con La classe. E lo aveva fatto aprendo la Quinzaine des Cinéastes con un film che aveva progettato e scritto dopo il suo ultimo Arthur Rambo e che lo storico collaboratore del cineasta, Robin Campillo, ha poi realizzato portandolo a termine con tocco felice, quello stesso che caratterizzava le opere migliori dell’amico Cantet. Ora esce anche sugli schermi italiani

In Enzo – una coproduzione franco-italiana – ci ritroviamo non a caso simbolicamente in un luogo topico della cinematografia mondiale e cioè a La Ciotat, ridente località di mare vicino Marsiglia, nota soprattutto per uno dei primi e celeberrimi film dei Fratelli Auguste e Louis Lumière, L’Arrivée d’un train en gare de La Ciotat (1896), spesso erroneamente ritenuto come il vagito in assoluto della storia del cinema. Detto ciò, però, nessuna traccia di stazioni ferroviarie nell’opera di Robin Campillo (qui alla sua quarta regia) che è invece interessato a leggere e dissezionare al microscopio la complessa personalità del protagonista da cui il titolo del film.

Pierfrancesco Favino e Élodie Bouchez

Un inquieto sedicenne appunto di nome  Enzo (un efficace Eloy Pohu) vive agiatamente in una bella villa con piscina sulle colline de La Ciotat ma si oppone con caparbietà tutta giovanile, tipica della sua età, alle aspettative dei genitori (Pierfrancesco Favino e Élodie Bouchez) per i quali è ovvio che continui a studiare oppure a coltivare le sue presunte qualità artistiche (al ragazzo piace disegnare). Lui, però, ha una personalità ribelle e un carattere peculiare che lo partono a disattendere alle insistite pressioni familiari. Così sceglie di intraprendere un percorso di vita completamente diverso, e al posto di continuare gli studi in una qualsivoglia direzione, molla tutto per iniziare un apprendistato da muratore – insomma non vuole lavorare con la testa bensì con le nude mani che infatti si riempiono di calli e hanno bisogno dei guanti per esser preservate. Ritroviamo allora il nostro eroe in un cantiere di zona, lontano dalla vita da salotto e di piscina del fratello, delle ragazze ricche e della famiglia, e con cautela, da classico pesce fuor d’acqua rispetto all’ambiente, piano piano stringe, quasi per necessità, amicizia con il collega Vlad (Maksym Slivinskyi), un ragazzo ucraino più grande di lui, tanto carismatico quanto ruvido, insomma il rappresentante topico di un mondo diverso da quello che il protagonista ha sempre conosciuto. A partire da tali premesse – quando, cioè, il protagonista inizia a intravedere un modo diverso di vivere e di rapportarsi con un habitat non necessariamente borghese, insomma per lui più autentico e congeniale – la storia del film prende realmente corpo. Per svilupparsi o, meglio, per complicarsi molto, anche tramite dei detour narrativi che forse non sarebbero stati indispensabili alla verità ascondita di questo film gentile e riflessivo – parliamo di uno specifico “tuning point” nel sottofinale che non va rivelato e che lasciamo volentieri al giudizio dello spettatore.

Per larghi tratti narrato con grande abilità introspettiva, Enzo è dunque un’opera che penetra sotto la cute per raccontarci, in modo molto partecipato e convincente, il complesso Coming of Age di un adolescente al tempo stesso caparbio, sensibile e scontroso che si industria a cercare a tentoni una propria strada nel mondo. Il che avviene con tutte le ingenuità e le illusioni del caso, compresa una multipla richiesta d’amore a 360 gradi, pretestuosa e molto probabilmente impossibile.

Pur con qualche caduta o lentezza qua e là, il film di Robin Campillo è, dunque, un’opera di fascino, un racconto di formazione dove si cerca di esplorare un conflitto adolescenziale tra status quo sociale e anelito alla libertà, tra identità personale e necessità di individuare e scegliere il proprio destino. Enzo non ci prospetta tanto il risultato finale di tale ricerca quanto ci racconta la strada accidentata da percorrere – spesso con un tatto che si esplica e si trasforma anche in un gran tocco di mise en scène. Ad essa contribuiscono non solo le interpretazioni dei due protagonisti principali ma anche quella, molto convincente, di Pierfrancesco Favino, che qui recita in francese.

In sala dal 28 agosto 2025.


Enzo – Regia e montaggio: Robin Campillo; sceneggiatura: Robin Campillo, Laurent Cantet; fotografia: Jeanne Lapoirie; scenografia: Mélissa Ponturo; interpreti: Eloy Pohu, Pierfrancesco Favino, Maksym Slivinskyi, Élodie Bouchez, Nathan Japy, Malou Khebizi; produzione: Marie-Ange Luciani, Andrea Occhipinti per Les Films de Pierre, Lucky Red; origine: Francia/Italia, 2025; durata: 102 minuti; distribuzione: Lucky Red.

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