Festival di Venezia (27 agosto – 6 settembre 2025): Grand Ciel di Akihiro Hata (Orizzonti – Concorso)

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L’eroe fissa nella distanza un inerte colosso che pare palpitare di vita propria, un leviatano che sembra restituirgli lo sguardo. È Sauron? No, in realtà, il cantiere in cui lavora. Una visione stereoscopica: un alto avveniristico grattacielo invetrinato appare come un miraggio in un idilliaco prato verde con anziani sulle panchine. Quando si toglie il visore VR, l’eroe si ritrova in un salone dalle immacolate pareti bianche: è il mostro della gentrificazione. La riqualificazione “ecologica” preannuncia l’invasione borghese di un quartiere operaio, ma forse è proprio questo l’orizzonte a cui l’eroe segretamente anela.

Luci al neon pulsano nel cuore della notte sul cantiere in gestazione. Un blackout blocca momentaneamente le operazioni, ma la macchina non può fermarsi: il mostro ha fame e bisogna nutrirlo. Gli operai di questo grattacielo sono costretti a una discesa negli inferi delle sue labirintiche fondamenta: misteriosi rumori, buche ricomposte, torce intermittenti, un casco abbandonato a terra. Uno dopo l’altro, i colleghi (perlopiù di origine araba) dell’eroe (bianco, ça va sans dire) svaniscono nel nulla. L’eroe cerca di sollevare la polvere: sono stati inghiottiti dalla belva o sono fuggiti per sottrarsi a controlli immigratori? In questa riqualificazione in chiave neo-noir del realismo sociale francese, il regista alza la posta con musiche tensive e una fotografia bluastra, come se ci spingessimo negli abissi del capitalismo, di cui cominciano a intravedersi le crepe strutturali.

In superficie, però, la questione è diversa: più l’eroe affonda nella melma del sistema, più sale nelle gerarchie borghesi. Il suo fare indagatore non passa inosservato ai superiori, che gli offrono una promozione in cambio di lealtà, mentre il facinoroso collega Said tenta di ridestare le assopite coscienze di un intorpidito corpo operaio. Intanto anche la compagna dell’eroe sembra avviarsi a un lavoro stabile, e così la famiglia comincia a introdursi tra le bianche pareti di una possibile nuova casa. Una tranquilla trasparenza accompagna queste pallide immagini di superficie a contrappuntare le cupe esplorazioni degli abissi.

Questo gioco di netti contrasti netti, tuttavia, non produce un rigoroso amalgama autoriale, rifugiandosi piuttosto in uno schematismo che ha ben poco di dialettico e molto d’illustrativo. In un bar, la televisione passa una corsa di ippica: i cavalli cercano di superarsi a vicenda mentre l’eroe, davanti a una birra, riflette se assecondare le sue ambizioni borghesi o solidarizzare con i lavoratori. A incarnare questa lacerazione è Damien Bonnard, il cui corpo roccioso è abituato a vestire panni borghesi (Moll, Lafosse, Mouret, Kurosawa, tra i registi con cui ha lavorato), ma che qui sembra indurirsi fino a risultare didascalico, trasformandosi da inquieto indagatore delle strutture profonde della società in un villain della classe operaia.

Nel salone dalle pareti bianche, un gruppo selezionato di operai viene disposto dietro un plastico del progetto per una foto promozionale. La fotografa si assicura che il “giusto” immigrato fotogenico sia in bella vista e che tutti sorridano. In questo modo, anche il regista stesso si implica nella critica, perché è lui stesso ad aver rianimato il mostro, ad averlo reso seducente con luci al neon e suoni stranianti. Eppure, infine, nulla più gli riesce di rincarare ancora la dose con un’effimera redenzione e ammalianti artifici. L’opera prima di Akiro Hata ha il suo fascino, ma alza un polverone solo per rimanerne incantato.

Film d’Apertura del Festival di Villa Medici (Roma 10 al 14 settembre 2025) alla presenza del regista. 


Grand CielRegia: Akihiro Hata; sceneggiatura: Akihiro Hata, Jérémie Dubois; fotografia: David Chizallet; montaggio: Suzana Pedro; scenografia: Aurore Casalis, Mathieu Buffler; musica: Carla Pallone; suono: Céline Bodson, Jeanne Delplancq, Fanny Martin, Philippe Grivel; effetti visivi: Hugues Namur, Julian Nouveau; interpreti: Damien Bonnard, Samir Guesmi, Mouna Soualem, Tudor-Aaron Istodor, Ahmed Abdel-Laoui, Denis Eyriey Issaka Sawadogo, Mounir Margoum, Zacharia Mezouar; produzione: Clément Duboin per Good Fortune Films, in co-produzione con Gilles Chanial per Les Films Fauves; origine: Francia/ Lussemburgo, 2025; durata: 92 minuti; distribuzione: No. Mad Entertainment.

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