Festival di Venezia (27 agosto – 6 settembre 2025): Film di Stato di Roland Sejko (Giornate degli Autori – Notti veneziane)

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Dopo Anjia – La nave (David di Donatello – Miglior documentario) e La macchina delle immagini di Alfredo C. (Nastro d’argento – Miglior docufilm), il regista albanese (che vive e lavora in Italia dal 1991) Roland Sejko presenta la sua ultima opera, Film di Stato, alle “Notti Veneziane”. Qui “film” quasi in modo automatico sembra diventare per un attimo sinonimo di “ragione”, nel senso della “ragione di Stato”. Sì perché è proprio un lavoro si potrebbe dire “muto”, intendendo che si tratta di un montaggio esclusivamente di immagini di repertorio che provengono da più archivi. Film di Stato è una vera e propria immersione in sequenze televisive e anche private da un lontano passato (chissà forse solo in modo apparente), che narrano la presa del potere in Albania da parte di Enver Hoxha, dal dicembre del 1945 ad aprile 1985 (anno della sua morte). Insomma 40’anni di potere in immagini in movimento. Senza alcuna voce fuori campo, nessun “coro” per intenderci.

Solo montaggio, nudo e crudo. Chi legge potrebbe chiedersi che forse qualche anche lieve indicazione ci sarebbe potuta essere. E invece no. Infatti ha piena ragione il regista nella scelta, certo non facile, che ha preso. Proprio nell’apparente neutralità del montaggio cinematografico, sotto l’andamento naturale-finzionale di un flusso di riprese che sembra procedere da solo per inerzia, c’è invece il senso della coraggiosa impresa di Roland Sejko. Più ci si sottrare all’invito a “prendere parola” o anche a filmarsi e al montarsi poi insieme alle immagini che restano, più si lavora per sottrazione verso se stessi e più si restituisce agli spettatori quello di cui hanno bisogno: occasioni “imparziali” per provare a riflettere. Più ci si dissolve nel lavoro cinematografico (in particolare, forse, proprio nel documentario), e più si è obiettivi e “giusti” con chi poi andrà a vedere in sala. Di queste scene che riprendono il leader supremo dell’Albania dalla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1944, fino al 1985 balza subito ai nostri occhi l’entusiasmo delle persone più disparate che in un numero quasi incommensurabile accorreva, nel corso degli anni, ai comizi del leader (e, da questo punto di vista solo filmico ovviamente, tutto iniziò non a caso con Dziga Vertov…). A ri-vederle oggi impressionano non poco pensando a quei tempi come anche un po’ ai nostri. Questo sentimento che ci assale è almeno doppio: si avverte con mano da un lato la cosmica distanza ideologico-politico-sociale di quell’epoca rispetto alla nostra, dall’altro il deserto o, meglio, la pressoché assenza oggi del più semplice confronto costruttivo per il bene comune. È incredibile è spettatori di questa esaltazione e allo stesso tempo non si può non si pensare alla mistificazione che c’è stata dietro. E così quel tipo di regimi si teneva e riuscivano a durare per decenni infatti. Il cinema qui compie bene (per chi scrive s’intende) il suo compito: ovvero mostrare senza giudicare. Appunto, optando di lasciare “parlare” le immagini. Alle coscienze di noi spettatori invece compete valutare. E chissà “cosa sarà”. Non restiamo indifferenti neppure di fronte le scene finali che riprendono le manifestazioni in piazza dopo la caduta del potere di Hoxha (con le solite statue gigantesche che vengono buttate giù e distrutte) e quelle che mostrano il politico sulla sedia a rotelle, in un contesto ameno nel verde a colori, ormai malato e inerme. “Film di Stato afferma Sejko – è un film fatto solo di immagini esistenti, ma che cerca – con il montaggio, il suono, il ritmo – di costruire un racconto diverso da quello che quelle immagini volevano imporre. L’obiettivo non è semplicemente mostrare, ma trasformare, far emergere, dentro la costruzione propagandistica, le crepe, i vuoti, i segnali di un’altra possibile lettura delle immagini. E così forse anche della realtà”. Secondo chi scrive, il regista è riuscito nel suo intento. Da far vedere anche nelle scuole.


Film di stato; Regia e sceneggiatura: Roland Sejko; montaggio: Luca Onorati; musica: Riccardo Giagni; suono: Paolo Amici; interpreti: montaggio di immagini di repertorio dell’Archivio centrale del film d’Albania e altri; produzione: Luce Cinecittà;origine: Italia, 2025; durata: 78 minuti; distribuzione: Luce Cinecittà.

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