Le città di pianura di Francesco Sossai

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Le coproduzione italo-tedesche sono, in generale, una discreta rarità e spesso non avvengono a caso, per esempio, non in quello di un regista che ci verrebbe subito da definire molto talentuoso, di nome Francesco Sossai, nato a Feltre, in provincia di Belluno nel 1989. Probabilmente perché ha studiato alla Deutsche Film-und Fernsehakademie Berlin DFFB, vale a dire alla Scuola di cinema di Berlino e quindi conosce la costellazione produttiva tedesca e la ha potuta sfruttare. Poi, comunque, sembra aver anche fatto suo, stilisticamente parlando, un certo qual amore per il road movie di derivazione wendersiana come si può facilmente evincere da questo suo secondo lungometraggio. In effetti, a ben vedere, però, ne Le città di pianura trattasi, più che di lunghi viaggi, di continue scampagnate nei dintorni o, meglio, di giri notturni a partire da Cornio, una località del Veneto, più precisamente, a quanto si legge su Wikipedia, una frazione del comune di Camponogara, nei pressi di Venezia, l’unica città che in alcune sequenza riemerge dalla pianura veneta.

Nella profonda  provincia campagnola che potrebbe ricordare alla lontana – mi perdonino gli abitanti della zona – mutatis mutandis il desolato territorio di confine tra le due Germanie attraversato tanti anni fa in Nel corso del tempo (esplicitamente citato in una sequenza di sotto finale), seguiamo le piccole avventure di Doriano (Pierpaolo Capovilla) e Carlo detto Carlobianchi (Sergio Romano). Questa coppia di spiantati cinquantenni pratica una ossessione, fissa ed immutabile, che consiste nell’andare a bere ogni sera il cosiddetto bicchiere della staffa. Così i due che. malgrado l’età e i leggeri acciacchi. si considerano dei ragazzini di primo pelo, sembrano divertirsi vagando la notte, a bordo di una sgangherata automobile ed evitando i blocchi stradali della polizia, da un bar all’altro del circondario e in ciò consiste la loro vita a dir poco tetra e sconsolata, finanziata anche da piccoli, insignificanti imbroglietti. Logorroici e inconcludenti, ma che alla fine riescono persino simpatici.

Per caso, in uno dei loro soliti giri, incontrano, quasi rimorchiano a Venezia, alla fine di una festa di laurea finita all’aperto, un imbranato studente meridionale di architettura, Giulio (Filippo Scotti) che subito cercano di inglobare, come una facile preda, nel loro mondo vagabondo. L’incontro con questi due improbabili mentori sarà, però, lentamente ma inesorabilmente, decisivo per il giovane, intelligente ragazzo che inizierà ad intendere la vita di tutti i giorni e l’amore in maniera diversa da quella sua precedente da nerd, e immaginare per lui un futuro meno triste e scontato di quanto finora era riuscito a pensare.

Filippo Scotti (al centro), Sergio Romano (a destra), Pierpaolo Capovilla

Da buon cinephile Francesco Sossai ha girato in analogico, in 16 e 35 mm, il che conferisce alla sua opera una simpatica aria demodée, al pari dei due attempati protagonisti o di altre figure marginali che incontriamo nel corso del film, Le città di pianura vive di dialoghi alcolici, di incontri, ritorni e situazioni surreali. In esse Doriano e Carlo portano avanti delle esistenze fatte di insuccessi e delusioni che cercano di esorcizzare con di loro giri notturni come se il fondo del bicchiere o l’ultima bevuta potesse ancora dar loro un qualunque senso compiuto alle loro vite – si vogliono illudere in questa idea edonista ma probabilmente non ci credono veramente neanche loro stessi.

Il road movie triste ma graffiante di Sossai termina idealmente quando in queste scorribande erratiche in Veneto il gruppo di cui ormai Giulio è entrato stabilmente a far parte, arriva – ed è una delle sequenze più belle e intense del film – al Memoriale Brion, un complesso funebre monumentale situato nella provincia di Treviso, costruito (e capolavoro) dall’architetto veneziano Carlo Scarpa che vi è anche sepolto insieme ai fondatori della Brionvega che l’avevano commissionato. A questo punto, dopo questa ultima decisiva tappa, il giovane architetto è ormai pronto ad abbandonare i suoi compagni di viaggio per poter finalmente spiccare il volo da solo… ma chissà dove riuscirà ad approdare.

Ispirata non solo a Wenders come già accennato ma anche al nume tutelare cinematografico della zona, Carlo Mazzacurati, Le città di pianuratitolo un po’ criptico di cui si accenna la spiegazione nel corso del film – è un’opera tanto minimalista quanto ricca di significati sottocutanei, degna, però, di massima attenzione e grande rispetto. Chapeau! quindi.

E che invita immediatamente a scoprire l’opera prima del suo regista, Altri Cannibali (2021) che non abbiamo avuto a suo tempo modo di conoscere.

Presentato al Festival di Cannes 2025 nella sezione “Un Certain Regard”. 
In sala dal 2 0ttobre 2025.


Le città di pianura Regia: Francesco Sossai; sceneggiatura: Francesco Sossai, Adriano Candiago; fotografia: Massimiliano Kuveiller; montaggio: Paolo Cottignola; musica: Krano; scenografia: Paula Meuthen; interpreti: Filippo Scotti, Sergio Romano, Pierpaolo Capovilla, Roberto Citran, Andrea Pennacchi; produzione: Marta Donzelli, Gregorio Paonessa, Philipp Kreuzer, Cecilia Trautvetter per Vivo Film, Maze Pictures, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura, con il sostegno di Eurimages, Filmförderungsanstalt, Die Beauftragte der Bundesregierung für Kultur und Medien, Fondazione Veneto Film Commission; origine: Italia/Germania, 2025; durata: 98 Minuti; distribuzione: Lucky Red.

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