Frankenstein di Guillermo Del Toro

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Due chiacchiere di incipit: sembra che già dal 2007 Guillermo del Toro, dopo averlo sognato sin da bambino, cercasse di trasporre per lo schermo il famoso romanzo Frankenstein o il moderno Prometeo (1818) di Mary Shelley che la scrittrice inglese scrisse a solo diciotto anni e pubblicò la prima volta anonimamente due anni dopo nel 1820. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti cinematografici a partire dalla prima importante (e possiamo azzardare ad oggi, la meglio riuscita) versione del racconto diretta nel 1931 da James Whale e interpretata da Boris Karloff, il più celebre Demon di questa leggendaria figura. Sembra, ci fidiamo delle informazioni trovate sulla rete, che sino ad ora siano stati realizzati un insieme di 413 lungometraggi, 184 cortometraggi e 251 tra serie TV ed episodi televisivi che si ispirano o presentano una qualche versione di Frankenstein – un numero veramente incredibile e di ogni tipo, dal tragico al comico, dall’horror al fantasy. Adesso è, dunque, la volta del regista messicano-hollywoodiano che ritenta, con alterna fortuna, l’impresa, seguendo, a quanto mi sembra di ricordare dalla lettura non recente del testo letterario, parecchie delle tracce narrate dalla Shelley.

Prologo: nei ghiacciai del Polo Nord nel 1857 un veliero comandato dal Capitano Anderson (Lars Mikkelsen), incagliato nel ghiaccio, accoglie un terrorizzato fuggitivo Victor Frankenstein (Oscar Isaac) inseguito dalla sua omonima creatura mostruosa (Jacob Elordi) che riesce a raggiungerlo a bordo. Stacco e inizia allora la Prima parte: seguiamo, andando dietro nel tempo di qualche anno, la vicenda raccontata dal punto di vista di Victor, uno scienziato brillante ma totalmente egocentrico, che vuole convincere gli scettici colleghi dell’epoca sulla possibilità di creare non dal ventre di una donna una figura immortale. Sembra che nessuno voglia credergli e l’uomo dispera ma, improvvisamente e in modo quasi inaspettato, compare un ricco mercante d’armi, Henrich Harlander (Christoph Waltz, meno debordante del solito) che gli mette a disposizione “mezzi illimitati” per realizzare i suoi piani e che poi sapremo essere ammalato di sifilide e destinato alla morte. A ciò si aggiunge il fatto che il fratello minore di Victor, William (Felix Kammerer), sta per sposarsi con la sua affascinante, eterea e sognante fidanzata Elizabeth (Mia Goth) che diventerà quindi il centro di una attrazione amorosa sia da parte dei due fratelli e poi anche della Creatura mostruosa. Succede quello che succede, e arriviamo ad un altro stacco. 
Ed ecco la Seconda parte dove si segue la storia che ormai conosciamo quasi sino alla sua conclusione, narrata dal punto di vista del Mostro e del suo terribile rapporto con la razza umana malgrado i suoi sforzi di riuscirci a convivere.  Ciò accadrà solo innamorandosi della Bella di cui sopra oppure stando accanto, per qualche tempo, ad un contadino cieco (David Bradley); poi, diventato sempre più senziente (il film non ci spiega, però, in modo molto chiaro come), coltiva l’illusione di essere anche lui una persona felice e di avere una propria compagna che vorrebbe fosse fatta nascere dallo scienziato come è accaduto a lui, e cioè dai resti e dai pezzi del genere umano martoriato dalla guerra. Tutto vano. Infine, dopo la bellezza di 150 minuti – veramente troppi – la conclusione.

Guillermo del Toro con  Oscar Isaac

Costruito quasi fosse una vecchia miniserie tv (paradossale sarebbe, ma non lo crediamo possibile, che Netflix lo potrebbe dividere sul piccolo schermo in due puntate), il filmone di Guillermo del Toro –  dopo una suggestiva, accattivante partenza – va a ripercorrere,  i classici temi centrali della filmografia del nostro autore: l’ossessione per l’acqua (e il fuoco), la presunzione della Scienza a poter cambiare il mondo, l’intreccio tra pietà ed orrore, il realismo magico, l’amore per i diversi, la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti o dell’inconscio.

A noi sembra che, pur con dei momenti indubitabili di grande bellezza e di profondo romanticismo, questo Frankenstein non appartenga al novero delle opere migliori del regista messicano. E non tanto per la lunghezza insistita del tutto, l’eccessiva anche se indispensabile abbondanza degli effetti speciali o l’onnipresenza della musica sparata a palla in ogni momento, quanto perché non ci convince l’idea di partenza del film e cioè di rendere non solo gentile ma bello come un Adone striato da lacerazioni cutanee, il nostro eroe mostruoso. Non è detto, però, che tale cambiamento radicale non possa affascinare il pubblico giovanile per cui questa nuova versione è probabilmente stata pensata, quando lo potrà o vorrà vedere in tv. Per noi, purtroppo, non è stato questo il caso.

In Concorso alla Mostra di Venezia 2025.
In sala dal 22 ottobre 2025. 
Su Netflix dal 7 novembre.


Frankenstein  – Regia e sceneggiatura: Guillermo Del Toro; fotografia: Dan Laustsen; montaggio: Evan Schiff; musica: Alexandre Desplat; scenografia: Tamara Deverell; costumi: Kate Hawley; effetti visivi: Dennis Berardi; interpreti: Oscar Isaac, Jacob Elordi, Christoph Waltz, Mia Goth, Felix Kammerer, Charles Dance, David Bradley, Lars Mikkelsen, Christian Convery; produzione: Double Dare You!, Demilo Films, Bluegrass 7; origine: Usa, 2025; durata: 149 minuti; distribuzione: Netflix.

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