“Ogni volta che indossava un vestito, diventava quel vestito, quel personaggio” afferma la voce narrante in un momento clou del nuovo, bello e sofferto, documentario di Pippo Delbono. E chiunque abbia conosciuto o sentito parlare del nostro artista – una delle massime, rarissime vette (classe 1959) del teatro italiano contemporaneo – non può che pensare subito ad una sola persona e cioè a Vincenzo Cannavacciuolo (1936- 2019), in arte Bobò.
Sordomuto, analfabeta e microcefalo, Vincenzo è vissuto per 46 anni nel manicomio di Aversa dove è stato scoperto, durante una visita nella struttura nel 1996, da Delbono che venne profondamente colpito dal suo straordinario talento attoriale. E così a partire da Barboni (1997), passando per Urlo (2007), Guerra (2008), La Rabbia (2010) e varie altre opere, sino a Vangelo (2016), Bobò è diventato la star indiscussa nella poliedrica opera – tra scena e schermo – del grande e innovativo uomo di spettacolo ligure. Inoltre, la scelta di presentare questo nuovo documentario formalmente ineccepibile, nato dopo molti anni di elaborazione del lutto, al Festival di Locarno non è stata affatto casuale, dato che proprio qui nel Canton Ticino, preceduto dalla Premiere de Il grido (2006), aveva avuto luogo nel 2009 un evento speciale in omaggio a Delbono con (tra l’altro) la prima de La paura, seguita poi nel 2013 dalla presentazione del celebre Sangue, doc. in cui si narra il sorprendente (e molto controverso) incontro tra l’artista e Giovanni Senzani, ex leader delle Brigate Rosse.
Dalla lontana visita nel manicomio di Aversa, è nato, dunque, con Bobò un sentimento che si è trasformato in un profondissimo legame sia umano sia artistico, tale da mutare profondamente le loro esistenze, in un connubio in cui arte e vita tendono ad una simbiosi estrema e dove il rispetto per la diversità vuole rompere ogni tabù. Così la particolarità di Vincenzo – sino al fatidico incontro nel manicomio una persona insignificante, praticamente invisibile al mondo – è stata quella di riuscire a rivelarsi un interprete stupendo e singolare, capace, con forza e poesia, di comunicare grandi sensazioni al mondo, anche senza l’uso della parola, grazie ai gesti, alla mimica e ai suoni. Tale capacità vitale e mimetica lo ha portato a diventare una figura, anzi la figura centrale nel teatro e nel cinema di Delbono, rivelandosi con la sua presenza scenica in grado di ridefinire il linguaggio artistico del suo regista che così ha visto trasformarsi da questa collaborazione il proprio modo di raccontare, di guardare, di creare ben al di là di un piatto, banale realismo riproduttivo.
Frutto, come si accennava, di una personale Vergangenheitsbewältigung, di una dolorosa perdita, di una Trauerarbeit per usare la celebre espressione freudiana, Bobò è una sorta di requiem costruito su una ricca messe di materiali d’archivio (sono stati digitalizzate oltre 300 ore di repertorio) raccolti lungo più di un ventennio di collaborazione in comune. Nel film si alternano, allora, come in un stream of consciousness, riprese originali di oggi tra Napoli e Aversa, nei luoghi dove tutto è cominciato, a estratti di opere teatrali e non, oltre a momenti di vita quotidiana – il tutto mirato a cercare di restituire con delicatezza e intensità la personalità e l’arte di Vincenzo.
Per Pippo Delbono, il racconto dell’incontro, della carriera e della morte della sua star, diventa così l’occasione per affrontare e approfondire i temi dell’amore, della vita , della diversità e del senso dell’arte, ricorrenti come sempre in tutte le sue opere per il palcoscenico e lo schermo. Tra riflessioni poetiche, considerazione di natura metafisica o meditazioni religiose improntate al buddismo, il film diventa un affascinante collage, un lungo flusso di ricordi, pensieri, parole e momenti toccanti, composto sulla base di materiali video privati oppure di performance realizzate insieme dai due protagonisti. Montato con grande sensibilità da Marco Spoletini e arricchito dalla musica di un altro abituale collaboratore di Delbono, Enzo Avitabile, dopo l’anteprima a Locarno, questo documentario “necessario” e originale sarà in programmazione nei cinema italiani in autunno. Una occasione assolutamente da non mancare, e non soltanto per chi ama e frequenta il teatro.
In sala a fine novembre 2025.
Bobò – Regia, sceneggiatura e voce narrante: Pippo Delbono; fotografia: Cesare Accetta; montaggio: Marco Spoletini; musica Enzo Avitabile; interpreti: Pippo Delbono, Bobò; produzione: Renata Di Leone, Giovanni Capalbo, Fabio Volpentesta, Marco Garavaglia, Gianluca Varriale, Alessandro Riccardi per Fabrique Entertainment, Luce Cinecittà, Inlusion Creative Hub, Vargo, con Rai Cinema; origine: Italia, 2025; durata: 81 minuti; distribuzione: Luce Cinecittà.
