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Voto
La regista serbo-romena Ivana Mladenović, ora al suo quarto lungometraggio (il terzo di finzione), era già stata al Festival di Locarno nel 2019, nella sezione Cineasti del Presente, dove aveva vinto il Premio speciale della giuria Ciné+ per il film Ivana Cea Groaznica (Ivana la Terribile). La protagonista di questo nuovo film è Stela, interpretata da Katia Pascariu (Bad Luck Banging or Loony Porn di Radu Jude), una donna in crisi esistenziale, una trentaseienne perdutamente innamorata, in modo molto ossessivo, di un cantante balcanico di nome Boban (interpretato, dopo diverse rinunce da parte di attori professionisti, da Miodrag Mladenović, padre della regista, che aveva già partecipato al film del 2019, ma che di mestiere fa il veterinario), un cantante piuttosto anziano e molto famoso. Boban lei non l’ha mai conosciuto, ma l’ha visto per la prima volta su una TV in bianco e nero quando aveva dodici anni. Ovviamente, il sogno di una fan innamorata del proprio beniamino è aver modo di incontrarlo di persona; Stela inizia così a fare la stalker (compare all’improvviso nel suo albergo o di fronte alla sua automobile), si mette a rubare i soldi della pensione dello zio, unica entrata della famiglia durante la crisi dei Balcani del 2008, per permettersi di andare ai suoi concerti. Durante le sue peripezie da “detective” scopre che Boban ha un’amante, la cantante Vera Pop (Cendana Trifan), e inizia a scriverle tramite social tutte le cose più brutte possibili, in preda alla gelosia. Ma Vera, che scopriremo avere una seconda attività ovvero commercio di articoli erotici, si presenta da Stela con una proposta di lavoro a Bucarest, sapendo che lei è disoccupata.
Da questo momento, la vita di Stela cambia in funzione del denaro, quindi la storia d’amore ossessiva per Boban finisce un po’ in secondo piano, perché il nuovo interesse sono i soldi, così da poter tornare in famiglia con le tasche piene. E alla fine Stela, su richiesta di Vera, diventa una scrittrice e potrà finalmente conoscere Boban. Quando lo incontra, scopriamo finalmente il significato del titolo del lungometraggio (in italiano, l’Italia co-produce il film), Sorella di clausura, si tratta del nome di un coro a cappella composto da suore italiane, che a parte quell’unica volta all’anno in cui cantano, hanno fatto il voto del silenzio.
Come un libro, il film è diviso in capitoli, che passano da un mondo immaginario, a uno più reale, fatto di furti e travestimenti paradossali da parte di Stela che è poi la proiezione della scrittrice da cui origina questa complicata e a tratti paradossale trama, la scrittrice rumena Liliana Pelici, il cui manoscritto è finito nelle mani della scrittrice attraverso una cantante molto famosa in Romania, Anka Pop, deceduta nel 2018 in un incidente stradale a soli trentaquattro anni e che è, almeno in parte raffigurata nella figura della quasi omonima Vera Pop.
L’ambizione del film, ambientato nel 2008, è anche quella di narrare, anche attraverso il sesso, la sensazione di euforia seguita immediatamente dalla frustrazione da cui è stata attraversata la Romania nei mesi intorno all’ingresso nell’UE. E queste vicende vengono raccontate tramite uno stile che fa tesoro della svolta fantasiosa e paradossale che ha subito negli ultimi anni il cinema rumeno, un tempo ispirato prevalentemente ad un marcato realismo. Come dire: Radu Jude docet.
Sorella di clausura – Regia: Ivana Mladenović; sceneggiatura: Ivana Mladenović, Adrian Schiop, Momir Milošević; fotografia: Marius Panduru; montaggio: Vanja Kovačević; interpreti: Katia Pascariu, Cendana Trifan, Miodrag Mladenović, Arnold Kelsch, Cătălin Dordea, Adrian Radu; produzione: Nightswim, Boogaloo Films; origine: Romania/ Serbia/ Italia/ Spagna, 2025; durata: 107 minuti.
