Festival di Cannes (2024): Diamant brut di Agathe Riedinger (Concorso)

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Diamant brut è il lungometraggio d’esordio per la francese Agathe Riedinger che sviluppa un tema su cui aveva già lavorato nei suoi precedenti cortometraggi, in particolare riprende il soggetto di J’attends Jupiter (2018).

Liane (Malou Khebizi) è una ragazzina diciasettenne che vive nella cittadina balneare di Fréjus, non lontano da Cannes. La sua quotidianità però rispecchia poco dello sfarzo della Costa Azzurra, anzi, visto che vive con la madre disoccupata e la sorella minore in un condominio di periferia, lontano dal centro e circondato dal degrado, è costretta più a subirne il fascino. Soltanto grazie a qualche piccolo furto riuscito riesce a rivendere creme e profumi; strappare qualche paillette luminosa dai capi di vestiario che non può permettersi di comprare, e usarli poi per abbellire le sue scarpe già appariscenti. Proprio la povertà e l’inerzia che la circonda – la madre non riesce a pagare l’affitto ma ozia tutto il giorno – spinge Liane a sognare la carriera facile e scintillante dell’influencer e dei reality show.

Proprio quando l’occasione di realizzare il suo sogno sembra diventare finalmente reale, e viene chiamata per un provino al programma televisivo Miracle Island, i conflitti famigliari, già logori da tempo, ma anche le amicizie di lunga data, tendono al collasso.

L’unico che rimane vicino alla ragazza è il romantico e innamorato Dino (Idir Azougli) che, nonostante i continui rifiuti, la vorrebbe proteggere e iniziare con lei una relazione. Ma lo spirito selvaggio di Liane sceglie altre opportunità di sopravvivenza, esige altri canoni e codici per esibirsi.

Liane è una tragica eroina della nostra estrema contemporaneità, che Riedinger rappresenta alla stregua di una gazza ladra intenta a riempire l’armadio di gingilli luccicanti. Eroina, perché vede la sua bellezza come mezzo per imporsi in un mondo che non lascia spazio a nient’altro che all’apparire. Tragica, perché sappiamo quanta falsità si nasconda dietro il mondo dell’apparenza. La sua è una femminilità che va oltre, perché si riappropria del suo corpo portandolo al limite della seduzione, pur rimanendo pura e vulnerabile. Anche la sua verginità si va a scontrare con l’idea di sessualità che impone la società. Vuole, ma allo stesso tempo non vuole, essere cocotte.

Riedinger riprende i temi cari della sua regista favorita, l’autrice britannica Andrea Arnold (Red Road, Fish Tank, American Honey), per altro in Concorso a questa Cannes con Bird: Coming-of-age, conflitto parentale, la periferia disagiata, e la voglia di staccarsi dal gruppo e dalla norma. E veramente sembra in certi momenti di rivivere alcune sequenze – come il provino – da Fish Tank, o – la storia con Dino – di American Honey (2016). I forti colori e il virtuosismo della mdp vengono probabilmente dal mondo della moda e dei video clip musicali per i quali ha lavorato in precedenza la regista francese.

Diamant brut è sicuramente un film che vale la pena vedere, nonostante proponga un tema non più nuovo, ma comunque ancora attualissimo, e soprattutto per come la figura della protagonista riesca con grande bravura a incarnare questi antitetici ideali di femminilità.


Diamant brut (Wild Diamond) Regia e sceneggiatura: Agathe Riedinger; fotografia: Noé Bach; montaggio: Lila Desiles; musica: Audrey Ismael ; interpreti: Lou Khebizi, Idir Azougli, Andréa Bescond, Ashley Romano, Alexis Manenti, Kilia Fernane, Léa Gorla, Alexandra Noisier, Antonia Buresi; produzione: Silex Films; origine: Francia, 2024; durata: 103 minuti.

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