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Voto

Mamoru Hosoda è uno dei maestri giapponesi dell’animazione che, pur partendo dalle orme di Miyazaki, è andato alla ricerca di uno stile suo personale realizzando storie animate di grande impatto visivo e forti di una storia originale come La ragazza che saltava nel tempo (2006), Wolf Children – Ame e Yuki i bambini lupo (2012) e The Boy and the Beast (2015), tutti film realizzati dallo Studio Chizu da lui fondato, che oltre ad essere molto apprezzati dagli appassionati del genere hanno raggiunto una vasta distribuzione a livello mondiale.
Con Scarlet il regista si stacca sia dalle forme pure dell’anime giapponese, sia dai molti dei temi presenti nei lavori precedenti, andando alla ricerca di uno stile misto, che mescola l’estetica Disney a quella dei video-games per creare una favola che si lascia inspirare all’Amleto shakesperiano. Tema centrale, è appunto, il desiderio di vendetta indagato nelle sue varie forme e quanto questo sentimento di rabbia possa arrivare a sopraffare l’individuo tanto da portarlo alla distruzione completa del proprio mondo.

Scarlett è principessa (dai tratti molto disneyani) del Regno di Danimarca in un medioevo di castelli e sudditi devoti, dove il potere viene conteso con l’inganno e la forza fra i membri della famiglia reale. Dopo che il padre è stato accusato di tradimento e condannato a morte dal fratello Claudius, Scarlet giura di vendicarlo ma non riesce nell’impresa: avvelenata (simbolicamente forse dal suo stesso odio), cade in un lungo coma e sogna di passare nel mondo dell’Aldilà dove ritrova gli stessi personaggi della sua epoca. In questo mondo di passaggio l’odio e le sofferenze esistono come nel reale, ma peggiorati, perché se si muore si svanisce per sempre. Uno degli incontri casuali è Hijiri, infermiere venuto dal tempo attuale, e l’unico che invece di uccidere si ostina a curare le ferite e a salvare dalla morte sia buoni che cattivi.
Nel mondo di Scarlet vita e morte coesistono e passato e futuro sono una cosa sola, l’oceano si trova al posto del cielo e viceversa, in una fluidità che rende difficile concepire confini e dimensioni. L’intersecarsi dei mondi creati per Scarlet rispecchia la precarietà del mondo di oggi dove l’odio sembra aver ampliato a dismisura conflitti e guerre, dove masse di popolazione sono costrette a spostarsi e a passare confini. Centrale nel film rimane la questione morale: se e come la vendetta porti pace all’individuo che l’ha compiuta. Fra scontri violenti, duelli e battaglie che si si susseguono all’infinito in un va e vieni di ferite, guarigioni e morti il visionario Hosoda riesce a creare immagini di enormi spazi organici e fantastici e questo è il lato migliore del film. Quello che ci ha convinti meno di questa trama è la poca profondità con cui sono indagate le personalità dei protagonisti, prediligendo a questa l’azione e il movimento.
Come dicevamo Hosoda abbandona in Scarlet – già in parte era avvenuto in Belle – lo stile anime tradizionale per avventurarsi in campo misto che sperimenta nuovi stili: per le figure in movimento tende alla riduzione e alla semplificazione lineare, mentre cerca l’opposto per i paesaggi. Un’operazione che non gli riesce completamente e le figure perdono molto di intensità espressiva rispetto alle opere precedenti.
Hateshinaki Scarlet (Scarlet) – Regia e sceneggiatura: Mamoru Hosoda; fotografia: Ryo Horibe, Yohei Shimozawa, Yasushi Kawamura, Akiko Saito; montaggio: Shigeru Nishiyama; musica: Taisei Iwasaki; effetti visivi: Digital Frontier; interpreti: Mana Ashida, Masaki Okada, Kōji Yakusho; produzione: Studio CHIZU; origine: Giappone 2025; durata: 111 minuti; distribuzione: Eagle Pictures.
