Festival di Venezia (27 agosto – 6 settembre 2025): Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch – Leone d’oro

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La vita non ha trama né copione. Gli amanti e gli amici si possono scegliere, la famiglia no.

Il dramma può annidarsi dietro l’angolo, ma non è detto. Può anche, apparentemente, non succedere “nulla” e gli eventi, grandi o piccoli che siano, scivolare distrattamente e casualmente davanti a noi. Forse ce ne accorgeremo, ammesso che siamo concentrati e che stiamo guardando nella direzione giusta, nel momento giusto. E molto del nostro tempo trascorre attorno ad un tavolo con altre persone, spesso familiari.

Queste sono premesse necessarie per decidere se farsi staccare il biglietto ed entrare nel “Planet Jarmusch”, come lo ha definito una giornalista durante l’affollata conferenza stampa di Father Mother Sister Brother presentato insolitamente qui al Lido in Concorso: la prima volta per Jarmusch, ormai da decenni ospite fisso del Festival di Cannes.

Si è fatto attendere a lungo il nuovo lungometraggio, per la precisione sei anni.

“Non so da dove diavolo sia arrivata in questo caso, ma in genere porto con me un’idea per circa un anno, a volte più di uno, fino a quando finalmente inizio a scrivere, molto velocemente. In questo caso ci ho messo tre settimane.”

Jim Jarmusch ama da sempre la struttura episodica, la suddivisione in capitoli: una tecnica spesso utilizzata sia nel cinema che nella letteratura e che negli anni è diventata una sua cifra stilistica. In Tassisti di notte (1991) gli episodi erano cinque, ognuno associato a una città diversa. Nel suo film-viaggio nel sud della musica americana ambientato a Memphis Mystery Train (1989) erano tre, proprio come in Father Mother Sister Brother. Il regista stesso, nel descrivere il suo trittico sulle relazioni familiari, lo ha definito un “anti-action film” in cui i dettagli diventano sostanza: l’intonazione di una parola, un gesto, una palpebra. “È molto più semplice girare un centinaio di zombie che saltano fuori da un treno!” scherza Jarmusch davanti ai giornalisti.

Luka Sabbat e Indya Moore

Una caratteristica del regista newyorkese (anche se solo di adozione, poiché è nato a Akron, Ohio, classe 1953) è di avere la capacità innata di creare delle squadre di lavoro che durano nel tempo. La carrellata di star in Father Mother Sister Brother è imponente. Jarmusch scrive sempre con un attore in mente e anche stavolta è riuscito a mettere insieme un ensemble notevole di cui fanno parte, fra gli altri, amici e collaboratori storici: nel primo episodio – Father – padre e figlio sono rispettivamente l’iconico e schivo cantastorie dalla inconfondibile voce roca, Tom Waits, e il lanciatissimo divo ex-marine, Adam Driver. Nel secondo episodio – Mother – due figlie, interpretate da una stella globale, che brilla non solo per la sua bellezza ma per intelligenza e coscienza politica, Cate Blanchett, e dalla richiestissima lussemburghese Vicky Krieps (nove ruoli in tre anni), vanno a trovare la madre, una Charlotte Rampling non scalfita dal tempo che trasmette dallo schermo un senso di algida autorevolezza. Nel terzo episodio – Sister Brother – l’obiettivo è puntato su due gemelli che si sostengono a vicenda in un momento difficile: la statuaria attrice transgender Indya Moore, eloquente e acuta durante la conferenza stampa, “nei film di Jim non ci sono protagonisti e antagonisti, solo persone”, e il giovane Luka Sabbat, alla sua seconda esperienza con Jarmusch dopo I morti non muoiono (2019).

L’andamento del film è musicale, le battute e le singole parole che ricorrono, travalicando gli episodi, sono simili a dei refrain o dei ritornelli che punteggiano una sceneggiatura che si fa partitura, a tratti con un effetto comico: la ripetizione è sempre un motore affidabile.

Il silenzio è importante quanto la parola. La musica, mai mero sfondo e dosata con attenzione, è stata composta da Jarmusch stesso in collaborazione con la singer-songwriter Annika Henderson, in arte Anika, che con il suo accento tedesco nel brano che accompagna i titoli di coda fa pensare a una moderna, delicata incarnazione di Nico. Sono malinconici i paesaggi costruiti da Jarmusch in questo film riflessivo e zen, fotografato con precisione da due maghi della luce come Frederick Elmes e Yorick Le Saux. Nonostante la sua tendenza autoreferenziale che potrebbe anche disturbare qualcuno, impossibile non pensare ad alcuni degli undici episodi di Coffee and Cigarettes (2003), e malgrado alcuni momenti sembrino un po’ troppo costruiti, usciti dal cinema ci si può chiedere: quando è stata l’ultima volta che ho – veramente – parlato con la mia famiglia?


Father Mother Sister Brother Regia e sceneggiatura: Jim Jarmusch; fotografia: Frederick Elmes, Yorick Le Saux; montaggio: Affonso Gonçalves; suono: Robert Hein; musica: Jim Jarmusch, Anika; scenografia: Mark Friedberg, Marco Bittner Rosser; costumi: Catherine George; interpreti: Tom Waits, Adam Driver, Mayim Bialik, Charlotte Rampling, Cate Blanchett, Vicky Krieps, Sarah Greene, Indya Moore, Luka Sabbat, Françoise Lebrun; produzione: badjetlag inc. (Joshua Astrachan, Carter Logan, Atilla  Salih Yücer), CG Cinema (Charles Gillibert), Hail Mary Pictures (Richard Bolger), Saint Laurent Productions, Mubi; origine: USA/ Irlanda,/Francia, 2025; durata: 110 minuti; distribuzione: Lucky Red.

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