Come ti muovi, sbagli di Gianni di Gregorio

Con Come ti muovi sbagli, Gianni di Gregorio (1949) è giunto al suo sesto film, dopo il tardivo esordio di  Pranzo di Ferragosto del 2008 e una media di un film ogni tre anni. Può piacere o meno, ma non sono moltissimi i registi, medi o grandi, che possano vantare uno stile, temi e personaggi riconoscibili, con il rischio, sempre presente, di indulgere alla ripetizione e al manierismo. In che cosa consiste(rebbe) la ripetizione e il manierismo di Di Gregorio? Innanzitutto l’ambientazione, ovvero Roma, una Roma che non ha nessuna particolare spettacolarità, una Roma di quartiere, quasi periferica; poi una recitazione non esattamente canonica, a cominciare da quella del regista e attore, una recitazione non si sa quanto consapevolmente straniata, talvolta eccessivamente scandita, con una sapiente commistione di interpreti non professionisti e attori/attrici che lo fanno di mestiere; un interesse marcato, sarà l’età del regista, per la condizione di vita delle persone di una certa età; un mood sempre sospeso fra tenerezza e malinconia; qua e là stilemi che da un momento all’altro virano, o sembrano virare  nel surreale; addirittura un personaggio spesso ricorrente, quello interpretato dallo stesso di Di Gregorio che risponde al nome de “Il Professore” (fra l’altro non si capisce mai professore di cosa, ciò che rende i film sempre leggermente astratti e parabolici, il realismo spicciolo a Di Gregorio non sembra affatto interessare), figura che troviamo in Lontano lontano, in Astolfo e anche appunto in Come ti muovi sbagli.

Gianni Di Gregorio

Ciò premesso, il film, direi, risponde in tutto e per tutto, a ciò che ho appena elencato e quindi è – di fatto – a rischio manierismo, anche se è apprezzabile il tentativo di innestare su queste caratteristiche una trama, forse, inconsueta per Di Gregorio. Inconsueta lo è già nell’esordio in cui vediamo un professore universitario tedesco che risponde al nome di Helmut (Tom Wlaschiha) che insegna  Italianistica dell’Università di Heidelberg, discute con gli studenti il canto V dell’ Inferno, segnatamente l’episodio di Paolo e Francesca, episodio che darà l’avvio alla trama, innescando una relazione fra il prof e un’avvenente studentessa che gli fa esplicite avances. Pochi secondi e ci trasferiamo a Roma dove la moglie Sofia  (Greta Scarano) che ha scoperto il tradimento piomba insieme ai figli a sconvolgere la vita del Professore, appunto interpretato da Di Gregorio, una vita fatta di abitudini: letture, un buon bicchiere di vino nel ristorantino / rosticceria sotto casa, i rapporti turbolenti con il domestico/semi-badante indiano piuttosto burbero, le avances fin troppo esplicite di Giovanna (Iaia Forte) a cui il professore non ha tanta voglia di rispondere. Lo sconvolgimento viene preso con una certa filosofia, malgrado il professore si ritrovi di punto in bianco a fare il nonno e ad occuparsi di/sopportare la figlia alquanto di malumore e a tratti sgarbata.

Ma forse, in questa vicenda rispetto alla quale quello che è stato chiamato il Tati di Trastevere, mantiene quell’aereo stupore che da sempre contraddistingue i personaggi interpretati da Di Gregorio, l’episodio di gran lunga e più originale è la scelta di Helmut, pentitissimo, di venirsene a Roma per cercare di riconquistarsi Sofia. Fin qui nulla di strano. La cosa stramba è che il viaggio decide, in segno di espiazione, di farselo a piedi. Niente di nuovo per carità: Johann Gottfried Seume (1763-1810) scrisse nel 1803 un testo intitolato Spaziergang nach Syrakus im Jahre 1802 (Passeggiata a Siracusa nell’anno 1802), una passeggiata che partiva da un grande interesse antropologico nei confronti dell’Italia e degli italiani, che intendeva  marcare una chiara distanza rispetto al comodo viaggio di formazione di Goethe, quindici anni prima, e poi restituito trent’anni dopo nella Italienische Reise (Viaggio in Italia) del  1816.

Il viaggio di Helmut come espiazione assomiglia di più a un altro celebre viaggiatore della tradizione tedesca, anche lui pellegrino a Roma, ovvero Tannhäuser. La cosa divertente è come si sviluppa questo viaggio fra incontri inaspettati e imprevisti finali. Davvero la parte più esilarante di un piccolo film, con una sceneggiatura, soprattutto i dialoghi a dire il vero, un po’ zoppicante, ma che alla fine non è spiacevole.

Giornate degli Autori – Film di chiusura
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Come ti muovi, sbagli – Regia: Gianni di Gregorio; sceneggiatura: Gianni Di Gregorio, Marco Pettenello; fotografia: Maurizio Calvesi; montaggio: Sara Petracca; musica: Ratchev & Carratello; scenografia: Isabella Angelini; interpreti: Gianni Di Gregorio, Greta Scarano, Tom Wlaschiha, Anna Losano, Pietro Serpi, Iaia Forte; produzione: Angelo Barbagallo per Bibi Film, Les Films Du Poisson; origine: Italia /Francia, 2025; durata: 97 minuti; distribuzione: Fandango.

 

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