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Voto

In italiano À bras-le- corps vuol dire a braccia aperte, a viso aperto, prendere qualcosa di petto. Emma (Lila Gueneau) è così, affronta la vita con una calma saggia, di spiccata intelligenza aiuta nella famiglia del pastore protestante (Grégoire Colin) servendo a tavola, pulendo i vetri, ricontrollando i conti di casa fatti dalla moglie, ricamando scialli che poi andranno venduti. Siamo in Svizzera nei primi anni Quaranta, vicini a una linea di confine, i soldati svizzeri rimandano via gli ebrei che sono arrivati in territorio neutrale dalla Francia, dalla Germania, dall’Austria, Emma chiede al pastore cosa fanno alle persone che tornano indietro, l’uomo è sincero: le uccidono.
La ragazza è stata proposta per il lascito Droz, un premio alla virtù, assegnato da una commissione composta da persone che hanno peso nella piccola comunità rurale montanara, il medico, il pastore, insegnanti. Nel colloquio Emma dichiara di voler provare a entrare alla scuola per infermiere, per portare benessere a chi ne ha bisogno. Qualcuno le chiede di sua madre, lei si scurisce, la reputa una poco di buono perché l’ha abbandonata per andare in città con un altro uomo. Vive col padre sarto e due sorelle piccole di cui si prende cura.
All’uscita della messa della domenica alle volte si presenta la madre di Emma per vedere lei e le sorelline. Lei la ignora, le risponde velocemente, con educazione, distaccata. Poi le chiede: Che cos’ha quell’uomo più di noi? La madre: Quando l’ho incontrato mi sono sentita diversa. Me ne pento ogni giorno.
Colette, la figlia del pastore, è sua amica ma Emma sente una differenza tra di loro, anche se il padre è consapevole della sua maggiore attitudine allo studio e alla conoscenza. Emma si prende cura del pastore in maniera speciale, gli porta il caffè ogni giorno nel suo studio dopo pranzo, l’uomo ha piacere a prestarle dei libri da leggere, conversano di valori umani. Il pastore la assolve: i figli non sono responsabili delle colpe dei loro genitori.
Un giorno arrivano dalla città due reporter interessati a scrivere un articolo sulla loro area. Louis, il giornalista che scrive, un bel giovane ginevrino di buona famiglia che ama la musica americana e che non si vergogna di ballarla da solo dopo il pasto attorno alla tavola da pranzo sotto gli occhi divertiti di Emma che, dopo averli serviti, siede al lato, accanto alla finestra. L’indomani vanno tutti a fare una gita in montagna, Louis vuole salire più in alto, chiede a Emma se vuole accompagnarlo e lei accetta. Il ragazzo è avvenente, sicuro di sé, uno che non è abituato a chiedere. Sul prato, dopo una corsa tra le risa, la bacia senza chiedere il permesso, le monta sopra, le dice che è bella e la stupra senza interpretare il significato delle lacrime di lei. Emma rimane incinta e tutto il suo mondo improvvisamente cambia. La volta successiva che la madre arriva fuori dalla chiesa la ragazza la avvicina chiamandola mamma. Ha uno slancio istintivo di chiederle aiuto, poi non lo fa per orgoglio e perché ha paura a condividere la vergogna. Ma indomita si adopera per risolvere da sola. Fa una trappola nel bosco. Cattura un coniglio che ammazza con un bastone sul collo, lo vende e compra biglietto del treno per Ginevra dove ha scoperto che abita Louis. Dopo aver saputo la notizia l’arroganza da ricco del giovane è offensiva: Non ti voglio scioccare ma il padre non è mai certo, la mia famiglia è ricca, altre se ne potrebbero approfittare. Tu non sei quel genere di ragazza.
Lei lo schiaffeggia. Sta punto e daccapo. Ora quando si parla del premio alla virtù si scurisce, non se ne sente più meritevole. Prova ad abortire con un ferro ma non riesce. Nessuno la può aiutare, né il medico – che era tra coloro che le hanno destinato il premio e che dice che non vuole passare per un cretino per via della sua gravidanza – né il pastore, troppo perso nell’ascolto delle notizie sulla guerra alla radio bevendo un bicchiere dopo l’altro, che lei puntualmente gli toglie di mano.

Emma si fa furba, capisce che deve assecondare l’ipocrisia morale del villaggio e sposa Paul, un giovane che fa il soldato e suona l’organo durante le funzioni in chiesa. Il matrimonio viene annunciato alla celebrazione del premio alla virtù, consistente in una somma in denaro – che viene data direttamente al futuro marito (dicendo È più sicuro) – e un corredo di lenzuola tovaglie e asciugamani bianchi. Si confronta con la madre: Sono incinta, non di lui. La madre le suggerisce di rimanere nelle regole: Non dirlo mai più, stai per sposarti, è un bravo ragazzo, imparerai ad amarlo.
Il nuovo ruolo di madre e moglie, sebbene lo sposo abbia contezza che il figlio non è suo e proclami di amarlo più ancora per quello, le sta stretto, non la lascia libera di far nulla, è come se fosse finita a servizio ma senza retribuzione. L’urgenza di indipendenza le fa scoppiare il cuore, deve andarsene, affrontare la vergogna, non può più sopportare, non ci riesce. Emma è una pasionaria, una femminista ante litteram, una anticonformista di nascita. La regista Marie-Elsa Sgualdo afferma di aver voluto raccontare questa storia in nome delle donne della sua famiglia delle generazioni passate, donne che hanno sopportato, donne che hanno lottato, donne che hanno il suo stesso sangue.
Un film di poche parole, molte atmosfere, scene ben girate che toccano il cuore e anche la mente. Grégoire Colin in una prova di attore memorabile.
À bras-le-corps ( tit. int.: Silent Rebellion)- Regia: Marie-Elsa Sgualdo; sceneggiatura: Nadine Lamari, Marie-Elsa Sgualdo; fotografia: Benoît Dervaux; montaggio: Karine Sudan; musica: Nicolas Rabaeus ; interpreti: Lila Gueneau, Grégoire Colin, Thomas Doret, Aurélia Petit, Sandrine Blancke, Sasha Gravat Harsch, Tamara Semelet, Cyril Metzger, Lievke Bartel, Aurelien Patouillard, Etienne Fague; produzione: Box Productions, Hélicotronc, Offshore; origine: Svizzera/ Francia/ Belgio, 2025; durata: 96 minuti.
