Festival di Cannes (13 maggio – 24 maggio 2025): Nouvelle Vague di Richard Linklater (Concorso)

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Dopo Blue Moon che abbiamo potuto apprezzare alla Berlinale, Nouvelle Vague è il secondo film di Richard Linklater a venir presentato ad un festival nel breve spazio di tempo di pochi mesi. Questo a confermare un momento particolarmente creativo e felice di un autore abituato a lunghe ed intense fasi produttive. E lo spirito e lo stile rispecchiano il film. Linklater, il regista dei progetti impensabili (basti ricordare Boyhood) torna ad affascinarci con una nuova opera perfettamente riuscita la cui idea di partenza potrebbe sembrare più che balzana e soprattutto rischiosa. Da regista americano portare sullo schermo un film che racconta della Nouvelle Vague, lo storico movimento cinematografico che ha rivoluzionato la storia del cinema, non solo francese, avrebbe potuto sembrare, fino ad oggi, impossibile. E Linklater si arrischia tanto da portarlo a Cannes, la mecca della cinematografia francese. Nouvelle Vague nient’altro vuole essere se non una dedica di grande affetto e soprattutto di grande rispetto per questo vivace e fervido momento che ha cambiato la Settima arte.

C’è poco da spiegare della trama per chi conosce e ha studiato il cinema francese. Siamo nel 1959. Dopo una proiezione di un film d’attualità si ritrovano ad una festa a Parigi i registi Jean-Luc Godard (Guillaume Marbeck), Françoise Truffaut (Adrien Rouyard), il produttore Georges de Beauregard (Bruno Dreyfürst) insieme a molti altri membri della rivista dei “Cahiers du cinéma”. Nonostante i molti progetti, Godard non ha ancora realizzato un film, mentre Truffaut ha appena trionfato a Cannes con I 400 colpi. Dopo tanta teoria e critica è arrivato anche per lui il momento di creare un film su una semplice idea: una ragazza e una pistola. È la nascita di Fino all’ultimo respiro, girato in meno di un mese con un budget limitato e quasi senza sceneggiatura. Scorrono le immagini sullo schermo, e fra takes e fuori scena, si dipana la genesi della produzione del mitico film. Ma non solo. Lontano da pedanteria e didascalismo ritroviamo citazioni da testi e opere, frasi celebri del geniale regista francese, fra tutte in primis, la scena di ballo di Band à part, ma anche Godard incontrare i suoi miti quali Rossellini, Jean-Pierre Melville durante le riprese in studio e Robert Bresson mentre gira Pickpocket.

La scelta dell’attrice Zoey Deutch nella parte di Jean Seberg, ma anche di Guillaume Marbeck nel ruolo di Godard, come di tutti gli altri attori è a dire poco perfetta. Forse la struttura corporea del Jean-Paul Belmondo di Aubry Dullin è un poco diversa dal suo originale, ma nel complesso c’è stato un casting eccezionale per ricoprire i tanti ruoli, e tenendo conto che i dialoghi sono tutti in francese. Anche questa una sorprendente novità per il cinema americano, che utilizza da sempre l’inglese.

La bravura di Linklater, a parte la scelta formale del bianco e nero e del formato quadrato, sta nel non copiare e imitare il cinema di Godard, ma nel ricreare atmosfere, situazioni, l’acuta ironia dei dialoghi e la grande spontaneità di sets creati al momento di girare. Quel che gli riesce ancora meglio, ed è forse la cosa più importante, è di portare sullo schermo la gioia e la spensieratezza di una gioventù piena di inventiva, entusiasmo e amore per un mezzo di comunicazione così creativo e pieno di possibilità. Non c’è, o almeno non è visibile, la minima presenza di trucco: nessun naso rifatto, nessuna parrucca sembrano essere servite per rendere i personaggi credibili, eppure, o grazie a studiati movimenti o grazie alla somiglianza, gli attori sono tutti attendibili, dei ‘sosia’ dei protagonisti, e senza per questo falsificarli.

Anche in questo caso Linklater rimane coerente con sé stesso. Quando Godard nel film dichiara di non interessarsi allo storyline capiamo perché il regista americano abbia deciso di fare un film sul grande collega francese, dato che anche lui  è da sempre contrario a sceneggiature troppo preconfezionate –  per quanto, forse, per Nouvelle Vague abbia dovuto prepararsi diversamente dal solito e programmare le riprese in modo più tradizionale. Se rattrista pensare che ora Godard sia diventato un personaggio di finzione, e chissà se gli sarebbe piaciuto vedersi in questo contesto, è un vero piacere vedere una chicca come questa, un salto nel passato, ma perfettamente attuale. Che costituisce, al tempo stesso, un grande incoraggiamento a tornare ad una rinnovata vitalità del cinema.


Nouvelle Vague  – Regia: Richard Linklater; sceneggiatura: Holly Gent, Vincent Palmo Jr., Michèle Pétin, Laetitia Masson; fotografia: David Chambille; montaggio: Catherine Schwartz; sonoro: Jean Minondo ; scenografia: Katia Wyszkop; interpreti: Zoey Deutch, Guillaume Marbeck, Aubry Dullin, Bruno Dreyfürst, Adrien Rouyard, Matthieu Penchinat, Benjamin Clery, Paolo Luka Noé; produzione: ARP; origine: Francia, 2025; durata: 105 minuti.

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